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martedì, 10 Settembre 2024

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Mirko Bocaccia, storia e divise

di Francesca Maggini – Le divise storiche militari, da sempre, racchiudono in sé un grande fascino, un alone di mistero e tanta storia dietro il loro significato. Un mondo antico, se vogliamo però sempre attuale, che parla di vite, di tradizioni e indubbiamente racchiude un profondo valore storico e culturale, un grande tesoro, una ricchezza da scoprire, apprezzare e tutelare. Mirko Bocaccia è un giovane casentinese cresciuto con la passione per la storia e per le divise storiche che, oggi, con pazienza e minuzia ricostruisce e colleziona. La visione di un film storico arriva al momento giusto e accende in lui una passione che si fa grande, Mirko coltiva negli anni l’interesse verso le divise e oggi ha una bella collezione destinata, senza dubbio, a crescere considerando anche il suo grande sogno nel cassetto…

Brevemente qualcosa di te…
«Ho 17 anni, frequento il quarto anno del liceo classico Francesco Petrarca di Arezzo e vivo nel comune di Chiusi della Verna».

In che cosa consiste esattamente la tua passione?
«Sin da quando ero molto piccolo sono sempre stato un grandissimo appassionato di storia, ma soprattutto di storia militare, di uniformi e di armi, in particolare delle due guerre mondiali».

Come e quando nasce la tua passione?
«La passione è nata molto tempo fa. Un pomeriggio mio nonno Mauro, vista la mia particolare attenzione per la storia, mi consigliò di guardare in televisione un film ambientato durante la seconda guerra mondiale “Dove osano le aquile”… ne rimasti molto interessato e colpito, da lì iniziai ad appassionarmi ad uniformi e storia».

Come fai a ricostruire fedelmente le divise, dove trovi materiali e componenti giusti?
«Ricostruire le uniformi è tanto più difficile quanto esse sono più rare e più antiche. La mia collezione personale è composta complessivamente da tredici uniformi complete ed accessoriate, costruite in parte con delle riproduzioni create esattamente come le originali, in parte con dei pezzi appartenuti a divise vere. Per ricostruire fedelmente un’uniforme serve una grandissima pazienza, essere avvezzi con ago e filo, dato che spesso devono essere fatti piccoli lavori sartoriali, ma soprattutto avere in mente l’immagine precisa dell’uniforme che si vuole riprodurre. Per la ricostruzione mi baso principalmente su foto originali, su libri (tanti… che ho collezionato negli anni) o più semplicemente utilizzo internet.

Generalmente la pratica più difficile è ricreare delle uniformi da ufficiale data la grande carenza di materiali, spesso molti particolari e che sono praticamente introvabili. Il materiale che utilizzo, solitamente, lo trovo e acquisto sul web, altrimenti esistono delle fiere di militaria a cui mi reco, per poter cercare di acquistare pezzi mancanti per il completamento delle uniformi. Con la mia passione ho contagiato anche mio papà Alessandro che mi accompagna in questo “tuffo nel passato”.

Sono fermamente convinto che è impossibile essere appassionati di uniformi storiche militari senza avere una discreta conoscenza dei fatti storici e degli eventi che hanno scaturito la nascita di tali uniformi. Nelle guerre dell’ottocento, ad esempio, erano presenti delle uniformi sfarzose e riccamente decorate, ovviamente molto diverse dalle mimetiche dei soldati dei giorni nostri. Questo proprio perché non esisteva il concetto di guerra come noi lo intendiamo oggi e pertanto un’uniforme mimetica non sarebbe stata utile. Le cose iniziarono a cambiare dalla prima guerra mondiale in poi. In questo conflitto, infatti, furono introdotti i primi reparti d’assalto e furono presenti le prime uniformi da campo in grado di mimetizzarsi con l’ambiente. Le uniformi della mia collezione, come periodo storico, spaziano dalla fine dell’ottocento alla metà degli anni quaranta del novecento.

La più antica che ho, è basata, quasi interamente, su parti riprodotte fedelmente, è un’uniforme da capitano del 1. Garde- Regiment zu fuff (1° reggimento della guardia appiedata) utilizzata prima dall’esercito Prussiano, poi da quello Imperiale Tedesco fino al 1910, chiamata Waffenrock Dunkelblau, che sostanzialmente sarebbe il nome del colore dell’uniforme. La più “moderna”, invece, è un’uniforme modello 40 da generale di brigata del Regio Esercito Italiano, utilizzata dal 1940 fino al 1945».

Dove custodisci questi tesori preziosi?
«Tengo tutte le mie uniformi in un armadio, in casa. Saltuariamente le indosso durante rievocazioni storiche alle quali partecipo sempre molto volentieri, in modo che le persone possano vivere la storia in modo più attivo e vivo. Rivivere la storia in uniformi da soldato è sempre una grande soddisfazione, anche perché i ragazzi che hanno combattuto in tutte le guerre avevano più o meno la mia età. È bello ricordare e onorare la memoria di quei giovani che, volenti e nolenti, hanno combattuto in tutti gli eserciti ed in tutti i conflitti. Al di là del colore politico o delle fazioni, dico sempre, che la storia deve essere tramandata secondo i fatti e non in base al proprio pensiero politico, altrimenti essa viene travisata e se ne fa della propaganda, cosa che il vero collezionista e rievocatore storico ripudia fortemente».

Qual è la tua divisa preferita e perché?
«Le uniformi, a modo loro, sono, per me, tutte affascinanti. Apprezzo molto, ad esempio, la versatilità delle uniformi Statunitensi e Inglesi del secondo conflitto mondiale, la marzialità di quelle Tedesche, e l’eleganza raffinata che ha sempre contraddistinto quelle Italiane. Queste ultime, però, per quanto molto belle, a volte apparivano, a mio parere, poco adatte, per esempio, alla seconda guerra mondiale. La mia uniforme preferita (nella foto in alto) sia per amor di patria sia per la sua bellezza, è quella Italiana modello 34 da ufficiale del Regio Esercito (detta anche Baistrocchi, in onore del generale che diede l’ordine di riformare, nel 1933, la vecchia uniforme italiana in vigore dal 1909). Ne ho una originale appartenuta ad un capitano dell’artiglieria, cucita in una sartoria di Trieste nel 1936. È un pezzo unico, sia per la sua bellezza, sia per la grande attenzione che il sarto usò per cucirla».

So che nonostante la tua giovane età, hai le idee molto chiare sul tuo futuro… qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Ho sempre avuto le idee molto chiare per quanto riguarda il mio futuro… vorrei fare qualcosa che ha sempre a che fare con le uniformi e le divise militari. Mi piacerebbe tanto diventare un ufficiale dell’Arma dei Carabinieri. Non è un caso, infatti, se possiedo anche tre uniformi dell’Arma dei Carabinieri Reali (CCRR), rispettivamente due territoriali (utilizzate dal 1934 al 1946) da maresciallo e capitano, e una coloniale (utilizzata per la guerra di Etiopia del 1935) da tenente. Spero di “aver contagiato” qualcuno con la mia passione!».

La storia, con le sue divise e i suoi componenti militari, rappresenta un ponte dal passato verso il futuro. Una linea sottile percorribile da tutti e soprattutto, come è da esempio Mirko, anche dai giovani a monito di come la storia, in particolare quella militare, ha molto da insegnare.

Chi ha indossato divise ha contribuito a scrivere pagine di vita con il proprio operato e i propri sacrifici e oggi, non è giudicando, ma analizzando in maniera profondamente critica che si può valutare e capire il passato per migliorare il presente e guardare al futuro.

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