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venerdì, 29 Marzo 2024

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Giuditta Celli, destinazione Antartide

di Francesca Maggini – Quando sono venuta a conoscenza della notizia che una giovane ragazza Casentinese, Giuditta Celli, sarebbe partita per una missione scientifica in Antartide, istintivamente come prima cosa, ho pensato alla magia di quei luoghi, al freddo assoluto, al colore bianco, tenue e costante del ghiaccio, alla neve e al silenzio che tutto ovatta rendendo quei paesaggi come immobili ed eterni. Quando poi ho conosciuto Giuditta ho capito quanto è importante un luogo così per la ricerca scientifica.
L’apprendimento, la conoscenza del nostro eco sistema e del nostro pianeta partono proprio dalla voglia di sapere e quello delle missioni scientifiche è un importante mondo tutto da scoprire. Tanti ricercatori, come Giuditta, lavorano per così dire dietro le quinte a migliaia di chilometri da casa, mossi da una sana ambizione e da una grande passione per il proprio lavoro e costituiscono senza dubbio, un prezioso valore aggiunto alla nostra vita di tutti i giorni.
La missione alla quale Giuditta prenderà parte si svolgerà appunto in Antartide, precisamente a Dome Csul plateau antartico a 3233 metri di altitudine, nella stazione Italo-Francese Concordia, uno dei luoghi più freddi, secchi e isolati del pianeta, a una distanza di 1200 km dalla stazione italiana costiera Mario Zucchelli Station (MZS). Giuditta sarà uno dei membri della XXXIV spedizione italiana del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide PNRA, gestita da ENEA e CNR.
I ricercatori si trasferiranno nella stazione Concordia nella seconda metà di novembre, nel periodo dell’estate australe, con temperature intorno ai -40 gradi, fino a febbraio momento in cui inizierà l’inverno australe. Da febbraio in poi rimarranno solo 13 persone facenti parte la spedizione DC15, tra le quali appunto, anche Giuditta.
Si tratta di tecnici, ricercatori scientifici, un medico selezionato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e un cuoco, precisamente 7 italiani e 6 francesi che affronteranno il periodo più difficile in quanto le temperature, durante l’inverno australe, possono raggiungere anche gli 80 gradi sottozero. Fino a novembre 2019, quando terminerà per tutti la missione, la stazione sarà totalmente autosufficiente poiché completamente isolata dal resto del mondo, non raggiungibile fisicamente e caratterizzata da un periodo di buio totale; il sole infatti a maggio tramonterà e fino ad agosto la stazione sarà immersa in una notte perenne.
Questa missione rientra nel PNRA, “Programma Nazionale di Ricerche in Antartide”, un programma governativo finanziato e approvato dal MIUR, che ne vigila l’attuazione nel rispetto delle norme previste dal Trattato Antartico.
I due Enti attuatori del Programma sono l’ENEA,“Agenzia nazionale per le nuove tecnologie e lo sviluppo economico sostenibile” Ente che si occupa della programmazione operativa e della gestione tecnico logistica a supporto di tutta l’attività di ricerca; il CNR,“Consiglio nazionale delle ricerche” che realizza, invece, la programmazione e coordina le attività relative ai progetti di ricerca scientifica.
Giuditta, raccontaci brevemente qualcosa di te. «Ho 26 anni, sono nata e cresciuta in Casentino, a Ortignano, dove vivo attualmente con i miei genitori e mio fratello. Circa due anni fa ho concluso il ciclo dei miei studi conferendo la laurea specialistica in chimica presso l’Università di Firenze. Sono appassionata di libri e di attività all’aperto, mi diletto in tentativi di pasticceria e amo viaggiare. Quando devo descrivere me stessa e la mia vita, mi piace definirmi come un albero con delle radici profonde, ben salde a casa, il luogo che più amo, ma con lunghi rami che mi spingono lontano a scoprire il mondo e affrontare nuove avventure».
Quale sarà il tuo ambito di ricerca durante la spedizione e in che cosa consiste il progetto che seguirai? «Il mio ruolo di ricercatore scientifico è quello di chimico dell’atmosfera e glaciologo. Il progetto che seguirò è dell’Università di Firenze e dell’Università di Venezia, con la collaborazione del CNR di Roma, Bologna e Firenze. Si tratta del progetto LTCPAA, cioè misurazioni a lungo termine delle proprietà chimiche e fisiche dell’aerosol atmosferico. Durante la missione il mio lavoro consisterà nel monitorare alcuni strumenti per delle misurazioni dirette e nel prelevare campioni di neve e particolato atmosferico da analizzare al ritorno in Italia al fine di ottenere informazioni sul cambiamento climatico e l’inquinamento che raggiunge l’Antartide. Tutto ciò permetterà di studiare quale dovrebbe essere l’atmosfera di background della terra su cui viviamo (visto che in quella zona dell’Antartide non arriva quasi per niente inquinante) e, insieme ai dati già ottenuti dalle carote di ghiaccio analizzate in precedenza (progetto EPICA), poter, poi, studiare i cambiamenti climatici in atto e soprattutto poter costruire dei modelli climatici che ci aiutino a prevedere verso quale destino sta andando incontro la Terra e quindi noi stessi».
Che cosa ti ha spinto a candidarti ad un progetto così importante e allo stesso tempo così ambizioso? «Mi sono candidata principalmente per interesse e curiosità nella ricerca scientifica che porterò avanti. Inoltre sono una persona molto ambiziosa e questa era l’occasione perfetta per mettermi alla prova e sfidare me stessa. Ammetto che inizialmente non ho avuto molta fiducia nell’essere selezionata, ma adesso posso dire con orgoglio che ce l’ho fatta».
Stai seguendo o hai già seguito un addestramento e una preparazione particolare? «Assolutamente si. Le selezioni sono molto rigide: dopo i colloqui iniziali vengono fatte accurate visite mediche con approfondimento degli aspetti psicologici. Ottenuta questa idoneità, insieme al team italiano, ho svolto due settimane di addestramento, a cura dell’ENEA. Siamo stati addestrati psicologicamente per poter vivere in un gruppo multietnico, ristretto e isolato e fisicamente per essere in grado di affrontare il primo soccorso e gli incendi. Abbiamo poi sostenuto un adattamento al freddo, campeggiando sul Monte Bianco ad alta quota. A questo è seguita un’ulteriore settimana di preparazione con il team italo-francese al completo».

