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lunedì, 4 Dicembre 2023

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LFI: i Consigli Comunali del Casentino favorevoli alla privatizzazione

Abbiamo evidenziato più volte quanto, tra i diversi problemi che caratterizzano il Casentino, quello dell’assenza di Politica, di confronto pubblico e di trasparenza nelle decisioni sia uno dei principali. Ormai da troppo tempo tutto viene delegato ad ambizioni personali, a piccoli gruppi di influencer che, per brevi periodi, riescono a gestire i beni pubblici per conto di tutti, ma senza perseguire l’interesse collettivo. Quello che sta succedendo in merito alla proposta di privatizzare di fatto la LFI, società che gestisce la tratta ferroviaria Pratovecchio Stia-Arezzo-Sinalunga, sembra l’ennesima riprova di questa triste situazione.
La proposta è partita dalla stessa società, nella seduta del CdA di LFI spa dell’11 novembre 2019. In quella sede è stato approvato un documento relativo alle possibili evoluzioni strategiche della società, che è stato poi sottoposto alla valutazione dell’Assemblea dei Soci del 29 novembre 2019. Dal documento emerge l’esigenza di procedere alla modifica delle clausole statutarie di cui all’art. 6, punto 4 e dell’art. 37, punto 2 dove viene stabilità la quota di capitale che deve essere detenuto dagli enti pubblici territoriali, la proposta è di ridurlo dal 51% al 40%. Questo porterebbe gli enti pubblici a trovarsi in condizioni di minoranza all’interno della società, con ancora meno possibilità di orientare e determinare le decisioni riguardanti il funzionamento di un servizio fondamentale per il Casentino.

Da alcuni stralci del verbale dell’assemblea dei soci svolta il 29 novembre 2019, posto all’attenzione della discussione nei comuni, si possono individuare alcune delle motivazioni che vengono portate a sostegno di questa decisione.
“La Regione Toscana ha manifestato la volontà di mettere a gara nell’arco di uno/due anni, in un unico lotto, alcune tratte ferroviarie regionali considerate “deboli”, compresa la Sinalunga-Arezzo-Pratovecchio Stia, procedura alla quale il Gruppo LFI spa, mediante la propria controllata TFT spa, potrebbe non poter partecipare per carenza dei requisiti tecnici, finanziari/economici e societari.
TFT spa andrebbe ricapitalizzata da parte di LFI spa (quindi dagli attuali soci), per fare fronte agli investimenti legati al materiale rotabile, indispensabili, per partecipare alla procedura di gara con ragionevoli aspettative di successo. Tuttavia, anche laddove venisse perseguito questo obiettivo, la possibilità di partecipare alla procedura ad evidenza pubblica rischierebbe di venire meno permanendo l’attuale composizione societaria di LFI spa.
Infatti, la presenza nel capitale sociale di LFI spa di due partner industriali come RATP DEV ITALIA ed ATAF GESTIONI srl (Gruppo Busitalia – Ferrovie dello Stato Italiane), laddove tali soggetti, o i rispettivi gruppi di riferimento, intendessero partecipare alla gara regionale autonomamente, impedirebbe la partecipazione di TFT spa, stante i collegamenti societari. Su questo tema il Gruppo LFI spa ha già acquisito da tempo pareri legali che confermano questa problematica. Le conseguenze potrebbero essere tali da mettere in discussione la stessa continuità aziendale della controllata TFT spa.
Per evitare tale accadimento, consentire la partecipazione alla gara regionale da parte di TFT spa, ed assicurare una prospettiva futura al Gruppo LFI spa, ad avviso del CdA LFI occorre un ruolo sinergico da parte degli attuali partner industriali, in grado di apportare Know How, risorse finanziarie e requisiti economici/patrimoniali di assoluto rilievo, peraltro i loro rispettivi gruppi societari di riferimento sono a totale controllo pubblico da parte dei rispettivi Governi Francese e Italiano.
Nel contesto prefigurato i partner industriali dovrebbero rivestire un ruolo sempre più importante per la continuità e la crescita aziendale di TFT spa. Per favorire questo percorso di prospettiva, occorre modificare l’attuale statuto di LFI spa ridefinendo i pesi azionari della compagine societaria e le regole di Governance. Il primo passo fondamentale per l’attuazione di quanto ipotizzato è che gli azionisti di LFI spa procedano, preliminarmente, alla modifica delle clausole statutarie dell’art. 6 punto 4 e art. 37 punto 2, che prevedono lo scioglimento della società nel caso in cui le azioni di tipo “A” detenute dagli enti pubblici territoriali scendano sotto il 51% del capitale sociale”.

