di Gemma Bui – Consumo di psicofarmaci, alcol e sostanze psicotrope tra i giovani e i giovanissimi. Un tema sempre più rilevante dal punto di vista sociale, che abbiamo deciso di approfondire intervistando il Dott. Marco Becattini, Responsabile Ser.D. (Servizio Dipendenze) Zona Aretina, Direttore Unità Operativa Complessa Farmaco-Tossicodipendenze Aretina e Responsabile Area Dipartimentale per le Dipendenze Zona Sud-Est.
Qual è la situazione a livello regionale, e con un focus specifico sul territorio aretino-casentinese? «La manifestazione di disagio giovanile nelle nostre zone è diversificata: ci sono territori che mostrano fattori protettivi, che riducono la domanda espressa in termini numerici e verosimilmente condizionano l’esito della presa in carico delle persone in maniera diversamente favorevole nei vari territori. Tendenzialmente i territori con una forte identità culturale, basata su lavoro, tradizioni, ambiente, così come i territori non metropolitani, hanno una relativa resilienza rispetto alla diffusione di condotte di abuso, le quali presentano quindi una realtà metropolitana più marcata, e trovano nel contatto con i capoluoghi momenti di contaminazione.
Ci basiamo su rilievi clinici, che confermano differenze tra il territorio senese, leggermente più protetto sia nei numeri assoluti che nel genere, e quello aretino-casentinese e grossetano. Gli strappi culturali che investono le famiglie hanno nelle generazioni successive conseguenze di disorientamento e mancanza di punti di riferimento, che nella costituzione del disagio giovanile sono uno degli attori maggiormente sfavorenti. Dopo infanzie molto munite, con un’idealizzazione delle qualità del bambino, alla fine della pubertà e nell’adolescenza esso comincia a caratterizzarsi e in qualche modo “cristallizzarsi” in un restringimento di possibilità, iniziando a definirsi, in un tempo in cui la famiglia e la realizzazione professionale dei genitori in qualche modo vedono le alternative diminuire, e il rifornimento socioeconomico delle famiglie di origine può venir meno; questo quadro impoverisce il novero di risorse e offerte proposto all’adolescente. Il giovane si trova così a dover dare conferme di sé, a gestire prove di responsabilità, capacità, competenza, in molti casi senza esservi stato prima abituato.
Si ha la sensazione che i giovani possano essere più liberi e originali, ma non c’è da aspettarsi che siano più o meno dotati di capacità di adattamento rispetto alle generazioni precedenti. L’utilizzo di farmaci o comportamenti che regolino emozioni non conosciute, né pensate o controllabili, e quindi con una gestione delle stesse in forma diretta (con gesti arrabbiati, addolorati e drammatici), fanno accadere che un sentimento importante – positivo o negativo che sia – diventi ingestibile, e debba quindi essere spento, liberandolo, reprimendolo o stordendolo. Sempre più di frequente quindi adolescenti in epoca post puberale mettono in atto comportamenti “spensieranti”, quali l’uso di sostanze, o fenomeni come ludopatia, bullismo, ecc.. ».
Quali sono le sostanze più utilizzate? «Lo scenario è più spesso quello domestico, quindi riguardante sostanze reperibili in casa, come alcol e psicofarmaci, che si pensa si possano usare con una certa confidenza. La possibilità di reperire cannabinoidi è comunque presente, la loro distribuzione è ampia nei nostri territori, e l’offerta molto grande; oggi ci sono tante materie prime e tante filiere di approvvigionamento, oltre a un mercato spietato, con una competizione a vendere che non permette più la tutela dei giovanissimi e dei fragili. La città si approvvigiona sostanzialmente grazie agli anelli di distribuzione aretino e fiorentino; anche il Casentino, trovandosi a metà strada tra i due, è quindi molto “favorito”. Le sostanze maggiori in età giovanile hanno un fortissimo impatto sul sistema nervoso centrale, impigrendo e indebolendo molto il passaggio all’atto e aumentando l’espressione negativa del disagio giovanile, compromettendo lo stare nella realtà, il ritmo e la profondità del pensiero, e la sintonizzazione empatica. Sono attività importantissime nel periodo adolescenziale, fase in cui capiamo la portata e il significato delle nostre emozioni. C’è una diminuzione della spinta a stare fuori, per disabilità, vergogna, imbarazzo, incertezza, e tutta una serie di emozioni – positive o negative che siano – che si vogliono evitare, perché non si sanno controllare.
