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lunedì, 29 Aprile 2024

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Passione, solidarietà e… Misericordia

di Francesca Corsetti – La Confraternita di Misericordia e Morte di Bibbiena, comunemente nota come la Misericordia di Bibbiena, è un’associazione di volontariato che trova le sue origini – certificate – nel 1584 e nasce come una compagnia religiosa, come una confraternita, per poi evolversi con il passare dei secoli fino a diventare, a inizio secolo, un ente privato, un’associazione di volontariato propriamente detta. Con il Governatore Gabriele Conticini (nella foto) abbiamo parlato della storia, delle attività e dello spirito della Misericordia di Bibbiena.

Può spiegarci come nasce e che tipo ti associazione è la Misericordia di Bibbiena? «La Misericordia di Bibbiena è tra le più antiche d’Italia, è una delle dieci Misericordie del Casentino e delle trentasei della provincia di Arezzo. È una realtà locale, ma che ha come fondamento e come spirito di servizio un qualcosa che si estende a tutta la Toscana. Un tempo gli iscritti alla Misericordia erano coloro che facevano del bene, prestando servizio senza essere riconosciuti. Nei secoli passati non c’era distinzione tra nobili o popolani, perché nessuno era identificabile; infatti, la divisa storica, detta la Buffa, consisteva in una tonaca nera con un cappuccio che lasciava intravedere solo gli occhi, proprio perché la Misericordia non doveva avere volto. Tutto ciò nacque negli anni in cui si verificavano grandi epidemie e i misericordiosi si occupavano di trasportare le salme – ecco perché il nome Confraternita di Misericordia e Morte di Bibbiena – e di prestare assistenza agli infermi, come conseguenza della peste o delle altre malattie del tempo. Oggi si è evoluta nell’assistenza al prossimo con servizi sociosanitari o sostegno alle persone fragili. Questo è lo spirito che muove i volontari della Misericordia, sempre secondo quel principio che è la frase che si scambiavano un tempo i confratelli: “che Iddio te ne renda merito”».

Chi è estraneo al mondo della Misericordia, probabilmente la associa quasi esclusivamente al primo soccorso. Quali sono, dunque, le altre attività svolte? «Una cosa che avevo in mente di fare in quanto Governatore della Misericordia era quella di smettere di fare l’emergenza, perché, come mi fai presente anche tu, quando si parla di Misericordia la si associa subito all’ambulanza con le sirene sopra. Quello non è altro che un servizio che le associazioni di volontariato, evolvendosi, hanno svolto, ma che in effetti poco rispetta lo spirito di Misericordia. Durante la pandemia, abbiamo riscoperto l’assistenza alla persona fragile mediante la consegna della spesa e dei farmaci e il supporto telefonico a quelle persone che si sentivano sole: queste sono le attività principali che costituiscono la vera essenza della Misericordia. Poi ci sono le attività convenzionate come l’emergenza/urgenza con le ambulanze, i trasporti sociali verso centri di cura, ci sono convenzioni con il Comune di Bibbiena per alcune parti dei servizi sociali e quant’altro. Queste sono le attività di facciata, però la Misericordia è anche ascolto e compagnia. Ciò che mi piacerebbe riportare in vita sono le attività con le persone più fragili, per far sì che queste possano trovare un qualcuno che le faccia sentire accolte. Basti pensare che l’attività dell’associazione AmicaRete, che collabora con ragazzi disabili – inizialmente con progetti di giornate comuni e poi anche con percorsi individualizzati – è nata proprio da un ramo della Misericordia di Bibbiena e poi si è evoluta da sola per opportunità e necessità. La Misericordia spazia in tutti i campi e in tutte le possibili attività: da quest’anno siamo partiti anche con la formazione di alcuni volontari nell’antincendio boschivo, mettendo su un gruppo di Protezione Civile. Nella prossima estate, quindi, avremo anche un servizio di salvaguardia del territorio. Tutto ciò per dire che la Misericordia ha più attività che spesso passano in secondo piano perché ci si ricorda delle sirene che sono più rumorose e vistose».

Questo risponde parzialmente alla prossima domanda e cioè come è cambiata l’associazione negli ultimi tempi? «Quando dico di voler diminuire la parte di emergenza/urgenza, è perché negli ultimi mesi abbiamo invece fatto una scelta coraggiosa e un po’ controcorrente. In Casentino il soccorso è fatto da quattordici associazioni di volontariato (dieci Misericordie, tre Croce Rossa, una Pubblica Assistenza) che svolgono servizio di emergenza-urgenza mettendo a disposizione tre ambulanze di giorno e due di notte, per tutta la vallata. Considerando che il territorio è molto vasto e che, a seguito di un cambiamento sociale, non ci sono più volontari, è impegnativo mantenere attivo il servizio tutti i giorni. A seguito delle difficoltà riscontrate nei turni di emergenza, per fare in modo di mantenere un’ambulanza – un servizio pubblico che purtroppo è stato dato in carico alle associazioni di volontariato – abbiamo inserito del personale specializzato che diventerà dipendente, affiancato sempre ai volontari disponibili. Il diritto del cittadino è di essere soccorso e avere assistenza immediata, e questo non può essere solo a carico dei volontari. Dobbiamo far capire anche alla Regione che forse andrebbe fatto un investimento maggiore».

