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sabato, 20 Aprile 2024

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Salute, il diritto negato

di Mauro Meschini – Nel libro “Salute Negata” storie, documenti e cifre sugli anni che hanno visto il depotenziamento della sanità toscana, con un capitolo dedicato al Casentino, tratto da un articolo di CASENTINO2000. Sono almeno due anni che in Toscana la sanità, il suo funzionamento, il livello delle prestazioni che fornisce, sono al centro di un dibattito e di decisioni che stanno cambiando profondamente il sistema dei servizi alla salute. Da una parte la maggioranza PD in Consiglio regionale che sta cercando con le sue leggi di smantellare e depotenziare il sistema sanitario pubblico, dall’altra i comitati, i cittadini e, tra i partiti, solo Toscana a Sinistra e Movimento 5 Stelle, che invece sono impegnati a contrastare con ogni mezzo possibile la privatizzazione di servizi fondamentali di cui non dovrebbe mai essere messo in discussione il carattere pubblico e universalistico.

Lo scontro che sta avvenendo nella nostra Regione in qualche modo fotografa una situazione che, purtroppo, è uguale in Italia e anche fuori dai confini del nostro Paese. Gli avvenimenti e i protagonisti di questi anni “caldi” sono adesso raccontati nel libro “Salute negata”, di Daniele Rovai e Maria Salerno (edito da AB Edizioni). Maria Salerno è una giornalista de’ Il Tirreno, mentre Daniele Rovai ha già qualche anno fa raccontato in un altro volume quello che è accaduto con i costosi project financing con cui si sono costruiti 4 nuovi ospedali, probabilmente inutili, sempre nella nostra Regione.

Abbiamo incontrato Daniele Rovai proprio alla vigilia dell’uscita del libro e delle prime presentazioni che lo vedranno impegnato in un tour in varie zone della Toscana. Con lui abbiamo cercato di sintetizzare i fatti accaduti in questi anni e di evidenziare le gravi conseguenze che le decisioni assunte hanno già provocato o rischiano di provocare. «Con la nostra inchiesta, andando ad intervistare i comitati e le persone, vedendo la chiusura degli ospedali e dei punti nascita; vedendo situazioni in cui si acquistano attrezzature e poi dopo qualche anno si vanno a chiudere i reparti. Mi sembra di capire che i soldi ci sono, che tutti noi potremmo avere una sanità adeguata, certo non un ospedale super specializzato in ogni territorio, ma certamente un ospedale a misura di ogni territorio perché ci sono territori in Toscana, come le isole o i territori montani, che hanno bisogno di un ospedale e invece lì stanno cominciando a chiuderli o depotenziarli».

Un capitolo del libro è dedicato al famoso “buco di Massa”, di cui forse si parla o si è parlato troppo poco. Questo evento è una “sfortunata” coincidenza o tutto è partito da lì? «Difficile dirlo. Ma è una realtà il fatto che noi paghiamo dei ticket sanitari e qualcuno dice che forse servono per coprire un buco che dalle carte processuali che noi abbiamo visionato è arrivato ad essere, nel 2012, di 220 milioni di Euro. Francamente i giornali ne hanno parlato poco, pochi articoli e con cifre che ballano. Noi siamo stati fortunati perché abbiamo potuto leggere le carte processuali del giudice Alessia Solombrino, il giudice che ha assolto il Direttore generale di quella ASL di allora, Antonio Delvino; in queste carte c’è tutta l’indagine della guardia di finanza e anche le intercettazioni telefoniche che descrivono un sistema… “particolare”. Insomma sembra che in qualche modo in Regione Toscana si sistemavano i bilanci. Ci sono intercettazioni telefoniche tra il presidente della Regione Rossi e l’allora assessore alla sanità Scaramuccia in cui si dice chiaramente di spostare qualche soldo, di togliere da una parte per metterla dall’altra. Insomma una specie di gioco delle tre carte per vedere di chiudere in pareggio i bilanci di tutte le ASL, perché così si potevano avere degli incentivi dallo Stato. E per quanto riguarda il “buco di Massa” è confermato che c’è sempre stato un sottofinanziamento di quella ASL, coperto da una alterazione dei bilanci. Ora è molto probabile che questo sistema sia “regolare”, cioè che la Regione a fine anno abbia un tesoretto da una parte con cui possa compensare eventuali perdite, però è anche vero che il giudice in quel dispositivo dice chiaramente che la ASL di Massa è stata sottofinanziata».

