di Davide Battisti – Anche quest’anno va in scena a Perugia il Festival Internazionale del Giornalismo: grandi ospiti, migliaia di partecipanti, riflessioni a 360 gradi su tutto ciò che concerne l’informazione, l’economia, la politica, e ancor di più ogni aspetto della vita pubblica del cittadino. Abbiamo selezionato e partecipato ad alcuni tra le decine di eventi che si susseguono ogni giorno per il centro storico della città, cominciando dalla grande serata di mercoledì 25 aprile. Il titolo dell’incontro era “Acab e Diaz. Il racconto della violenza tra cinema e giornalismo”. Partecipavano Stefano Sollima e Daniele Vicari, registi rispettivamente del primo e secondo film, Emiliano Fittipaldi dell’Espresso in qualità di moderatore, e Carlo Bonini della Repubblica, scrittore del romanzo “ACAB“ a cui i due lavori si ispirano. Dopo la proiezione iniziale di alcune scene tratte dai lungometraggi proposti, è seguito un dibattito su come l’esercizio del proprio compito da parte delle forze dell’ordine viene svolto e percepito dalle persone comuni. Il problema di fondo che è emerso è che fin quando la violenza perpetrata dagli ufficiali della polizia può rimanere senza un volto, o deresponsabilizzata, allora chi la compie continuerà a sentirsi autorizzato a metterla in atto, in particolare poi quando dopo undici anni da quanto accaduto alla scuola Diaz gli autori di tali soprusi possono ancora esercitare la professione, grazie a processi di cui ancora non si è venuti a capo. Ciò che preme è che il clima di violenza diffuso che aleggia sopra la società trovi una via di fuga, e cessi di essere alimentato sia da quei politici che parlano il linguaggio dell’odio, sia di quei mezzi di informazione che lo strumentalizzano per i propri scopi.
Il giorno successivo, giovedì, si comincia dalla mattina, quando Laith Musthaq, corrispondente di Al Jazeera tiene una conferenza sul tema “Reportage di guerra”. Iraqeno di nascita Laith ha fatto parte dell’esercito del proprio paese per alcuni anni, prima di intraprendere la carriera di giornalista. Ha girato buona parte del mondo con un particolare interesse alle zone soggette a conflitti e guerre e adesso racconta delle atrocità di cui è stato spettatore, e di tutte quelle esperienze che dovrebbero scoraggiare chi vuole intraprendere il suo mestiere, o almeno chi vorrebbe farlo senza pensare alle dovute precauzioni ed accorgimenti. Preparazione, equipaggiamento, comportamento da tenere, sono molti i consigli che egli dispensa, senza tralasciare i particolari più crudi sulle conseguenze che un comportamento sbagliato potrebbe generare. Pone inoltre il problema di che cosa agenzie e reti di informazione sono disposte a mostrare all’occidente, e cosa no: un giocare con la verità che rimane una delle uniche ragioni che spingono a intraprendere questo genere di mestiere, quello cioè di difensori dell’oggettività dei fatti e della verità, di chi vuol vedere entrambe le versioni della stessa storia. A mezzogiorno invece ha luogo un dibattito tra Enrico Mentana e Bruno Vespa. Modera l’incontro Simona Ercolani. Sul palco del Teatro Pavone sono molti gli argomenti che i due anchorman affrontano, non senza un pizzico di malizia o ironia all’occorrenza. Dalla lottizzazione della Rai, agli scandali di Mani Pulite, alla situazione odierna, un dibattito lungo quasi due ore che ripercorre la storia dei due giornalisti dagli inizi degli anni ‘90. Si passa anche da Santoro, con l’annuncio di Mentana che le trattative per portarlo a La7 sono ancora attive ed in atto. Una parte importante del discorso è dedicata anche al tema dei partiti politici italiani ormai morenti, idea di cui già da diverso tempo si sente parlare fomentata dalla scarsa fiducia dell’elettorato nel sistema politico, e accresciuta dagli ultimi recenti scandali. Condivisa è l’opinione che occorra un rinnovamento, che dovrebbe arrivare dai giovani, a cui già è stato rubato il futuro.
Di partiti e finanziamento pubblico si è parlato anche nell’incontro, sempre al Teatro Pavone, di Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella (autori de “La casta” e redattori di punta del Corriere della Sera) con Marco Cobianchi del settimanale Panorama. Il titolo dell’incontro è “SalvaItalia, CrescItalia, SprechItalia”, e come è implicito il tema è tutto quell’insieme di sprechi che affossano il nostro paese e che hanno per protagonisti sia privati, sia rappresentanti di cariche pubbliche. Espedienti e cifre da far girare la testa, fondi pubblici incassati da aziende private per i motivi più futili. Come di tutti gli altri incontri, se ne consiglia la visione diretta dal sito del Festival (http://www.festivaldelgiornalismo.com/), per rendersi conto di quanti soldi vengono quotidianamente sprecati da quel buco nero che è ormai lo stato italiano.
Più tardi ha luogo la discussion tra Franco Bechis (vicedirettore di Libero), Antonello Caporale, Mattia Feltri e Stefano Menichini (rispettivamente da Repubblica, LaStampa ed Europa) moderata da Valentina Di Leo. Il tema è “L’arte del giornalismo politico in un sms“, con un occhio di riguardo al ruolo che Twitter, Facebook, e tutti gli strumenti di condivisione istantanea hanno assunto e assumeranno in futuro nei giochi politici. L’idea di fondo è che abbiamo ottenuto la massima velocità per quanto riguarda la diffusione e circolazione delle idee, ma purtroppo non abbiamo contenuti concreti da comunicare, gap questo che se sarà colmato porterà ad una crescita di rilevanza di tali mezzi di informazione nel nostro paese, con un vantaggio per ogni cittadino.
Alle ore 18:00 nella Sala dei Notari, interna al comune, c’è spazio anche per la commozione, nell’affezionato ricordo di Giuseppe D’avanzo da parte dei colleghi di Repubblica Attilio Bolzioni e Piero Colaprico, e Marco Imarisio del Corriere della Sera. Si è parlato della professionalità e del senso del dovere dell’inchiestista ormai defunto, ma anche del suo metodo di lavoro e di molti aneddoti sulla sua lunga carriera, che dovrebbe essere d’ispirazione per coloro che volessero intraprendere la medesima professione.
La sera è ancora Gian Antonio Stella a tenere banco, con uno spettacolo-monologo al Teatro Pavone dove il tema trainante è il ruolo del cibo nella storia politica d’Italia, con riferimenti anche all’estero. Un percorso esilarante tutto da seguire che dai tempi dell’antica Grecia porta fino ai nostri giorni, passando per le grandi abbuffate dei monarchi e dei signori medioevali, fino al risotto padano di un bel verde fluorescente dal dubbio gusto, ma di grande impatto emotivo. Consigliato di certo a chi avesse l’opportunità di vederlo nel teatro della propria città.
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