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venerdì, 29 Marzo 2024

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Ricominciamo dal Parco

di Fiorenzo Rossetti – Ho letto molto di quel periodo storico chiamato “dopoguerra”: un doloroso e difficile momento in cui le difficoltà economiche, le ferite fisiche e psicologiche si accompagnavano alla consapevolezza di trarre insegnamenti dal tragico evento, per non ripetere mai più gli stessi errori e ripensare il futuro economico, sociale e politico.
Ma l’uso della metafora della guerra contro il Coronavirus, il nemico invisibile che oggi miete morti, feriti, problemi economici e sociali, è scorretto e ci fa distogliere l’attenzione dal vero problema legato alla fragilità del nostro attuale sistema sociale, economico, politico e ambientale.
Da questo periodo di confinamento nelle nostre abitazioni, in un tempo sospeso che viene visto come un importante esercizio di cittadinanza, ognuno di noi ha sognato di tornare alla normalità, alle proprie attività e, soprattutto, di stare all’aperto e camminare in qualche bel luogo naturale. Ma è proprio la normalità il problema!

Quello che abbiamo vissuto è una formidabile lezione per l’umanità ed è ora un obbligo interrogarsi sul nostro modello di sviluppo e sul nostro stile di vita, capace di scatenare le tanto drammatiche devastazioni che oggi investono le nostre esistenze.
Vi è, infatti, una stretta correlazione tra il costante incremento dell’invasione umana, del disturbo e del depauperamento dei sistemi naturali e la trasmissione di virus dagli animali selvatici all’uomo. Certo, anche il sistema dei grandi allevamenti intensivi rappresenta, in secondo luogo, una possibile via di contagio, direttamente legata alle strategie delle corporazioni agricole e dell’allevamento, responsabili della produzione industriale intensiva di proteine animali.
Eppure, in un simile contesto, qualcuno, anche tra i personaggi di vertice dell’organizzazione dei Parchi naturali italiani, riflettendo sul ruolo delle aree protette a fine emergenza, ancora si aggrappa all’auspicio di ritornare a quella che, fino a ieri, era la normalità e che ci ha condotto fino a questo punto che di normale ha ben poco.
Non posso non volgere il pensiero alla realtà di Parco a me logisticamente più vicina, il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi. Obbedire alle indicazioni della Federazione dei Parchi italiani, interpretando quale obiettivo primario di un Parco quello di “staccare” quanti più “biglietti turistici” per favorire il recupero fisico e psicologico post isolamento, oltre che economico, vorrebbe proprio dire non aver capito la lezione.

È questo il momento di elaborare una strategia economica, anche in favore dei territori, spesso fragili, racchiusi dentro i Parchi, che riattivi il sistema dopo questa pausa forzata: è importante, perciò, che la politica non commetta ancora gli errori del passato, nel tentativo di riguadagnare il terreno perduto, abolendo certe restrizioni ambientali.
In questo quadro di contrasto al Covid-19 e alle probabili, future, pandemie, non deve prevalere l’idea di concentrare l’azione sui soli mezzi di emergenza (che, tra l’altro, hanno dimostrato carenze enormi), ma ci dobbiamo focalizzare sulle cause dell’epidemia.
Il Parco delle Foreste Casentinesi dovrebbe farsi interprete di questa visione, incentrata su una maggior attenzione alla sostenibilità sociale, economica, politica e naturale. Il Parco ha, infatti, una grande responsabilità nella conservazione degli aspetti ambientali e naturalistici, primo passo per raggiungere un certo livello di resilienza.
Altra grande sfida, da affrontare con grande intensità, è quella di trasformare il Parco in un vero e proprio laboratorio di ricerca e messa in pratica di forme di produzione agraria e animale diverse da quelle attuali, in grado di determinare, da sole, simili pandemie, di modelli di indipendenza energetica e di forme più sostenibili, per una economia circolare e non d’impatto.
Un laboratorio-parco in grado anche di generare esempi virtuosi, educativi e di fattiva contribuzione al raggiungimento di una “pace” col nemico invisibile “Virus”.
Passata l’emergenza non dobbiamo smettere di guardare con ammirazione e pendere dalle labbra di medici e scienziati, ma occorre riscoprire l’importanza di formazione, ricerca e competenza, focalizzando l’attenzione sulle vere priorità per il Paese, per i cittadini e per il loro governo.

Ricominciamo quindi dal Parco, non pensandolo più come un valore naturalistico da sfruttare, ma ad un importante tassello di natura da conservare nel complesso puzzle globale delle aree naturali che possono salvare (parola sempre usata e che ora il Covid-19 ha fatto capire che non era retorica) la nostra stessa esistenza.
L’appello ai vertici del Parco Nazionale è di non piegarsi più a concessioni e deroghe, alle tirate di giacca, agli schemi politicizzati e alle nomine campanilistiche.
Per raggiugere questi obiettivi bisogna, però, imparare un’altra lezione dall’emergenza virus: non si può gestire nulla con impreparazione e improvvisazione… e soprattutto è necessario lasciare alle spalle l’epoca dell‘incompetenza.

(tratto da CASENTINO2000 | n. 318 | Maggio 2020)

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