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venerdì, 19 Aprile 2024

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Colacem: questione ambientale

di Francesco Meola – Sono trascorsi oltre un paio di mesi dall’avvenuta inclinazione del silos della Colacem che tanta preoccupazione suscitò tra la popolazione di Rassina ma, nonostante lo scampato pericolo, in tanti si interrogano sulla sicurezza di uno stabilimento finito più volte nel mirino della critica.
Ovviamente è bene precisare che l’episodio in questione rientra nella casistica delle problematiche che possono occorrere a qualsiasi azienda, ma il partito di coloro che richiedono maggiore sicurezza all’interno dell’impianto cresce ogni giorno di più anche se il direttore della struttura, Giovanni Rosati, ci tiene a gettare acqua sul fuoco: «Il nostro stabilimento è tornato alla piena normalità ormai da tempo. Le operazioni di messa in sicurezza di uno dei sili metallici di stoccaggio del cemento, quindi non collegato con il ciclo produttivo vero e proprio, sono durate circa due giorni, seguendo una pianificazione basata su criteri di massima sicurezza, valore essenziale nella politica della Colacem. Ciò che è accaduto è un episodio raro e non prevedibile. In ogni caso la nostra organizzazione ha saputo gestire in modo tempestivo e ottimale il tutto, potendo contare su uomini e mezzi di assoluto valore e professionalità. Abbiamo sempre investito molto in tecnologie e in sicurezza, la gestione di questa situazione particolare è il frutto del lavoro fatto.»
Tuttavia non è la prima volta che il cementificio fa parlare di sé, considerato che nel corso degli anni si sono susseguite numerose iniziative da parte di alcuni gruppi di rassinesi preoccupati anche per i livelli di emissione degli inquinanti provenienti dallo stabilimento. Dubbi tutt’altro che infondati, dal momento che la salubrità dell’aria intorno alla Colacem non sembrerebbe essere delle migliori ma, pure in questo caso, l’azienda ci tiene a chiarire che «i combustibili utilizzati sono principalmente due: pet-coke e CSS (Combustibili Solidi Secondari). Questi ultimi derivano dalla lavorazione industriale di rifiuti non pericolosi, non riciclabili». Quindi, almeno apparentemente, nessuna correlazione diretta tra il peggioramento della qualità dell’aria e il cementificio che anzi, «è dotato di un Sistema di Monitoraggio delle Emissioni (SME) che controlla in continuo H24 le emissioni al camino – spiega Rosati, che aggiunge: – Tutti i dati sono protetti, validati, gestiti in conformità alla norma UNI EN 14181, comunicati ad ARPA e disponibili al pubblico. Ogni parametro monitorato si confronta con i limiti imposti dall’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale)».
In effetti, leggendo anche quanto pubblicato in uno degli ultimi rapporti di sostenibilità aziendale (risalente al 2018), sarebbero non pochi i passi in avanti fatti dalla Colacem di Rassina, come dimostrato anche dall’installazione del nuovo sistema di raccolta delle acque meteoriche e l’assenza, per l’anno in oggetto, d’incidenti all’interno dello stabilimento. L’unico “obiettivo non in linea”, sempre per il 2018, è il non essere riusciuti a “incrementare l’utilizzo di CSS” all’interno dello stabilimento, ma non c’è dato sapere se, negli ultimi due anni, anche questo parametro abbia fatto registrare un aumento.
Peccato però, che sulla bontà dei CSS ci sarebbe da aprire un discorso molto più ampio, visto che i pareri in materia sono piuttosto discordanti. Anzi, secondo la maggioranza degli studiosi, bruciare CSS nei cementifici non conviene né all’ambiente né alla salute, come più volte ribadito da ambientalisti e medici, quali quelli dell’Isde, l’Associazione Italiana Medici per l’Ambiente. Infatti, secondo il coordinatore comitato scientifico di quest’ultima, il dottor Agostino Di Ciaula, «la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS) ha impatti complessivi negativi sull’ambiente e sulla salute umana, soprattutto quando il CSS è utilizzato negli impianti per la produzione di clinker/cemento (come nel caso della Colacem per l’appunto, n.d.r.) – Pertanto – se si volesse realmente affrontare il problema della sostenibilità dei cementifici, sarebbe opportuno proporre il divieto di utilizzo di alcuni combustibili, come il pet-coke e imporre limiti di emissione più restrittivi».
Un’idea che, al di là delle conoscenze tecniche dei singoli, si sposa perfettamente con quella di una parte dei rassinesi i quali, pur riconoscendo al cementificio la sua importanza per il territorio, gradirebbero che l’aspetto occupazionale fosse considerato al pari di quello ambientale. Difatti, i timori per l’impiego occulto di combustibile inquinante all’interno del forno, continuano a essere più forti di qualsiasi rassicurazione anche se la direzione è convinta di poter persuadere anche i più scettici: «Il nostro stabilimento è sempre aperto a chi voglia visitarlo, per conoscere più da vicino il ciclo produttivo del cemento le moderne tecnologie implementate, la professionalità e la competenza delle persone che lo gestiscono», chiosa l’ingegner Rosati con il quale soltanto la mancanza di tempo legata al dover chiudere entro i tempi prestabiliti quest’articolo, ci ha impedito di approfondire ulteriormente la questione. Su cui torneremo presto.

(tratto da CASENTINO2000 | n. 324 | Novembre 2020)

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