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venerdì, 29 Marzo 2024

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Ciclopista, come dovrebbe essere…

di Matteo Bocca – Non è facile parlare di turismo e stagione alle porte in giorni nei quali il protagonista non è il divertimento, ma la guerra. Dobbiamo farlo perché il nostro dovere è quello di raccontare la realtà cercando di rivolgere il pensiero alla speranza che tutto ciò possa finire quanto prima, in modo da permettere a tutti noi di tornare a discutere dei temi che riguardano la vita e la pace, il divertimento e la gioia di una vacanza. Magari in bicicletta, magari sulla ciclopista dell’Arno.

Nessuno nutre dubbi sul fatto che questa nuova infrastruttura rappresenti un potenziale volano per il turismo del Casentino, ma la sua potenzialità dipende da fattori che non si esauriscono nella progettazione, messa in opera e inaugurazione (magari, una per tutte). Per determinare il successo di un’opera certamente rilevante come questa, sarà indispensabile promuoverla conoscendo il mercato e il tipo di turismo al quale si rivolge, e creare una rete di servizi e offerte dirette e indirette in grado di generare ricavi anche all’indotto.

Alcuni dei fattori che concorrono al successo dell’opera sono la conoscenza dell’utenza, la fornitura dei servizi e la qualità delle offerte commerciali. Partiamo da alcuni dati: il mercato della bicicletta in tutte le sue declinazioni rappresenta il 30% dell’intero comparto turistico dell’Outdoor (all’aria aperta). Il 60% dei cicloturisti che frequentano le Ciclovie in Italia sono stranieri con un profilo economico e culturale medio – alto, e provengono in prevalenza da Germania, Francia, Inghilterra e Olanda (Eurac Research). Per intenderci meglio: il cicloturista medio porta un sacco di soldi ma non è scemo, ed esige servizi di alta qualità.

Prendiamo ora alcuni esempi per comprendere come si è sviluppato il turismo in alcuni luoghi grazie alle Ciclopiste o Ciclovie o Ciclabili come dir si voglia: la Rete Ciclabile della Provincia di Trento è lunga 400 km e conta circa due milioni di passaggi all’anno. La Ciclovia dell’Alto Adige, 270 km e 250.000 passaggi/anno. La Ciclabile della Valsugana, 80 km e 160.000 passaggi/anno. Il Sentiero Valtellina, 114 km e 200.000 passaggi/anno.

Agli appassionati di geografia non sarà certamente sfuggito che la Valtellina non si trova nelle più “fortunate e straricche” province autonome di Trento e Bolzano dove tutto è realizzato con tempistiche cinesi, ma in Lombardia, ovvero nel resto dell’italico calderone dove sono a bollire quasi tutte le altre regioni, Toscana compresa. Palla al centro. Inizialmente il Sentiero Valtellina era stato pensato come un’opera di collegamento sostenibile tra le cinque comunità che lo compongono (Sondrio, Morbegno, Chirano, Bormio, Chiavenna). Poi sono arrivati i turisti. Prima stranieri e poi italiani, perché sono sempre gli altri a dirci quanto è bello in nostro Paese.

I valtellinesi hanno fiutato l’affare e si sono ingegnati, così come hanno fatto gli altri esempi che abbiamo riportato, e oggi queste infrastrutture sono dotate di colonnine di soccorso e per la ricarica di Ebike, servizi integrati (Bike Shuttle e collegamenti ferroviari), Bike Hotel, noleggi, ristoranti e bar lungo il percorso, impianti di sorveglianza dei punti critici, siti internet e applicazioni dalle quali scaricare le tracce GPS, progettare i percorsi personalizzati e cercare i servizi lungo gli itinerari in quattro o cinque lingue. Poi si sono accorti che altri sport attiravano un sacco di turisti: Arrampicata Sportiva, Trekking, Cavallo, Pesca Sportiva, Sci alpino e di fondo, ed hanno integrato tutto in un unico contenitore promozionale. Ciò ha permesso di sviluppare in quei luoghi una ricchezza che non sarebbero riusciti a generare in nessun altro settore, con l’enorme valore aggiunto della sostenibilità.

