di Melissa Frulloni – In questi giorni di guerra sentiamo sempre più spesso parlare del dramma di bambini e bambine ucraine, in fuga con le loro mamme dal Paese messo sotto assedio. Una tragedia nella tragedia che rende ai nostri occhi occidentali ancor più cupo e inquietante questo conflitto. Le bruttissime immagini di morte e disperazione che arrivano dai territori ucraini, hanno scatenato una gara di solidarietà, risvegliando un’umanità che credevamo distrutta sotto il peso delle bombe. Così abbiamo potuto vedere i centri di accoglienza, gli hub di primo soccorso, ma anche i tanti furgoni, camion, privati cittadini che da tantissime zone d’Italia, anche dal Casentino, sono partiti per potare in Ucraina aiuti di qualsiasi genere e riportare nel nostro Paese persone in fuga dall’orrore. Sono state anche molte le famiglie che si sono offerte di ospitare bambini e bambine, fornendogli uno luogo sicuro, una casa al riparo dalla guerra per poter tornare a vivere.
La storia che stiamo per raccontarvi, però non è direttamente legata all’Ucraina e ai bambini in fuga dal conflitto, ma coinvolge una famiglia casentinese che si è impegnata ad accogliere in casa propria due bambini, uno di 2 anni e l’altro di 7 mesi. I bambini “sono stati allontanati dalla famiglia di origine per vari motivi; per privacy, riservatezza e rispetto di questi due piccoli preferiamo non rivelare troppi dettagli”. Così ci ha detto Martina Mazzetti, la mamma della famiglia affidataria.
“Prima di rispondere a qualsiasi domanda ci tengo molto a precisare la differenza tra affido e adozione. Nell’adozione il bambino diventa giuridicamente figlio della nuova famiglia per sempre ed a tutti gli effetti. Nell’affido il bambino è temporaneamente inserito nella famiglia affidataria, ma resta giuridicamente appartenente al proprio nucleo d’origine. In questo caso non servono particolari prerequisiti, non è necessario essere sposati, per esempio; infatti l’affido è aperto anche ai single e quindi anche ai conviventi.” Ha continuato Martina.
Martina quando è iniziato il vostro percorso per diventare genitori affidatari?
«Io e mio marito abbiamo fatto un percorso di formazione tramite i servizi sociali di Bibbiena ad inizio 2020, prima del lockdown, seguiti dell’assistente sociale Marilena Santoro e dalla psicologa Michela Perez. Per noi non è stato difficile fare questo percorso perché eravamo veramente convinti di quello che volevamo…
Abbiamo deciso di diventare famiglia affidataria proprio per la differenza che c’è tra affido e adozione, nell’affido tu aiuti i minori, ma anche la loro famiglia di origine, permettendogli, se è nella loro volontà, di poter, tramite percorsi mirati, tornare a fare i genitori dei loro figli. Quando io e Simone abbiamo deciso di intraprendere il percorso di formazione ne abbiamo parlate con le nostre bambine, specialmente le più grandi perché la piccola all’epoca aveva 2 anni.
Loro hanno subito accettato con entusiasmo la nostra idea, felici quanto, se non più, di noi di poter aiutare qualcuno che ne ha veramente bisogno. Dal 2020 ad oggi avevamo avuto una sola chiamata per un abbinamento, però non eravamo in una situazione familiare per poter vivere al meglio questo passo.
Poi a gennaio di questo anno ci hanno chiamato per una coppia di fratelli; abbiamo valutato l’età molto piccola dei bambini, il fatto che fossero due maschi, finalmente in mezzo a tante donne, ed abbiamo deciso di dare la nostra disponibilità. Al momento siamo seguiti in questo percorso dai servizi sociali di appartenenza dei bambini e dalla psicologa del nostro servizio ASL.»
Quale è stato il momento più duro di questa esperienza e quale, invece, quello più bello?
«Sicuramente il momento più difficile, per quanto nel nostro caso sia stato molto breve, è stata l’attesa di conoscere i due bambini, mentre i momenti più belli sono stati due; il primo quando le nostre bambine li hanno conosciuti e poi quando sono arrivati a casa definitivamente. Le nostre bambine sono state bravissime nel gestire questo momento, emozionate e bramose di incontrarli; la prima volta hanno passato alcune ore con loro in modo sereno e spensierato.»
Come sei riuscita a gestire i rapporti tra le tue figlie e i nuovi arrivati?
«Adesso che i due bambini sono a casa con noi, le nostre figlie sanno benissimo che ci vuole tanta collaborazione, perché le cose da fare sono tante e quindi se tutti collaboriamo tutto diventa più facile. Per loro sono dei fratelli, forse lo sono diventati già dal momento in cui gli abbiamo detto che sarebbero arrivati!»
Che cosa si prova a donare un casa, ma anche amore, protezione, gioia a chi, seppur così piccolo, ha già vissuto tanta sofferenza?
«Credo che l’affido sia un modo unico di donare amore in modo incondizionato, senza alcun vincolo, sapendo che queste creature, se Dio vorrà, torneranno dai loro genitori biologici, quindi sapendo di dover sperimentare probabilmente un distacco, ma con la consapevolezza di avergli fatto vivere una parentesi di vita serena, all’interno di una famiglia “normale” per quanto possiamo essere considerati tali. Non sappiamo quindi per quanto tempo staranno con noi, siamo però sicuri che ogni giorno sarà un dono che vivremo nel modo più sereno possibile, per loro e per noi.»
Giustamente Martina non ha voluto rivelare dettagli sulla vita dei due piccoli che sono entrati a far parte della sua famiglia; capiamo la sua scelta e la rispettiamo.
Che i bambini arrivino dall’Ucraina, dalla Syria, ma anche da una famiglia italiana con difficoltà, purtroppo non fa differenza. Sono bambini, figli di tutti noi ed hanno semplicemente bisogno di amore, protezione, di vivere in un clima sereno e tranquillo, di ritrovare una “normalità” perduta… Lo meritano i bambini affidati a Martina e come loro anche ogni altro bambino che in questo momento sta invece subendo l’orrore della guerra o il disagio della povertà…
A Martina e alla sua famiglia non possiamo che dire grazie e prendere la sua storia come bellissimo esempio di amore e voglia di donare incondizionatamente.