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venerdì, 29 Marzo 2024

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Ospedale del Casentino 2.0

Un senso di ripulso a quelle che non sono ormai più voci sul prossimo smantellamento che colpirà l’Ospedale di Bibbiena, assale ogni normale cittadino di buon senso.
Non tarderanno ad arrivare come da protocollo note tranquillizzanti da chi sarà inevitabilmente tenuto a doversi far carico personalmente del problema. In primis l’ Assessore degli assessori.
Premessa. E’ vero o non è vero che l’Ospedale del Casentino garantisce le prestazioni in regime di deroga? Se si, Signori, significa che nessuno è titolato a modificare i Servizi offerti se non previa delibera della Regione Toscana. Ed allora se qualcosa o qualcuno ha modificato quella Carta dei servizi all’insaputa ne dovrà rispondere per interruzione di attività assistenziale.
È perciò indegno quanto sta accadendo intorno alla questione del punto nascite. Problema che nasconde in verità un disegno più astuto. Prosciugare di risorse pubbliche l’Ospedale del Casentino facendo leva nella credulità di un popolo generoso. E i Sindaci? Quale rispetto si ha del personale che vi ci lavora?
È indegno che due assessori regionali, il giorno prima dell’apertura ufficiale della campagna elettorale, siano venuti in casa nostra (il Casentino) ad annunciarci che nessuno avrebbe chiuso l’Ospedale di Bibbiena, addirittura spingendosi oltre con una profezia (l’Ospedale non chiuderà per almeno 15 anni). Costui, Luigi Marroni, all’epoca Assessore alla sanità, è oggi niente popò di meno che il nuovo amministratore delegato della Consip, la società del ministero dell’Economia (Mef) per gli acquisti centralizzati di beni e servizi per la pubblica amministrazione, in altre parole il vigile degli acquisti della p.a., premiato. Vicino a lui Vincenzo Ceccarelli. Lo conosciamo tutti, non occorrono presentazioni.
Sono indegni quegli annunci srotolati sotto gli occhi e le mani plaudenti dei sindaci riuniti. Allora, come oggi, senza che alcuno di loro abbia fatto lo sforzo di interrogarsi pubblicamente sull’opportunità che quelle parole fossero, forse, una presa per il naso sulla pelle di noi cittadini, utenti come loro del Servizio sanitario, non osarono spendere una mezza parola.
Chi osò (nessuno di quei sindaci) è stato invitato a tornare al suo ruolo di pensionato per dedicarsi alle passioni domestiche. E i Sindacati? Riscontriamo una nota pervenutaci dal sindacato AAROIEMAC ASL 8 (sindacato Anestesisti e Medici d’Urgenza), con la quale rappresentandoci tutta la loro amarezza, dichiarano di aver portato a conoscenza ben prima della campagna elettorale la situazione del punto nascita, dando massima diffusione alla notizia.
Lo stesso Sindacato prosegue nella nota contestando come a più riprese sia stata sollevata anche l’impropria gestione degli anestesisti/rianimatori, la folle rimozione dei cardiologi dall’ospedale con impoverimento del pool di specialisti in un presidio in dismissione, ricevendo sempre risposte stupite di burocrati asserviti apparentemente convinti della bontà del progetto, sostenuto dagli stessi medici di quell’ospedale.
E gli altri sindacati che non hanno disdegnato ad applaudire Enrico Rossi e la sua riforma, precursore (si spera che almeno adesso lo si possa ammettere senza remore essendo ormai il voto passato) dello svilimento di intere marginalità territoriali, una volta vere eccellenze?
Vergogna!
Non bastarono i moniti del Comitato per la Sanità Pubblica, del C.R.E.S.T.
Non è bastata un’adesione massiccia alla campagna referendaria contro quella legge, la legge voluta dal Magnifico Governatore per riordinare la sanità Toscana, a metterci in allarme.
