di Francesca Maggini – L’albero del castagno è una pianta che vanta origini antichissime. Maestosa, imponente e longeva come la quercia e l’olivo, il suo frutto è pieno di virtù ed è, da sempre, presente nella dieta dell’uomo. Importata in Italia dai Romani fu, inizialmente, considerato il “pane dei poveri” passando però in breve tempo dalle tavole dei contadini a quelle dei nobili. Oggi è molto apprezzato sulle nostre tavole e ogni anno non è autunno senza castagne.
Si tratta di un frutto buono e gradito per le sue molteplici proprietà, prelibato e sano da mangiare arrosto o bollito, consumato secco o sotto forma di un’ottima e profumata farina che se, un tempo, era utilizzata quasi ed esclusivamente per la preparazione della polenta di castagne o polenta dolce come dir si voglia, oggi è molto utilizzata per la preparazione di dolci. Uno di questi, di origini molto antiche è il baldino o castagnaccio. La castagna dunque ne è l’elemento principale, è un prodotto molto diffuso e spontaneo presente in tutta Italia, soprattutto nelle regioni dell’appenino tosco-emiliano, tendenzialmente nelle zone più montane, in cui i castagni abbondano.
Il dolce che ne deriva non vanta una patria precisa e una ricetta definitiva ed esclusiva; la sua origine si perde nella notte dei tempi ma pare che i Toscani, da sempre grandi amanti dei dolci, nel 1800 esportarono il castagnaccio nei mercati dell’Italia settentrionale in due diverse versioni: la prima prevedeva l’uso, per la cottura, di una bassa e grossa teglia in cui una volta cotto, l’impasto formava una spessa coltre screpolata sulla superficie, l’altra veniva invece fatta in tondini quasi monoporzioni, molto sottili adatti ad ottenere una sorta di frittelle molto schiacciate. Si trattava di un dolce rustico, nato come pane dei poveri, semplice ma molto nutriente e gustoso e da quel momento, da prelibato cibo di strada, pur di origini umili, conobbe una grande diffusione in tutte le case del nostro territorio.
Negli anni, per rendere più gustosa la ricetta originaria, sono stati aggiunti altri ingredienti come uvette, pinoli, rosmarino, scorza d’arancia e soprattutto lo zucchero che nel tempo ha completamente sostituito il miele, utilizzato nell’impasto originario. Oggi è un dolce molto diffuso e apprezzato su tutto il nostro territorio, non a caso il 22 ottobre si celebra la giornata dedicata a questa specialità. Conosce tante varianti e tante rivisitazioni regionali ma nonostante ciò il prodotto ottenuto con la ricetta più classica ha ottenuto il riconoscimento di Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) a conferma di quanto, questo prodotto, sia centrale nella nostra cultura alimentare locale e la definisca, rivestendo ancora oggi il ruolo di preziosa identità del territorio. Il nostro baldino costituisce, da millenni, un semplice dolce tipico del Casentino.
È simbolo dell’autunno ed è, per il nostro territorio, un prezioso elemento capace di commemorare le nostre origini con l’utilizzo di prodotti tipici come testimoniano sentieri didattici, diverse sagre di paese e feste popolari presenti in Casentino (basta citare Faltona, Ortignano, Stia…) che allietano i weekend autunnali. Nell’epoca del marketing e della globalizzazione non possiamo non tener conto dell’esigenza di tutelare la specialità e specificità di un alimento.
La castagna, per il nostro territorio, racchiude in sé una cultura millenaria rispettosa di un ecosistema più naturale e artigianale, denso di sapore e qualità. Il suo essere costituisce un prezioso valore e simboleggia una cultura fondata sul gusto e sulla memoria di un prodotto che è cibo e allo stesso tempo cultura della nostra terra, poiché conserva silenziosamente tradizioni dei tempi passati e, nonostante lo scorrere del tempo, racconta qualcosa anche di noi.