Marco Vignoli compirà 52 anni il 4 di marzo. Un compleanno speciale che passerà a casa dopo aver vinto una grande battaglia, quella contro il covid19. Dopo il suo ritorno a casa, 15 giorni di rianimazione e 100 ore di casco, il Sindaco Filippo Vagnoli lo ha voluto salutare portando la sua testimonianza di forza interiore ai suoi cittadini. Forza d’animo che lo stesso Marco dice essere stata la sua vera salvezza accanto ovviamente alle cure dei medici e degli infermieri dei vari reparti dell’Ospedale di Arezzo dalla rianimazione fino alla pneumologia.
Ma quel lasso di tempo che è andato dal 24 gennaio, giorno del suo trasferimento di urgenza in rianimazione fino, al 15 febbraio giorno della sua dimissione protetta, è stato per Marco una specie di viaggio, una battaglia che lo ha visto infine vincitore contro qualcosa di sconosciuto che lo stava “prosciugando”.
“Ho vinto lottando minuto dopo minuto. Vi ricordate il discorso di Al Pacino in Ogni maledetta domenica? Dice così: “In questa squadra si combatte per un centimetro, in questa squadra ci massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli intorno a noi per un centimetro, ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro, perché sappiamo che quando andremo a sommare tutti quei centimetri il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la sconfitta, la differenza fra vivere e morire”. Ecco io ho combattuto per quel centimetro di vita ogni giorno, facendo squadra con i medici e con gli infermieri che mi sono stati accanto. Credo che a fare la differenza nella battaglia contro le conseguenze di questo virus, è proprio la testa. La voglia di esserci sempre combattendo per un po’ d’aria ogni giorno senza abbattersi”.
Marco parla di ciò che gli è accaduto con una voce ancora un po’ affannata, lo sguardo limpido e fiero, e il saturimetro sempre tra le dita. Ha voglia di raccontare questo percorso, di farne partecipi i tanti concittadini che lo hanno accolto dopo la dimissione con grandi manifestazioni di affetto e di amicizia.
Marco dice: “Vorrei dare un messaggio ai giovani, ovvero quello di fare sempre attenzione ai comportamenti che tengono fuori perché, purtroppo, questo covid19 è insidioso e colpisce duro anche persone ancora giovani e senza problematiche di salute. Ma vorrei dire anche a tutti coloro che avranno, come me, la sfortuna di prenderlo, che a fare la differenza sarà la loro reazione psicologica. Dall’inizio alla fine il covid19 ti colpisce nelle tue debolezze fisiche e interiori”.
Durante le giornate in cui era costretto a rimanere prono e con il casco, durante gli alti e bassi della malattia, Marco ha tenuto una sorta di memoriale: situazioni, nomi di infermieri e medici, racconti della giornata, tutto. Un diario di bordo in una nave che era andata alla deriva e che era schiaffeggiata dalla tempesta. Quelle memorie oggi le conserva amorevolmente come fossero un tesoro prezioso e le ripercorre leggendo e ripensando, ricostruendo i minuti ed i centimetri conquistati fino a quando ha potuto riassaporare la felicità di avercela fatta.
Una delle cose che lo ha aiutato di più è stato il suo amore per la filosofia. A questo proposito Marco racconta: “Non ho mai avuto paura della morte. Leggendo Epicuro si impara anche questo. Dagli Storici ho imparato invece a non lamentarmi delle situazioni che ci accadono, ma a cercare uno spazio di serenità dentro di noi che nessuno ci può togliere. Insieme alla filosofia è stata anche la musica ad alleggerire le ore che dovevo stare prono con il casco. Il rumore dell’ossigeno per nove ore di fila è qualcosa che ti toglie vita da dentro, e hai bisogno di reagire, anche con poco. Io ascoltavo le note, quasi le utilizzavo per sostenere il mio corpo e per nutrirlo, muovevo le gambe e quello che potevo e ogni tanto qualche pedata di troppo data al letto, mi faceva capire che potevo farcela, che avevo forza e vita. Il giorno che ho capito che ce l’avevo fatta era partita nelle cuffie la canzone di Irene Grandi “Finalmente io”. Adesso la ascolto ogni mattino al risveglio”.
Per Marco aver preso il virus è stata una “sfortuna”, visto che ancora oggi non riesce a capacitarsi di come averlo contratto. E’ accaduto, come accadono le cose della vita e a questo proposito dice: “Non lamentiamoci. Lo dico a tutti quelli che mi hanno chiamato. Non lamentiamoci ma utilizziamo il tempo per costruire qualcosa dentro di noi che ci renda forti e qualcosa fuori di noi ovvero relazioni, affetto, solidarietà, ma non lamentiamoci perché è tempo perso. Poi non diamo messaggi negativi, non servono. Ma diamo messaggi di ottimismo e di forza che invece aiutano gli altri. Facciamo tesoro di tutto. Io credo che siano stati i particolari, l’importanza data alla piccola cosa ad avermi fatto rialzare da quel letto. Il primo sbadiglio, il primo starnuto per me sono stati una festa. La vita dovrebbe essere sempre così”.
Marco ringrazia anche i medici e gli infermieri: “Persone speciali che stanno facendo un lavoro inimmaginabile con abnegazione e coraggio. Senza di loro sarebbe stato tutto inutile. Persone speciali”.
(Fonte: Comune di Bibbiena)