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mercoledì, 24 Aprile 2024

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La meritata riscoperta dell’abbazia di Santa Trinita in Alpe

di Francesco Benucci – Italia, Toscana, Casentino, il cerchio si stringe ma ciò che accomuna ogni insieme è la condivisione di un valore storico, culturale, sociale che ci contraddistingue, ci inorgoglisce e…ci responsabilizza. Proprio così: ci responsabilizza. Perché la cura di tutto ciò che ci circonda e al contempo è bello, stimolante ed affascinante chiama in causa anche il nostro senso del dovere verso un valore richiedente rispetto, tutela ed attenzione. Questo “dovere del valore” aleggia anche sulla nostra vallata tra castelli, edifici religiosi, musei e opere di madre natura.

E in alcuni casi, dopo tante “assenze ingiustificate”, merita una riscoperta: stiamo parlando dell’abbazia di Santa Trinita in Alpe, una badia benedettina sita sulle pendici sud del Pratomagno, a cavallo tra Casentino e Valdarno, nei pressi di Talla. Oggi ne restano le suggestive rovine immerse nella boscaglia, i resti del convento, la grande abside, il presbiterio, la cripta, ma queste vestigia non sono silenti: incarnano un valore che ci parla di un passato glorioso, ci pone interrogativi sul Medioevo aretino, richiede la nostra premura. Fondato intorno al 960 per volontà degli imperatori del Sacro Romano Impero della dinastia ottoniana e concretizzatosi per mano degli eremiti tedeschi Pietro ed Eriprando, l’edificio sacro crebbe rapidamente di importanza fregiandosi di una vasta giurisdizione e trovandosi all’incrocio di rilevanti vie di comunicazione. L’abbazia entrò poi in una fase di decadenza sulle cui cause ancora oggi ci si interroga (una nuova viabilità, la “concorrenza” di altri monasteri, la crisi economia del 1300?) e che ha portato allo stato di abbandono attuale.

Ma c’è chi, all’abbandono di questo edifico storico, si oppone fermamente e coltiva quel dovere del valore di cui parlavamo poc’anzi. Si tratta di P.S., un valdarnese amante del Pratomagno e luoghi limitrofi che ha deciso di firmarsi con le iniziali proprio per far capire che nella sua iniziativa non c’è spazio per il singolo ma vige piuttosto la ricerca di un coinvolgimento più ampio possibile. Il nostro viene a sapere dell’esistenza di Santa Trinita in Alpe a metà anni ‘90 quando gliene parlano alcuni amici del campeggio, seguono alcuni tentativi infruttuosi di arrivarci tramite il disagevole sentiero che parte da Monte Lori per poi finalmente raggiungere l’agognato sito lo scorso aprile in compagnia della moglie e…di un drone semi-professionale! Quest’ultimo dispositivo, una volta notata la “sofferenza” dell’edificio di fronte all’invasione di piante, erbacce ed alberi, è stato utilizzato per effettuare le riprese dall’alto lasciando i visitatori letteralmente di stucco di fronte al delinearsi della badia con tutti i suoi annessi e connessi.

A quel punto P.S. ha postato i video realizzati proprio su quel web dal quale ha reperito le informazioni sul monastero, in particolare ha condiviso le riprese su youtube e sulla pagina facebook Badia Santa Trinita in Alpe di sua creazione: qui campeggiano anche foto ed una breve storia dell’edificio mentre la futura evoluzione della stessa pagina potrebbe essere una versione in inglese che consenta la fruibilità ad una platea più vasta.

Nel frattempo questa attività sui social qualche risultato l’ha già dato visto che il nostro è stato contattato da una ragazza impegnata nel fare una tesi sul sito in oggetto e che questa passione comune ha dato vita a un do ut des: P.S. ha fatto, su richiesta della citata ragazza, foto e video alla più alta quota di 150 metri, mentre la laureanda ha inviato immagini risalenti ai lavori di ristrutturazione effettuati nel 1973 e ad inizio ‘900. Così, sia tramite le conoscenze via internet sia tramite l’aiuto di qualche amico e di una collega di lavoro, si è rinsaldato il proponimento di sconfiggere il lassismo di chi pensa che sia troppo tardi per “salvare” Santa Trinita e, di concerto, si è rinvigorita l’idea di far scoprire un luogo che fa parte della nostra cultura e che non è molto conosciuto né in Valdarno né, probabilmente, in Casentino.

Visto che “volere è potere” il nostro non è rimasto con le mani in mano: innanzitutto ha realizzato delle locandine plastificate che ha appeso nei luoghi limitrofi del versante valdarnese ed a Pontenano nonché dei piccoli “biglietti da visita” plastificati con tanto di Qrcode per far votare il luogo sul sito del FAI dove è in atto una sorta di censimento destinato a segnalare i siti da tutelare e valorizzare (censimento nel cui ambito la badia si sta disimpegnando con buoni risultati); in secondo luogo, tramite un amico che fa parte del corpo dei vigili del fuoco di Arezzo, ha chiesto se ci fosse la possibilità di provvedere al taglio degli alberi e degli arbusti che sono cresciuti sulle mura perimetrali e che rischiano di compromettere sempre di più una situazione che di per sé é già abbastanza grave.

Da parte dei vigili del fuoco di Bibbiena è stata data la disponibilità a far ciò su richiesta ovviamente della Comunità Montana di Poppi che però non è stata ancora contattata, anche a causa di organici ridotti perchè impegnati nelle zone di Lazio, Umbria ed Abruzzo colpite dal sisma; infine, la collega di P.S. ha contattato il primo cittadino di Talla e la recente opera di pulizia realizzata intorno all’edificio è probabilmente da attribuire all’ente suddetto.

A fronte di quanto fatto… resta ancora molto da fare! In primis, trovare delle persone a cui stia a cuore la salvaguardia dell’edificio, che abbiano del tempo e delle proposte da dedicare a questa attività, che possano creare un comitato e tracciare un sentiero costellato di obiettivi. Solo così, con un maggiore coinvolgimento soprattutto da parte di chi abita a Talla e dintorni, sarebbe possibile organizzare conferenze, allestire, nelle feste paesane e nei punti più affollati, banchi per le firme destinate al FAI, sensibilizzare le varie pro loco, ripristinare la segnaletica da tutti i punti di accesso, provvedere al taglio delle piante, stabilizzare l’edificio, tutelare un bene che ha più di mille anni e che ci parla.

Ci interroga. Quasi ci supplica. Chiedendoci solo una cosa: il “dovere del valore”.

(tratto da CASENTINO2000 | n. 279 | Febbraio 2017)

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