di Sefora Giovannetti – Dichiarerò apertamente che l’articolo di questo mese ha come intento quello di promuovere il dibattito all’interno delle scuole: sia secondarie di primo grado, sia secondarie di secondo grado. Prima di procedere nel spiegare le motivazioni che mi portano a voler introdurre sempre di più il dibattito nella scuola pubblica, vorrei soffermarmi sul significato della parola stessa.
Che cos’è il dibattito? Non è altro che una discussione pubblica su argomenti prestabiliti, all’interno della quale ogni partecipante possa esprimere il proprio giudizio e possa motivarlo liberamente. Qual è invece la motivazione che mi porta a desiderare che questo tipo di attività venga sempre più svolta nelle nostre classi?
Senza dubbio le ultime vicende politiche internazionali, mi riferisco al conflitto Ucraina Russia e adesso, purtroppo, Palestina Israele ha fatto emergere in me il desiderio di poter accompagnare i ragazzi nella loro crescita e nella loro maturità in fatto di espressione di giudizi e punti di vista. Gli eventi appena citati sono motivo di dolore e disappunto, in quanto, giunti ad un’epoca come la nostra, vorremmo dare per scontato che certe dinamiche conflittuali possano essere superate.
Vorremmo pensare alla diplomazia come fattore primario nelle dinamiche sociali che possa dare voce alle posizioni più svariate, per giungere ad un superamento del conflitto stesso. Purtroppo però tutto ciò che abbiamo scritto sembra essere utopico: i dibattiti appaiono sempre di più come veri e propri match, dove i partecipanti non si confrontano, ma si scontrano, si offendono, gridando alla maniera di chi è privo di discernimento. La televisione sempre più lontana dal volere informare il proprio pubblico, offre spettacoli di pessimo livello, beceri e di dubbio gusto.
Non si riesce più ad assaporare il piacere del confronto di opinioni, dell’arricchimento personale attraverso l’ascolto dell’altro. Non si riesce più a sostenere la propria opinione, se diversa dagli altri interlocutori, senza dover ricorrere a parolacce o scene melodrammatiche. Ecco perché l’esigenza di proporre l’esercizio del dibattito all’interno del contesto scolastico. Tutto ciò, affinché i ragazzi possano imparare, già in giovane età, ad esprimere con pacatezza le proprie riflessioni.
Imparino l’arte difficile, ma fondamentale, di saper ragionare e argomentare. Saper analizzare i fenomeni senza cadere nel semplice artificio dualistico dell’opporre il bianco al nero. Esistono tante sfumature di grigio su cui è possibile soffermarsi. Oramai ogni vicenda che ci viene presentata dai media sembra che si possa risolvere semplicemente individuando un cattivo contro un buono. Ma questo non è altro che una estrema semplificazione di contesti assai più complessi, utile solo a creare schieramenti opposti di chi tifa da una parte e chi tifa da un’altra.
Noi non vogliamo dei tifosi pronti a sbranarsi qualora sentano un’opinione diversa dalla loro, ma degli individui che sappiano, argomentando, costruire opinioni che vadano a superare l’opposizione tra le parti. Individui che sappiano trovare giovamento dal confronto, che siano capaci di studiare, nel senso di saper ricercare una via che porti all’unione e non alla divisione.
Spesso si è detto che la scuola rimane relegata nel mondo teorico, senza avere un vero collegamento con quella che viene definita la vita reale. Questa potrebbe essere una buona opportunità, saper portare nella scuola tematiche sociali importanti, anche scottanti, anche di difficile comprensione per poter intraprendere tutti insieme, allievi e insegnanti, un percorso che porti alla formazione di cittadini nuovi, pronti a mettersi in discussione, capaci di ascoltare silenziosamente e di tendere la mano a chi gli si trova di fronte, qualsiasi opinione abbia.
SEFORA GIOVANNETTI Docente scuola secondaria di primo grado Rassina
(Rubrica SCUOLA SOCIETA’ sognando futuri possibili di Sefora Giovannetti e Mauro Meschini)