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martedì, 19 Marzo 2024

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Raccolta oli esausti: a Castel Focognano, Bibbiena e Subbiano si aggiungerà anche Poppi. E l’amianto?

di Francesco Meola – Per comprendere quanto incida sull’ambiente lo smaltimento dell’olio alimentare esausto, bisogna dare uno sguardo alle cifre. Ogni anno, infatti, in Italia ne vengono prodotte circa 300.000 tonnellate (per un totale di quasi 5 Kg a persona) e questo scarto rappresenta una pericolosa fonte di inquinamento per tutto l’ecosistema dal momento che, creando una superficiale pellicola, raggiunge bacini idrici, fiumi e mari, impedendo l’ossigenazione dell’acqua e compromettendo l’esistenza di flora e fauna.
Ecco perché un corretto smaltimento di questa sostanza è necessario al pari di quello degli altri rifiuti. Tra l’altro, attraverso il corretto trattamento della stessa, è possibile ottenere nuove basi lubrificanti con caratteristiche chimico-fisiche e tecnologiche analoghe a quelle prodotte dal petrolio, ma meno inquinanti.

Una volta raccolto, infatti, l’olio vegetale esausto viene rigenerato per produrre bio­diesel o altri prodotti ed è utilizzabile per attività e prodotti di recupero come l’industria saponiera, i tensioattivi, i materiali grassi e i prodotti per l’edilizia. Si pensi che con 100 kg di olio alimentare esausto si possono ricavare circa 65 kg di olio lubrificante base rigenerato (circa il 25% del mercato complessivo degli oli base lubrificanti è costituito da basi rigenerate) e 20-25 grammi di biodiesel. L’Italia, peraltro, detiene il primato europeo nella rigenerazione dell’olio lubrificante usato con una percentuale che si attesta intorno all’88% delle quantità raccolte.

Numeri che tuttavia potrebbero crescere ancora, se soltanto si incentivasse un sistema di smaltimento più vicino ai cittadini. Fino ad oggi, infatti, nella maggioranza dei casi, coloro che volevano smaltire in modo coscienzioso gli oli utilizzati in cucina, dovevano recarsi negli appositi centri di raccolta e non sempre il compito si rivelava semplice.

Da un po’ di tempo a questa parte, però, le cose sembrano essere cambiate e così come in altre realtà nazionali, anche in Casentino sono comparsi su strada alcuni contenitori dedicati. Almeno al momento, però, a dotarsene sono stati soltanto alcuni comuni, come quello di Bibbiena, dove i cittadini possono contare già da diverse settimane su sei postazioni (Bibbiena Stazione, nei pressi del Centro Italiano di Fotografia di Autore a Bibbiena Alta, in via Poggetto Poderina, a Soci in via Vittorio Veneto, nell’area del Lanificio e a Partina). Altrettanti i contenitori installati nel comune di Subbiano, con postazioni site in via Barbiera presso il parcheggio ex “Io Bimbo”, in via Martiri della Libertà vicino alla Coop e in via Fantoni, nonché a Santa Mama (accanto alla ex scuola), Ca di Buffa e Castelnuovo.

Ma la prima cittadina della vallata, a provvedere in tal senso, è stata il comune di Castel Focognano, come racconta con orgoglio l’assessore alla manutenzione, Giuliano Pietrini.
«Siamo stati i primi a crederci e il tempo ci ha dato ragione, considerato che sono trascorsi sei mesi da quando abbiamo posizionato gli attuali contenitori e la risposta dei cittadini è stata talmente positiva che stiamo pensando di installare una postazione in ognuna delle nostre frazioni. Attualmente sono tre i punti di raccolta: il primo in piazza Mazzini, il secondo in viale Michelangelo accanto alla chiesa e ai giardini pubblici e un terzo in via Ponte Arno, prima di Pieve a Socana. È un provvedimento, questo, di cui siamo molto soddisfatti dal momento che siamo riusciti a rendere un servizio importante alla comunità senza gravare sulle casse dell’Ente, visto che l’amministrazione non ha sostenuto costi per la loro installazione».