Per come viene presentata la situazione, sembra che venga purtroppo evidenziata la precarietà del peso dei soggetti pubblici all’interno di società che si occupano della gestione di servizi fondamentali rivolti a tutti. Il peso dei privati, nel tempo e al di là delle quote possedute, sembra essere diventato sempre più importante rendendo la presenza del pubblico poco più che una testimonianza.
Vista così potrebbe sembrare quasi un obbligo la decisone di portare dal 51% al 40% il valore delle quote in possesso dei soggetti pubblici all’interno di LFI. Così devono aver pensato nei Consigli comunali casentinesi con un atteggiamento che, nel migliore dei casi, potrebbe sembrare più una resa che una scelta consapevole. Ma anche assomigliare molto al comportamento del tacchino che è felice di stare a tavola nel giorno del Ringraziamento, senza capire bene quale sarebbe il posto a lui destinato.

Abbiamo sottolineato quali criticità potrebbe comportare essere in condizioni di minoranza per il pubblico, tesi ripresa in un intervento di Roberto Bardelli, Consigliere del gruppo misto all’interno del Consiglio comunale di Arezzo.
«Nell’ultimo consiglio comunale è stata correttamente ritirata la pratica sul futuro di LFI azienda pubblica di trasporto su ferro. Sono ancora troppi i punti non chiari o che comunque meritano attenzione e riflessione. Purtroppo, come spesso accade, si parla di privatizzazione, ma in realtà si prefigura il passaggio da un monopolio a un altro. In particolare, con il progetto attuale, il pubblico dovrebbe passare al 40% e di conseguenza la parte privata avrebbe la maggioranza. La prima domanda allora è: non sarebbe meglio privatizzare tutto? Non è che quel fatidico 40% serve solo ad alcuni gruppi politici per mantenere una poltrona e il relativo potere nel consiglio di amministrazione? Si parla poi di investimenti e piano finanziario. Ma con una struttura societaria siffatta, chi potrà costringere la maggioranza a compierli? Purtroppo, quando sarà modificato lo statuto i comuni avranno scarsi poteri di trattativa, essendo in minoranza la loro partecipazione non sarà più strategica e s’indebolirà nettamente il loro potere di controllo degli indirizzi di governo della società stessa…».

Sulla stessa lunghezza d’onda la dichiarazione di Francesco Romizi, Consigliere comunale di Arezzo 2020, molto netto nell’affermare la necessità di scongiurare la privatizzazione di LFI.
«Tale pratica, ritirata poi dall’Assessore Cherici dopo un lungo dibattito, avrebbe previsto la privatizzazione della società portando le quote pubbliche al 40%, senza poter avere così nessun controllo pubblico sull’azienda. Apprendo con soddisfazione che la delibera non sarà oggetto del prossimo Consiglio comunale del 28 gennaio. Credo fermamente, anche e soprattutto in questa fase di emergenza, che la privatizzazione della società sia una scelta sbagliata che va contro l’interesse dei cittadini-utenti del trasporto pubblico locale».

Queste dichiarazioni sono state rilasciate a seguito del dibattito sulla vicenda LFI che sta coinvolgendo anche il Comune di Arezzo dove, a differenza del Casentino, un confronto sul merito è in atto e dove, visto che il tema non è stato di nuovo discusso nell’ultimo Consiglio di gennaio, non sembra si abbia neppure troppa fretta di archiviare la pratica che, invece, dalle nostre parti, come mostra la tabella pubblicata in queste pagine, è stata affrontata a tempo di record già nel 2020.
La speranza è che il tempo porti consiglio, ma soprattutto dovrebbe spingere, visto anche quello che sta accadendo in più settori dove si è voluto spingere sempre di più per la privatizzazione e la gestione in appalto, a tornare a discutere davvero su cosa significa “Servizio Pubblico” e su quale dovrebbe essere il modo migliore per garantirlo e gestirlo.

In Casentino poi una discussione del genere potrebbe permettere di riportare al centro lo stesso concetto di “Bene Comune”, la cui gestione da troppo tempo è delegata a un’oligarchia neppure troppo illuminata. In più, visto il tema di cui ci si occupa, una condivisa discussione e riflessione riaccenderebbe un faro sulla centralità per la vallata del collegamento ferroviario. Visto le già tante difficoltà e gli ostacoli che interessano il Casentino il buon funzionamento della ferrovia non può assolutamente essere messo in discussione, anzi, deve essere potenziato e reso sempre più fruibile, rapido ed efficiente.

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(tratto da CASENTINO2000 | n. 327 | Febbraio 2021)

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