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giovedì, 10 Ottobre 2024

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Il “segreto confessionale” di Padre Guido nella foresta della Badia di Santa Trinita

di Terenzio Biondi – Nella foresta della Badia di Santa Trinita, sulla riva del torrente nei pressi del ponticello che porta ai resti dell’abbazia, spicca un enorme castagno secolare, bellissimo, con il tronco imponente e i rami che sembrano quasi toccare il cielo azzurro. Secondo le antiche leggende è padre Guido, per tanti anni priore della Badia di Santa Trinita nel XIII secolo. L’anima di padre Guido è naturalmente volata in cielo, ma il corpo – analogamente a quello di tutti i monaci della Badia – è rimasto nella foresta, tramutato in castagno secolare.

All’ombra di padre Guido, quando andiamo a pesca nel Fosso della Badia, noi torrentisti ci fermiamo sempre per fare uno spuntino, sdraiati per terra con la testa appoggiata al tronco. E naturalmente domandiamo sempre a padre Guido qualche delucidazione su quel gran peccatore di Riccardo del fu Blanco da Garliano. Padre Guido non ci ha mai risposto, ma noi insistiamo sempre e… chissà… È scritto nei documenti dell’epoca che il 25 agosto del 1257 Guglielmino degli Ubertini, vescovo di Arezzo (il vescovo condottiero che morì nella battaglia di Campaldino del 1289, sconfitto dalle milizie fiorentine), giunse a cavallo, scortato dai suoi soldati, alla Badia di Santa Trinita in Alpe, a quei tempi la Badia più potente del Casentino, abitata da oltre cento monaci benedettini. Su ordine del vescovo il priore della Badia, padre Guido, aveva lì radunato tutti i grandi peccatori casentinesi, quei peccatori che l’avevano fatta grossa, talmente grossa che i poveri monaci non se l’erano proprio sentita di assolverli.

Sì, perché c’era peccato e peccato. E se per i peccatucci veniali era addirittura superfluo il ricorso al confessore (bastava bere l’acqua della Fonte Benedetta, la fonte che zampilla ancora oggi dietro il monastero, e recitare una preghiera con lo sguardo rivolto all’abside della Badia dopo aver chiesto perdono al Padreterno), per quelli supermortali non bastava certo il segno della croce di un semplice monaco. Ma per il vescovo Guglielmino non c’era peccato per quanto terribile che non potesse essere perdonato. Erano tanti i peccatori che fin dalla mattina presto erano arrivati alla Badia di Santa Trinita, chi a piedi e chi a cavallo, percorrendo di notte al lume della luna e delle stelle i sentieri che da ogni parte della vallata portavano all’antica via sul crinale del Pratomagno, al confine fra il Casentino e il Valdarno. Tutti lassù, alla Badia di Santa Trinita in Alpe, per ottenere finalmente il perdono dei loro grandi peccati.

Entravano a turno, uno per uno, all’interno della chiesa. E a tutti il vescovo Guglielmino rimetteva i peccati. Bastava che, naturalmente, si pentissero, chiedessero perdono e versassero… sì, versassero un obolo stabilito dal vescovo. Ottenne il perdono anche Riccardo del fu Blanco da Garliano, il più grande peccatore della zona: era stato addirittura scomunicato! Pagò naturalmente il suo obolo, senza battere ciglio: venticinque fiorini d’oro! Una cifra enorme per quei tempi. Ma poteva permetterselo (era uno dei più ricchi possidenti di Garliano).

Ma quale peccato aveva commesso Riccardo del fu Blanco da Garliano? Nessuno lo sa. Anche i documenti ritrovati da don Carlo presso l’archivio del Vescovato di Arezzo non fanno minimamente cenno a quale razza di peccato mortale avesse commesso (la storia di Riccardo del fu Blanco da Garliano è stata qualche anno fa riportata su “Foglie Lunghe”, il giornalino della parrocchia di Carda che esce con cadenza bimestrale e su cui possono liberamente scrivere trattando qualsiasi argomento tutti i parrocchiani).

Non sappiamo proprio come fare: padre Guido tace (non può certo rivelare un “segreto confessionale”!), gli antichi documenti non fanno alcun riferimento al genere di peccato commesso, e a nulla hanno portato le ricerche condotte su Internet da esperti della nostra Società di Pesca. Per cui abbiamo deciso: chi lo sa si faccia avanti (allegando naturalmente la dovuta documentazione) e avrà per ricompensa trote, sì, trote fario autoctone del Fosso della Badia di Santa Trinita. Quante? Quante ne vuole. Cento, duecento, trecento… Noi torrentisti casentinesi (tutti!) ci impegnamo a riempirgli per più anni il freezer di casa. A presto!

I RACCONTI DL TORRENTE Storie vere, leggende, incontri… nei torrenti del Casentino è una rubrica a cura di Terenzio Biondi

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