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Raccontaci l’emozione più forte che hai provato quando hai saputo che avresti preso parte a questa missione. «L’emozione più grande, per i primi 30 secondi, è stata l’incredulità, seguita poi da una gioia indescrivibile. E’ stato come realizzare il più grande e sconosciuto sogno della mia vita ed esserne completamente soddisfatta. Da qui poi si è sviluppato in me un vero e proprio fiume di emozioni che mi ha travolto e mi ha trascinato con sè. Ho vissuto forti emozioni durante i periodi di addestramento fino a legarmi, in poco tempo, al team con cui affronterò la missione. Adesso inizio a realizzare concretamente che cosa sta succedendo, ne sono entusiasta e a tratti euforica. Sono sicura che sarà un’esperienza indimenticabile e irripetibile sia dal punto di vista personale che lavorativo. Naturalmente ci sono anche sensazioni negative: la preoccupazione dell’isolamento totale, della convivenza ristretta, la paura di affrontare al meglio il lavoro che mi aspetta e l’impossibilità di rientrare a casa qualunque cosa succeda. Ma ho fiducia nel team e sono sicura che affronteremo qualsiasi cosa insieme, un pò come in una grande famiglia».
La ricerca, dunque, non si ferma davanti a nulla! Nonostante le temperature e le avversità climatiche e territoriali i ricercatori porteranno avanti progetti scientifici unici nel loro genere immersi in un universo fatto di estremi. Un luogo magico e pieno di fascino, un ambiente dove il rumore del silenzio potrà diventare assordante.
Siamo sicuri, però, che Giuditta, giovane e brillante ricercatrice, porterà con orgoglio un pezzetto della nostra terra e del nostro Casentino, in un luogo così lontano da noi e con il suo esempio ci ricorderà quanto l’Italia è, nonostante tutto, un paese ricco di persone capaci, di giovani competenti e validi che studiano, lottano e ancora si sacrificano per perseguire i propri sogni.
Giovani che con umiltà e senza clamore, con i loro sacrifici, cercano di ricordare a tutti, quanto sia importante investire nella ricerca scientifica e riconoscergli un ruolo fondamentale come motore di sviluppo, innovazione e competitività futura.

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(tratto da CASENTINO2000 | n. 300 | Novembre 2018)

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