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venerdì, 19 Aprile 2024

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NRC: amici delle due ruote

di Matteo Bertelli – Nel panorama sportivo casentinese, al netto del Covid e di tutte le sue conseguenze, c’è, praticamente da sempre, una passione che tiene unito un gran numero di persone. Oltre al calcio, che, senza nessun dato statistico ma solo sensazioni, ci viene da dire sia sul gradino più alto del podio delle preferenze, c’è il ciclismo, che continua a insidiare questo primato.
Saranno le verdi colline, le strade poco battute di cui il Casentino è pieno, i panorami mozzafiato di cui si può godere dopo una faticata o, anche più materialmente, le merende in compagnia che hanno il sapore dei salumi del territorio, o, forse, più semplicemente è il solo senso di viaggiare in libertà pedalando. Fatto sta che la passione per il ciclismo è un potente filo che tiene unite molte persone con lavori, passioni, età e metabolismi differenti.
Per capire meglio di cosa parliamo quando ci addentriamo in questo mondo, abbiamo deciso di fare una chiacchierata con Francesco Norcini, presidente della NRC, associazione sportiva dilettantistica iscritta al CONI, che riunisce appassionati delle due ruote con i pedali.
Quando è venuta l’idea di far nascere un’associazione che riunisse quanti più appassionati possibile del mondo del ciclismo?
«L’associazione e la squadra sono venute subito dopo la creazione del negozio (“Piccola Officina Meccanica NRC”, in via Turati a Bibbiena, n.d.r.), a sua volta figlio di una disgrazia: la perdita del lavoro. A cinquant’anni puoi avere un curriculum come la Divina Commedia ma è difficile trovare qualcuno che sia disposto ad assumerti, così mi sono preso la briga di reinventarmi e creare il negozio. È da qui che sono partite poi tutte le novità che mi hanno circondato, e la squadra NRC. Che per inciso è molto semplicemente l’inizio del mio codice fiscale».
Quindi possiamo dire che la vostra associazione non è nient’altro (si fa per dire) che un gruppo di amici che ha coinvolto con il proprio entusiasmo altri ciclisti?
«Eravamo un gruppo di amici che condivideva la passione per la bicicletta e abbiamo colto l’occasione per strutturarci in maniera più ferrea, creando una vera e propria associazione sportiva dilettantistica, per continuare a portare avanti la nostra passione ed essere comunque una realtà legalmente riconosciuta.
Siamo nati per condividere una passione e adesso siamo una realtà consolidata, con un direttivo e tutti i crismi per essere un’associazione sportiva, ma non intendiamo perdere quello spirito che ci ha fatto iniziare: il voler stare in compagnia, il voler far gruppo e divertirsi. Per rendere l’idea, possiamo dire che siamo arrivati ad essere fino a cinquanta iscritti, l’anno scorso eravamo in 43, ma l’entusiasmo che avevamo all’inizio, quando eravamo “tra pochi intimi”, non è cambiato di una virgola, per quanto questa nostra famiglia si stia allargando».

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È bellissimo pensare che siano questi i valori di base di una associazione sportiva. In un mondo in cui il competere sembra essere l’unico stile di vita, voi siete un po’ degli outsider. Ma, di preciso, cosa fa un iscritto alla vostra associazione?
«Esattamente, noi, più che concentrarci su quelle gare che hanno un livello alto abbastanza da essere difficilmente raggiungibile da persone che lavorano e hanno mille impegni, corriamo le cosiddette “Cicloturistiche”. Siamo stati premiati alla “Nove Colli” in quanto eravamo più di venti iscritti, abbiamo partecipato in più di venti alla “Via del Sale”, oltre che, togliendoci discrete soddisfazioni, al “Cicloturismo Terre d’Etruria”, abbiamo partecipato alla “Granfondo di Firenze”, alla “Granfondo del Capitano” a Bagno di Romagna, e, alcuni, anche a manifestazioni ciclo-storiche.
Inoltre, siamo sempre comunque andati a fare assistenza a chi decideva di fare gare o correre anche in mountain bike, per quanto il nostro gruppo sia nato per chi ama correre su strada. Inoltre ogni domenica siamo soliti portare almeno una quindicina di persone a fare una “passeggiata” di 70/80 km per le strade del nostro Casentino, in maniera molto conviviale, seguendo il principio del “si parte tutti, si arriva tutti”, per quanto sia richiesto un minimo di allenamento per affrontare i continui saliscendi tipici delle strade che uniscono i paesi limitrofi della zona.
Deve rimanere, comunque, un gruppo di amici che va a condividere la propria passione pedalando. Guardando avanti sono in cantiere manifestazioni importanti per la nostra vallata, di cui parleremo in un futuro quanto più prossimo possibile».
Il Covid come ha cambiato queste vostre abitudini?
«Il ciclismo è stata una delle prime attività, logicamente, ad essere stata sdoganata dopo il lockdown primaverile, per quanto ovviamente con l’obbligo di evitare assembramenti. Un obbligo che limita sicuramente il divertimento ma che, a differenza di molti altri sport, non preclude l’attività in toto. Tutt’ora non è molto chiaro cosa stia succedendo, non ci sono norme chiare per chi vuole andare in bicicletta, magari in compagnia pur rispettando distanze che, forse, sono praticamente necessarie tra ciclisti; però, vista la scarsa chiarezza, abbiamo preferito sospendere le attività e le “passeggiate”, seguendo il principio del “meglio prevenire che curare”. Quest’anno è stato ovviamente tutto bloccato dalla pandemia, ma siamo tutti fiduciosi di poter ripartire il prima possibile, tanto che le varie associazioni si stanno già muovendo per organizzare le cicloturistiche a cui non vediamo l’ora di partecipare nuovamente, in sicurezza».
E per ultima, una domanda un po’ cattiva ma che, da automobilista, non posso esimermi dal fare. I ciclisti che pedalano su strada sono tra i primi bersagli di noi motorizzati, specialmente quando, come spesso accade, abbiamo i nervi a fior di pelle. Come gestite questa situazione?
«Sappiamo benissimo di essere un bersaglio facile degli automobilisti, anche perché la nostra presenza, se non accorta, comporta rischi per tutti. Sia l’automobilista avrà difficoltà a superare, sia il ciclista avrà problemi se la macchina dovesse passargli troppo vicino. È per questo che noi tendiamo sempre a creare piccoli gruppi che si muovono in fila indiana, rigorosamente tutti col casco, anche quando siamo più di venti a fare le nostre “passeggiate”. Per rendere più vivibile la strada sia per noi che per l’automobilista, più o meno educato, che avrebbe delle serie difficoltà a superare orde di ciclisti ammassati».

(tratto da CASENTINO2000 | n. 324 | Novembre 2020)

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