Questo è uno degli esempi più eclatanti. Ma ci sono tante altre storie. Nel libro il capitolo dedicato al Casentino si intitola “Da tre ospedali a meno uno”… ecco come si vede da fuori la situazione di questo territorio? «L’abbiamo vista identica a tutte le altre realtà toscane. Sembra strano ma proprio le zone più disagiate, quelle che dovrebbero essere maggiormente tutelate dalla Regione e dalle ASL, sembrano avere i maggiori tagli. Poi andando ad intervistare i vari comitati nelle diverse località la situazione è desolante. Nel Casentino, anche questa una situazione particolare, ci dispiace vedere che i comitati, le persone si battono e lottano per non far chiudere ospedali che non dovrebbero essere cancellati. Ma una burocrazia che non conosce come è realmente la situazione, o forse la conosce benissimo, non tiene in considerazione queste giuste richieste. Abbiamo però visto che sempre di più cresce l’attenzione verso il privato per ovviare a quelle carenze che ha il sistema pubblico. Carenze che sembrano preparate ad hoc, perché se prendi un ospedale e inizi a depotenziarlo è chiaro che dopo questo ospedale non funziona e quindi lo chiudi, ma poi ecco i servizi forniti dai privati o in convenzione che riempiono quel vuoto».

Chi ha collaborato alla realizzazione del libro e quale contributo hanno dato i comitati attivi in tutta la Toscana? «Diciamo che i comitati e tutti i cittadini che abbiamo incontrato sono stati importanti e fantastici perché si sentiva quanto forte fosse l’attaccamento al loro territorio. Un particolare ringraziamento va a Maria Salerno, giornalista de’ Il Tirreno di Pescia. Senza di lei il libro non si sarebbe potuto realizzare. Se io mi sono occupato più delle interviste e della parte di ricerca della documentazione, lei si è presa carico di tutta la parte che riguarda le proposte. È un lavoro fatto in due ma il suo contributo è stato fondamentale».

L’impossibilità di tenere il referendum sulla legge sanitaria toscana richiesto da 55.000 cittadini cosa ha rappresentato. Anche in questo caso c’è stata una negazione, non di sanità ma forse di democrazia? «Esatto. Questa è stata proprio la negazione della democrazia. Quando Enrico Rossi e Stefania Saccardi sono venuti a Pistoia a spiegare la riforma sanitaria ho registrato gli interventi e li ho riportati in questo libro. Se veramente questa riforma è “per i toscani” non dovevano avere paura di un referendum, perché se 55.000 persone ti dicono che c’è qualcosa che non va, non puoi dire che “io sono stato eletto da 200.000 votanti, e quello che faccio lo faccio bene”. Il fatto di aver abrogato la legge che avevano fatto, scrivendo nuove norme in fretta e non senza problemi, ha reso impossibile fare il referendum e francamente non mi è sembrato un esempio di democrazia».

Cosa è possibile fare per andare oltre un modello di sanità che, purtroppo, è ormai diffuso in tutta Italia, e forse anche più in là. Come possiamo seguire un’altra strada? «Bisognerebbe scoprire l’acqua calda. Può sembrare strano ma oggi questo potrebbe essere un evento, un fatto straordinario. Sarebbe necessario comportarsi in maniera coerente e logica con i problemi che ci sono, con l’obiettivo di risolverli. Se in montagna hanno dei problemi devi dare la risposta adeguata. Non tutti possiamo avere un ospedale, allora organizziamo un servizio che permetta in 20 – 30 minuti di arrivare in un ospedale dove le persone possano essere curate».

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(tratto da CASENTINO2000 | n. 281 | Aprile 2017 – In anteprima foto Lady Radio)

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