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venerdì, 26 Aprile 2024

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Martello e Scalpello

di Monica Prati – Quale è il mestiere più antico del mondo? No, non è quello che pensate voi… Vi diamo un piccolo suggerimento: il Re d’Israele Salomone se ne servì per costruire il Tempio. Si legge nella Bibbia che il Re ne possedeva ottantamila che utilizzò per la ricostruzione di Israele. Vi arrendete? Stiamo parlando dello scalpellino.
Un mestiere antico e all’epoca massacrante, ma oggi reso più semplice grazie all’uso di strumenti moderni. Se in oggi possiamo ammirare tanti grandi monumenti realizzati nel passato lo dobbiamo sicuramente agli scalpellini.
Siamo andati a trovare un Maestro della pietra, Luigi Carletti (nella foto), nato e cresciuto a Borgo alla Collina che in un giorno di mezza estate ci ha invitati nel suo fondo fresco, ma soprattutto pieno di opere d’arte create da lui e dal figlio Giacomo.

IL DURO LAVORO DEGLI SCALPELLINI 001
Luigi come descriverebbe il mestiere dello scalpellino? «Il mestiere dello scalpellino è stato tramandato dalla mia famiglia di generazione in generazione. É iniziato tutto nel lontano 1946 dopo la guerra. C’era tanto lavoro da fare per la ricostruzione del paese così ho iniziato il mio lavoro, avevo quattordici anni e mi fece il primo libretto di lavoro l’allora Sindaco di Strada in Casentino, Mauro Ferri. Quello dello scalpellino era un lavoro massacrante, non sembra quando si guardano le cose pronte, sono lì belle, sembra facile, invece bisogna considerare tutto il lavoro che c’è dietro, il lavoro che bisogna fare sulla pietra, sui blocchi, la fatica. Oggi ci sono altri strumenti, possono buttar giù una montagna in poco tempo, ma una volta veniva fatto tutto con la forza delle braccia. Quando la pietra veniva trasportata a valle potevano essere d’aiuto dei buoi oltre alle braccia, poi una volta portata in pianura veniva lavorata con martello e scalpello fino a ricavarne ogni cosa possibile e immaginabile. Era dura d’inverno, quando le mani si screpolavano, non c’erano rimedi per stare meglio e non si riusciva a tenere in mano gli strumenti del lavoro. D’estate si lavorava anche con 40°, sicché quello dello scalpellino era un lavoro davvero faticoso. Ai tempi della guerra, ho assistito a tanti morti per silicosi, perché la pietra contiene il silicio e l’esposizione prolungata nel tempo provoca questa che è una malattia mortale.»
Ho sentito dire che lei è famoso anche in America!? «Sì, con mio figlio Giacomo, al quale ho insegnato il mestiere, abbiamo fatto un lavoro per un cliente americano che aveva un palazzo ad Aspen in Colorado, voleva riprodurre lo stile architettonico toscano, così gli abbiamo spedito colonne, archi, caminetti, pietra per rivestire un piazzale, è stata una bella soddisfazione.  Ho avuto soddisfazioni anche quando lavoravo in Germania nella Foresta Nera, dove si trovavano le cave di granito. Si facevano dei lavori per la città di Stoccarda, si rivestivano le facciate dei palazzi, in più si costruì un ponte sul fiume Reno, ma in quell’occasione eravamo in centinaia a lavorare. Il ponte era di cemento armato e lo rivestimmo tutto di granito. Anche a Firenze, dove io e mio figlio Giacomo abbiamo un laboratorio ci vengono commissionati dei lavori importanti nel settore dell’edilizia.»
Con quali materiali lavora? «Lavoro con la pietra serena, ma anche con granito, alabastro ecc. come può vedere qui. – E ci mostra un putto in alabastro – Inserendo dentro una lampada si illumina come la luna.
Sono riuscito a procurarmi l’alabastro perché a Firenze c’era un vecchio laboratorio di alabastri abbandonato da anni, quando lo ripulirono buttarono via tanti pezzi, io li presi e ci ho realizzato una vasca. Durante la pulizia del laboratorio, mi ricordo, che vari pezzi caddero e si ruppero, perché l’alabastro è delicato e se cade a terra si spezza come il vetro. Con i pezzi salvati ho realizzato diverse sculture nel tempo libero. Lavoro anche con il granito e devo dire che non ci sono tanti scalpellini che lo sanno lavorare, io ho imparato a lavorarlo in Germania dove sono rimasto cinque anni.»
Qualche aneddoto? «Lo sa che mi sono arricchito con la “Maschera del Fauno” di Michelangelo rubata dai nazisti nel 1944 e mai ritrovata? L’ho ritrovata io! – E ci mostra una maschera – No, scherzo! Sarei il più ricco della Toscana! L’ho ricopiata e realizzata in gesso, ed è talmente somigliante all’originale che in tanti hanno creduto fosse vera. In verità la maschera fu rubata a Poppi dove si trovava, nascosta nei sotterranei del castello durante la guerra. I tedeschi saccheggiarono il castello, trovarono la maschera del Fauno e la portarono in Germania. Dopodiché i russi la trafugarono ai tedeschi e ai nostri giorni è stata ritrovata in Russia, ma i Russi non hanno intenzione di restituirla. Un bello scherzo l’ho fatto negli anni ottanta a Firenze, mi trovavo davanti alla casa di Dante, stavo scalpellando quando mi venne l’idea di disegnare il profilo del Sommo Poeta sulla pietra, lo disegnai e rimase lì. La cosa finì sui giornali, lo scambiarono per un disegno antico, invece l’avevo fatto io, si domandavano se il ritratto l’aveva realizzato Michelangelo o no? E ne discussero parecchio. Poi, quasi per scusarmi, realizzai una formella cesellata e la donai all’associazione “Gli scudi di San Martino”. Il Sindaco di Firenze di allora, Bargellini si complimentò con me dicendo: “Che bravi lavoratori che ha la vostra ditta” ed io risposi: “Sindaco, siamo semplici operai del Comune!”
Cosa è successo alla “Mostra della Pietra Lavorata” di Strada in Casentino? «La mostra iniziò come mostra della pietra lavorata dagli scalpellini, non come mostra dei lavori degli scultori. L’organizzazione arrivò a portare cinquantaquattro scultori, che poi tali non sono perché realizzavano degli oggetti tipo gattini, canini, cavallini, che non c’entravano niente con la pietra lavorata. La pietra lavorata è una cosa, la scultura un’altra. Gli organizzatori della mostra non hanno ascoltato i consigli degli anziani come me ed altri, hanno voluto fare di testa loro e così la mostra è andata a morire.  In primo luogo avrebbero dovuto organizzare un “simposio” tutti gli anni, come fanno ad esempio in Garfagnana, cioè invitare degli scalpellini per fare una settimana di esibizioni, per mostrare le abilità con martello e scalpello, poi alla fine premiare le opere migliori. A Strada in Casentino non hanno voluto organizzare una cosa di questo tipo, eppure avrebbe attirato tanta gente. Anche la proposta di fare un evento dal titolo “Pietra e prodotti del Casentino” non è mai stata accolta. Eventi di questo tipo avrebbero avuto successo, la mostra della pietra sarebbe continuata, migliorata, invece è finito tutto perché hanno continuato a chiamare scultori su scultori e la gente si è stufata. Un vero peccato per il paese e per il Casentino.»

(tratto da CASENTINO2000 | n. 286 | Settembre 2017)

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