In massa, molti, troppi, hanno preferito disertare i seggi elettorali, non sapendo o facendo finta di non sapere, che così facendo avrebbero segnato la fine del nostro Ospedale.
Potremmo appellarci oggi al senso delle istituzioni, a quel partito (il più votato) che da manuale ci sta spogliando del servizio pubblico per eccellenza, la sanità, per garantirci un trattamento di favore da chi, Casentinese come noi, è stato premiato dal maggior numero di preferenze.
C’è da giurarci che in molti lo imploreranno per ricordargli certe promesse, perché con la sanità, non si scherza. Pardon, cari cittadini, ma anche questo non è indegno?
Proposta. Sarebbe invece degno e salutare che ognuno di noi meditasse sul contributo che in coscienza può sentirsi di dare per un Casentino migliore di questo. Sino al gesto più estremo, per chi non se la sente, di dimettersi.
Il pugno preso è tremendo. Questa è l’occasione per riscoprirci una vera Comunità. Fatta non solo di Poppesi, Stiani, Bibbienesi (tanto per citarne alcuni), ma di CASENTINESI. Perché cari cittadini, scozzesi e non, a prescindere dall’assetto istituzionale che la fusione di tizio con caio determinerà, pur salvando per qualche anno le sorti del bilancio o qualche interesse particolare, non fermeremo il nostro inesorabile declino se non interverremo profondamento per il cambiamento.
Guardate, la parabola discendente sta tutta nell’Ospedale di Bibbiena, destinato a diventare, da gloriosa eccellenza, l’ennesima casa di qualcosa salvo essere un vero ospedale.
Il nemico è perciò ben individuato. E per combatterlo occorre, in una parola, CAMBIARE. Cambiare mentalità innanzitutto conservando i valori e la nostra storia.
Certo. Questa spinta è compito principalmente dei sindaci imprimerla. Ma non solo.
Una doverosa precisazione. Parlando della nostra Casa comunale che conosciamo bene. Poppi.
Il nostro sindaco è una brava persona. Onesta. Gradita. Lo testimoniano la valanga di voti presi oltre un anno fa. Non sappiamo quanto lo sia fuori, ma a questo punto la differenza è data da una sola cosa, l’autorevolezza.
Rivolgiamo a lui l’invito costante ad essere coraggioso. Ma non ha bisogno certo del nostro solo appoggio.
L’appello, che a questo punto non è solo simbolico ma programmatico, è pertanto rivolto intanto a riconoscere come meritevole di approvazione la mozione che impegna il Comune di Poppi dalla parte del SÌ AL REFERENDUM ABROGATIVO della legge 28/2015.
Sarebbe questa la testimonianza di essere dalla parte del cittadino che ci guarda con trepidazione.
In secondo luogo, non solo è opportuno, ma necessario, aprire un tavolo costituente che a tappe serrate getti le fondamenta di un nuovo Casentino. E’ una rivoluzione culturale senza mezzi termini. Poniamoci con gli occhi dei nostri nonni o dei nostri padri dopo l’infamia della guerra. Allora, come oggi, davanti a loro avevano un territorio da ricostruire. Rimbocchiamoci le maniche fissando tempestivamente il percorso che conduce ad un obbiettivo ormai non più prorogabile. L’unità.
In caso contrario, se non nascerà oggi una forza aggregante in Casentino capace di spazzare via il particolarismo, la cialtroneria, la mediocrità e tutto quel sistema fatto di amicizie benevole (che per un problema risolto ne creano cento) attraverso un progetto di rilancio economico e sociale che ponga al centro una diversa politica di gestione dei servizi pubblici essenziali (ma analogo discorso fatto per la sanità che vuol dire anche sociale, vale per l’acqua pubblica, per i rifiuti, per i trasporti), in un rapporto di efficienza e qualità coniugato ad un territorio che ha in se tutte le risorse per rilanciarsi (si pensi seriamente alla cultura e al turismo), avremo perso tutti. Nessuno escluso. Compreso gli scozzesi.

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