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giovedì, 28 Marzo 2024

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L’Accademia della Crusca celebra il “Ceppo” di Chiusi della Verna

di Lara Vannini – Che Natale sarà questo Natale? Sicuramente un’unione di intenti, un’unione di anime ma forse non di corpi. Di sicuro di attesa e speranza, di desideri molto ambiziosi rivolti all’umanità intera. Una cosa resterà per fortuna, il Natale dei bambini e le vecchie tradizioni che riscoprono e rendono sempre attuali usanze lontane ma non di meno preziosissime.
Alle nostre tradizioni casentinesi, rende omaggio anche l’Accademia della Crusca nata alla fine del 1500 a Firenze, grazie a Leonardo Salviati e ai i suoi amici letterati, una istituzione riconosciuta come il punto di riferimento per lo studio della lingua italiana e come ente collaboratore con le principali istituzioni affini dei paesi Esteri.
Grazie al progetto dell’Atlante lessicale toscano, sono stati raccolti dati importanti sulla tradizione toscana del Ceppo Natalizio, una tradizione non esclusiva della nostra vallata, ma a cui l’Accademia dedica una menzione particolare in special modo al comune di Chiusi della Verna.
In un lungo lavoro di raccolta dei dati durato più di dieci anni, in ben 224 centri della Toscana, è emerso che nel Comune di Chiusi della Verna, è rimasto il significato originario del termine ceppo, legato alla vigilia di Natale e al suo valore sacrale e di tradizione familiare.
Il ceppo è a tutt’oggi, la parte legnosa del tronco che sta alla base della pianta da cui si diramano le radici, una parte molto importante tant’è vero che il suo significato è utilizzato anche per indicare il ceppo dell’albero genealogico dove sono citati gli avi capostipiti della famiglia. Oppure ancora oggi esiste il detto “avere la ceppaia” per indicare un forte mal di testa dovuto ad un raffreddamento e dunque una testa “pesa come un grosso tronco di legno”.
Tradizionalmente di quercia o faggio, il ceppo era un grosso ciocco di legno a cui il contadino era molto affezionato anche in altri periodi dell’anno, non di rado venivano fatte delle sedute per riposare o lavorare nell’aia o nella stalla.
Era nella notte Santa della vigilia di Natale, che il “ceppo” assumeva un valore simbolico molto importante, essendo la notte che avrebbe condotto alla nascita di Gesù Bambino e quindi alla festività del Natale. La Notte Santa era un’incredibile notte di attesa, come scrive in maniera magistrale Emma Perodi nelle Novelle della Nonna ambientate proprio in Casentino: “Tutte le campane di Poppi e della valle suonavano a festa (…) chiamando i fedeli alla Messa di Natale. (…) il camino nel quale crepitava un bel ceppo di Faggio, era grande davvero, altrimenti non avrebbe potuto contenere tanta gente”.
Il Ceppo, collocato nel grande camino, non doveva spegnersi mai e a turno le persone di casa dovevano “attizzare il fuoco” e soprattutto garantire che non si spengesse quando tutti sarebbero usciti per partecipare alle funzioni religiose della mezzanotte. Dunque questo fuoco sacro, aveva molteplici finalità: riscaldare il più possibile l’ambiente visto che eravamo in uno dei periodi più rigidi dell’anno, e creare l’atmosfera giusta per sedersi “a veglia” fino all’uscita di casa per la Santa Messa. Non di rado le famiglie dei poderi o delle case coloniche più lontane, effettuavano un tragitto piuttosto lungo per arrivare alla Chiesa del paese. Trovare un fuoco accesso e della buona compagnia per vivere la notte più importante dell’anno era senz’altro qualcosa di apprezzato.
Come già detto il fuoco scaturito dal “Ceppo” aveva anche un valore sacrale: era simbolo della luce portata dalla nascita di Gesù Bambino (la legna che arde), il calore rappresentava quello familiare e quindi degli stretti legami, il fuoco avrebbe scaldato metaforicamente la nascita del Bambin Gesù.
Come in molti casi accade per le tradizioni popolari, le loro origini si perdono nella notte dei tempi proprio perché la forza degli elementi in questo caso il fuoco rimandano ad un legame molto forte con la Natura, la Madre Terra e quindi i riti pagani.
Non di rado la cenere del Ceppo veniva conservata per spargerla nei campi e augurare una buona annata di raccolti.
Per i bambini dire “stasera arriva il Ceppo”, significava l’arrivo dei regali e quindi il preludio ad una serata di felicità.
In genere nel frastuono generale un adulto faceva battere il ceppo ai bambini con una paletta o un tronchetto di legno. Mentre il bambino era concentrato in questa attività, gli adulti di nascosto facevano arrivare i doni davanti al camino. Comunemente si diceva che il Ceppo aveva “cacato” i regali.
Oggi anche in città dove per esigenze abitative e l’uso del riscaldamento il camino non è più un elemento necessario e indispensabile, il retaggio dell’antica usanza del “Ceppo” lo si ritrova nelle pasticcerie dove nelle festività natalizie sarà molto facile acquistare il Tronchetto di cioccolata, un dolce che ancora oggi farà felici grandi e piccini.

(tratto da CASENTINO2000 | n. 325 | Dicembre 2020)

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