I contenitori, difatti, vengono forniti da SEI Toscana, il gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani che, rispetto alla diffusione dei suddetti, ci ha tenuto a specificare in più di una circostanza, come sia compito delle singole amministrazioni comunali attivarsi per collocarli nel proprio territorio.
Per questa ragione abbiamo provato a metterci in contatto con altri sindaci del Casentino, come nel caso del primo cittadino di Poppi, Carlo Toni, il quale si è mostrato pronto a replicare sul proprio territorio quanto realizzato altrove.
«L’idea è sicuramente interessante, visto che attualmente i nostri concittadini sono costretti a recarsi all’isola ecologica per questo tipo di rifiuto ed è per questo motivo che mi sono già attivato per farne richiesta».

Ma oltre a quello degli oli esausti c’è un altro materiale il cui smaltimento rappresenta da sempre un grosso problema ed è l’amianto. Anche in questo caso SEI Toscana ha realizzato diversi accordi sul territorio regionale, ma nessuno con i comuni della vallata.
«Fino a qualche tempo fa la questione era gestita dalla Casentino Servizi che forniva anche dei kit per la rimozione in proprio dei piccoli quantitativi, ma da quando è confluita nell’attuale Sei Toscana, le regole sono cambiate – ci spiega al riguardo il primo cittadino di Poppi, che aggiunge: – attualmente si può usufruire di questo servizio soltanto nei comuni in cui sussiste un’apposita convenzione con la ditta incaricata, ma nel nostro caso, per il momento, quest’accordo non c’è anche se stiamo valutando di aderire quanto prima al protocollo in questione. È nostra intenzione porre finalmente un freno all’abbandono su strada di questo pericoloso materiale».

Una inziativa, quest’ultima, che ha registrato consensi in diverse realtà regionali, come nel caso del comune di Grosseto o, per restare alla nostra provincia, quelli di Arezzo, Loro Ciuffenna e Terranuova Bracciolini, nei quali Sei Toscana fornisce i kit per l’auto-rimozione consentendo agli utenti di combinare una corretta gestione nello smaltimento dell’amianto a una modalità sostenibile economicamente.  Il tutto, ovviamente, anche grazie al contributo delle Amministrazioni comunali che provvedono a farsi carico delle spese di trasporto e smaltimento del materiale.

Naturalmente parliamo di operazioni alquanto delicate e che spesso possono indurre a tentennamenti nel cittadino, timoroso di arrecare danni alla propria salute in caso di manovre poco accorte, ma la messa a disposizione di questi kit sembra aver riscosso un certo successo anche nel resto d’Italia. Tuttavia ancora molto resta da fare per venire incontro alle esigenze dei privati cittadini nella rimozione dell’amianto, soprattutto per i quantitativi più importanti e, da quanto siamo riusciti ad apprendere in rete, soltanto alcune regioni, come la Lombardia, hanno stanziato dei fondi ad hoc in favore di questi soggetti. Decisamente poco se si considera che in Italia vi sono oltre 200.000 edifici privati in cui è presente l’amianto e a pesare sulla faccenda concorre anche la penuria di impianti ai quali fare riferimento per lo smaltimento di questa sostanza: fino al 2018, infatti, le regioni dotate di almeno un impianto specifico per l’amianto erano solo 8 per un totale di appena 18 impianti sull’intero territorio nazionale.

Fortunatamente in Toscana, stando al quadro conoscitivo ancora in costruzione e ai dati della mappatura 2007-2013, la presenza di amianto negli edifici pubblici e privati non sembra registrare situazioni di pericolo grave, ma non per questo bisogna crogiolarsi sugli allori, soprattutto nel caso della provincia di Arezzo che, per presenza di amianto, in tutta la regione, risulta essere dietro soltanto a quella di Firenze.

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