Abbiamo sempre più ragazzi in abbandono scolastico, sportivo, culturale, relazionale. Dopo la grande crescita del Covid e post Covid, molti non hanno trovato nella sostituzione virtuale della socialità rimedi validi, e per questo motivo subiscono ancora forti danneggiamenti. Le sostanze maggiori stanno entrando anche tra i giovani adulti; vedasi la cocaina, sottovalutatamente capace di dare fortissima dipendenza – fisica e psicologica – in modo marcato e rapido, e altamente tossica per il sistema nervoso centrale. Questa sembra essere la realtà aretina e toscana, anche se ovviamente si rilevano variazioni di pochi punti percentuali in alcune aree rispetto ad altre. Il giovane può avvicinarsi al Ser.D. a vario titolo: accompagnato dai genitori, segnalato dai professori o dalle Forze dell’Ordine, o anche di sua spontanea volontà.
I soggetti di nuovi quadri, come il ritiro sociale, il poli-abuso o il binge drinking, cominciano anche a cambiare favorevolmente, riprendono il loro corso, recuperano, singolarmente o ripristinando il rapporto con gli adulti di riferimento con cui si erano create discontinuità. Dobbiamo probabilmente ripensare il confronto, come esperienza impegnativa, dolorosa ma necessaria, perché propone l‘elemento della riconciliazione, che può portare poi alla suggestione del recupero».
Lei pensa che sarebbe necessario rivedere anche la questione delle prescrizioni mediche, che ad oggi consentono con relativa facilità (e forse “leggerezza”?) l’accesso agli psicofarmaci? «Siamo tutti chiamati a performare; giovani e non giovani hanno necessità di qualcosa che li faccia stare meglio, perché lavoro, relazioni, quotidianità, ci fanno sentire (o temere di essere) messi da parte se manifestiamo stanchezza o disagio. Anche la categoria medica ha un’esigenza prestazionale, che si traduce in una gratificazione dell’assistito, che se non trova consiglio nel medico, si rivolge a qualcun altro. La sollecitazione del curante a dare proposte negative può condizionare la percezione della necessità di cura. Uno degli indicatori della Sanità Territoriale è in effetti quello della over-prescrizione di farmaci antidepressivi. Questo può significare che la nostra società soffre più di altre (ed è comunque vero), o che la percezione della sopportabilità delle difficoltà è meno ampia e forte nell’aretino, e quindi si ricorre di più a psicofarmaci. Per i giovani e giovanissimi rimane comunque il fatto che spessissimo il consumo avviene non dietro prescrizione, ma fuori prescrizione, con ciò che si trova in casa».
Esistono anche altre tipologie di dipendenze: ludopatia, Internet, shopping compulsivo. In termini generali, a livello sanitario e sociale, quali misure possono essere intraprese per contrastare questi fenomeni? Qual è invece il servizio prestato e offerto da Ser.D.? «La comunità scientifica riconosce ad oggi la dipendenza dal gioco come dipendenza senza sostanze, e sta valutando la possibilità di includere in quadri sindromici anche altre forme di dipendenza. La ludopatia riguarda principalmente il giovane adulto, l’anziano, l’occupato che non vive gratificazione professionale, e la donna tra la quarta e la quinta decade di vita. Shopping compulsivo, binge watching e altre forme di spensieramento e gratificazione tramite comportamenti, sono modi di ingannare la mente in uno stato d’animo non sopportabile (dato da noia, tristezza, delusione, nostalgia, disistima di sé). Fortunatamente i Servizi per le Dipendenze sono stati istituiti ormai nel 1992, si sono strutturati e man mano specializzati, per quanto questi fenomeni stiano cambiando. Abbiamo nuove condotte, e anche nuove sostanze.
Ma quel che conta non è tanto la sostanza, quando la persona. Nei Ser.D. le persone troveranno un ascolto e un supporto psicoterapeutico, fornito da medici, psicologi, educatori; oltre a una consulenza sociale specifica, perché quando c’è un problema di dipendenza ce ne sono sempre, a cascata, anche di economici, legali, ecc.. I programmi si trovano in tutti i territori dell’Area Sud-Est, compreso il Casentino; sono gratuiti e anonimi, non hanno obbligo di prenotazione, e non c’è preoccupazione di segnalazione per chi si rivolge ad essi. Chiunque sospetti una perdita di controllo nell’abuso di comportamenti (personalmente o per persone a lui vicine e/o care), si rivolga ai Ser.D. per una consulenza, effettuabile anche per telefono, online o di persona.
Il consiglio che personalmente posso dare è: venite ai Ser.D., perché è importante che passi il messaggio che, aiutandosi e facendosi aiutare, si può smettere, e si può guarire».