Quanto tempo dedica un volontario alle attività della Misericordia? «Mi piace sempre ricordare questo concetto che mi ha trasmesso un caro Governatore che mi ha preceduto, diceva “In Misericordia non ci si va nel tempo libero, ma ci si va nel tempo liberato”, perché è un impegno e quando prendo un impegno vuol dire che mi devo liberare, però questo tempo liberato non è né eterno, né può essere contabilizzato per avere un riconoscimento. La Misericordia non ha solo attività che durano un tempo infinito, ma anche con un’ora di tempo alla settimana si risolvono tante difficoltà di chi magari ha bisogno di essere accompagnato a fare la spesa. Con un minimo impegno si fa già tanto e sicuramente il tempo che si dedica alla Misericordia è tempo speso bene».

Non molto tempo fa l’organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato che la pandemia è quasi finita. In questi due anni, però, abbiamo visto le difficoltà che sono state affrontate in ambito sanitario. Come è stato affrontare una pandemia a livello di associazione e cosa vi ha lasciato, adesso che ne vediamo la fine? «L’essersi trovati ad affrontare una pandemia con la Misericordia ha significato mettere da parte tutti gli schemi di apparenza. Quando andiamo a soccorrere qualcuno c’è sempre della sofferenza, ma è generalmente sofferenza fisica. La pandemia ha portato alla luce delle sofferenze diverse, di gestione di una pandemia, di gestione della paura. A livello di Misericordia abbiamo messo in atto una serie di strategie che dovevano salvaguardare non solo l’incolumità fisica dei volontari, ma anche quella psicologia, perché si entrava in delle dinamiche sconosciute. Questo significava dover affrontare un turno di alcune ore senza poter salutare o abbracciare nessuno, ma anche prendere coscienza del rischio di non poter vedere la propria famiglia in quanto possibile canale di contatto, perciò nasceva anche la difficoltà psicologia. Tutto questo unito al fatto che la pandemia è arrivata all’improvviso e il nostro sistema sanitario inizialmente non era poi così pronto ad affrontarla. La cosa che mi sorprende, quando ripenso alla pandemia, è il fatto che lo spirito di Misericordia ha dimostrato nuovamente di essere qualcosa di importante e di bello, perché ha portato tutte quelle dinamiche che emergono nei momenti di crisi, come la voglia di riscatto e di uscire dalle difficoltà, che sono tipiche di chi dedica del tempo gratuitamente per il prossimo. Ad oggi dobbiamo mantenere questo nuovo modo di lavorare che ha portato maggior vicinanza, rispetto e voglia di essere pratici per risolvere velocemente un problema. Grazie alla pandemia abbiamo anche trovato nuovi volontari: cittadini che non avevano voglia di essere ‘supereroi’, come spesso vengono definiti i volontari sull’ambulanza, ma semplicemente di dedicare del tempo agli altri».

Personalmente quanto tempo dedica alla Misericordia e perché lo fa? Cosa lo ha spinto a iniziare e a continuare per tutti questi anni? «Io sono Governatore della Misericordia da nove anni e sono un volontario dal 1993. Ho cominciato perché il Governatore di allora era un carissimo amico di famiglia e mi invitò in Misericordia per dare una mano. Poi ho trovato un gruppo affiatato di ragazzi che era parte attiva della Misericordia, è così che ho cominciato. Non facevo servizio in ambulanza perché non mi piaceva, lo sto facendo ora da grande, ma prima mi occupavo delle altre attività. All’epoca non pensavo sicuramente che mi sarei ritrovato in mano la gestione della Misericordia, non era questo il mio intento, però per servizio si fa anche questo. Finché ci riesco, io continuo. La soddisfazione più grande non è farti riconoscere dagli altri, ma sapere che il tuo tempo è stato speso bene, e questo è ciò che ti tiene legato alla Misericordia per sempre. Chi incontra la Misericordia nella sua vera essenza non la lascia più, anche quando cambiano le esigenze e le possibilità di tempo da poterci impiegare. La Misericordia ti rimane dentro perché è qualcosa di diverso da una semplice associazione, è uno stile di vita e tu, se ci credi veramente, non puoi farne a meno.»

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