Questo è ciò che il turista medio esige da una Ciclopista all’altezza di questo nome, ed è certamente ciò che tutti si auspicano verrà realizzato quando sarà finalmente terminata la Ciclopista dell’Arno. Sospiro. Il tratto casentinese doveva essere terminato lo scorso anno e c’è da augurarsi che si giunga alla fine dei lavori nel corso di questo. C’è una pandemia ancora in corso alla quale si è aggiunto un conflitto, vero e comprensibile, ma è vero anche che una Ciclopista frammentata non costituisce alcun tipo di attrattiva turistica. Ergo: fino a quando non sarà terminata, non se la filerà nessuno.

Ma ammesso e non concesso che la Ciclopista dell’Arno venga ultimata entro il 2022, la rete di servizi e offerte integrate necessarie a farne decollare gli accessi non si costruirà in qualche giorno, e necessiterà di un organismo che si occupi permanentemente della sua promozione e manutenzione coordinata. Ad oggi, non risulta alcun tipo di progetto di sviluppo turistico legato alla Ciclopista dell’Arno, anzi, ad essere sinceri non esiste nemmeno un progetto di sviluppo turistico per il Casentino in generale.

Il rischio che corre la Ciclopista dell’Arno in mancanza di una seria progettazione di sviluppo turistico, è di rimanere nell’oblio della comunicazione e di trasformarsi da investimento a voragine di spesa pubblica per mantenere un’opera che non genera alcun tipo di ricchezza. A proposito di comunicazione e manutenzione però, corre l’obbligo di segnalare che chiudere per manutenzione la Ciclopista nei mesi da giugno ad agosto, è un po’ come comunicare al cicloturista: perché non vai a pedalare da un’altra parte?.

La comunicazione e la promozione di quest’opera non potranno essere affidate al caso. Sarebbe un po’ come aprire un ristorante a cinque stelle in mezzo al deserto e lamentarsi poi del fatto che non passa nessuno. Oggi, i (pochi) turisti stranieri che frequentano il Casentino non sanno nemmeno che esiste una Ciclabile (o meglio qualche tratto di Ciclabile), o lo scoprono per caso, perché scelgono la valle prevalentemente per i costi di soggiorno inferiori rispetto alle zone del fiorentino o del senese. Se a questo aggiungiamo che non c’è un solo Tour Operator in Casentino che si occupa di incoming, il cielo all’orizzonte della Ciclopista si addensa di nubi solitarie.

La speranza è che una volta terminata questa importante opera viaria, il Casentino saprà sfruttare questa straordinaria opportunità di sviluppo tenendo conto del fatto che non rappresenterà però la panacea di tutte le sofferenze. La Ciclopista potrà essere un ottimo volano come si diceva all’inizio, ma sarà appunto solo uno dei necessari a far decollare il turismo nella valle. Il turismo delle due ruote rappresenta il 30% del mercato dell’Outdoor, e andranno intercettati anche gli altri segmenti che compongono questo ricco comparto.

I turisti dovranno essere attirati utilizzando gli strumenti che oggi consentono di proiettare i prodotti sul mercato globalizzato attirando clienti da tutto il mondo, e l’unico modo per farlo sarà progettare una struttura che promuova, coordini e gestisca le offerte commerciali dirette e indirette attraverso un sito internet e un’applicazione che interagisca con il turista, magari in tempo reale. Non fantascienza, ma attualità certificate dai numeri strabilianti e dalle testimonianze di chi ha frequentato le Ciclovie che abbiamo menzionato ad esempio.

Non resta che attendere la già sospirata ultimazione dei tratti previsti per l’anno in corso, augurando agli amministratori e a tutti noi che la pace torni a governare le menti degli uomini potenti, e i propositi di buona volontà trovino una felice realizzazione anche per la Ciclopista dell’Arno.

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