di Anselmo Fantoni – Pensate ai cellulari, di solito dopo tre o quattro anni si devono cambiare. Le nostre auto, che tu voglia o no, dopo dieci anni le devi cambiare. Tutti i prodotti tecnologici, meccanici, elettronici hanno vite relativamente brevi. La società consumistica vuole, pretende che noi consumatori si resti tali per sempre, non a caso con la follia green c’è un preciso attacco alle abitazioni. Un tempo non era così, si costruivano castelli per sfidare i nemici e contrastare i loro attacchi, si elevavano chiese per collegarsi all’infinito, si costruivano macchinari solidi che duravano per generazioni.
Poi ci sono delle eccezioni, delle cose che vanno oltre il tempo, oltre la materia, oltre ogni immaginazione. Molte volte abbiamo parlato del Panno Casentino, abbiamo detto che questo prodotto è unico e irripetibile, avvolto dal mistero, semplice e complicato al tempo stesso. Ma come si fa veramente il Panno? In altri posti che non siano il Casentino hanno provato a farlo, ma nulla, fuori da Soci il Panno non vuol venire, il ricciolo pare difettoso, flaccido, inconsistente, solo da noi da vita a questo mitico prodotto che si nutre dell’acqua dell’Archiano e anche se prodotto con lane di bassa qualità riesce a mantenere intatto il suo fascino. Oltre all’acqua del fiume rubesto, c’è uno strano macchinario che sembra uscito da una fiaba, la rattina o rattinatrice, la macchina che arriccia il pelo del tessuto tirato fuori dalla garzatrice, un piccolo macchinario che è stato pensato e realizzato da Sisto Bocci e dai suoi meravigliosi meccanici nel 1906.
Da allora non si è mai fermato e il cuore della macchina è sempre li al suo posto ad arricciare il pelo con quasi 120 anni di onorato lavoro, ora fermo e silente perché l’azienda che utilizzava questo magico insieme di acciaio e storia è finita in liquidazione. La crisi del settore ha decretato il tramonto di questa ennesima esperienza imprenditoriale che nulla ha potuto contro la delocalizzazione tessile, la Rattina sta li ferma in attesa di ingurgitare pezze di lana e rigurgitare Panno Casentino come ha sempre fatto, di crisi ne ha viste tante, ma stavolta potrebbe lasciare la valle per sempre, potrebbe essere venduta a un cinese o ad un pakistano e noi perderemo per sempre il Panno del Casentino. Pensate Roma senza il Colosseo, Romena senza la Pieve, Poppi senza il Castello, Parigi senza la Tour Eiffel, questo sarà il Casentino senza la Rattinatrice, eppure molti di noi se ne fregano, non comprendono il reale rischio di perdere un patrimonio unico al mondo.
Le istituzioni latitanti, gli imprenditori assenti, in realtà qualcuno ha provato a salvarla, ma tutti gli sforzi compiuti fin ora saranno stati vani se il macchinario lascerà la nostra terra. Durante le elezioni, o al loro approssimarsi, siamo bombardati di promesse, i candidati sembrano essere colpiti da un’iperattività compulsiva, poi, passata la festa, gabbato lu santo. Ma un grido esce dal buio di una manifattura in agonia: «salvate il soldato… Rattina» e questa volta, grazie ad una congiuntura positiva, non saranno i dodici lavoratori che perderanno il lavoro ad essere il problema, sicuramente troveranno altre collocazioni presso aziende in perenne ricerca di collaboratori.
Questa volta il vero problema non è salvare una attività storica intorno a cui si è sviluppato Soci, se perderemo la rattina avremo perso il Panno Casentino per sempre, infatti, in 120 anni molte volte si è cercato di replicare il macchinario ma nessuno ci è riuscito. Possiamo vivere anche senza il Panno, senza il Parco delle foreste Casentinesi, anche senza l’Archiano, il mondo andrà avanti lo stesso ma saremo sicuramente più poveri, non certo in termini finanziari, anche se oggi tutto viene monetizzato, ma dal punto di vista culturale e anche spirituale; chi sa cosa penserà il buon Sisto Bocci, così criticato in vita, condannato alla damnatio memorie dopo la sua dipartita, che ci ha donato un prodotto unico al mondo e anche il macchinario giusto per realizzarlo.
Questo è l’ultimo atto di una storia complicata, fatta di grandi successi e periodi bui, costellata di grandi uomini e capaci artigiani, di invidie e gelosie, di gioie e dolori, se chi di dovere non avrà uno scatto d’orgoglio tutto ciò sparirà per sempre.
Sindaci casentinesi, consiglieri provinciali di vallata, Regione Toscana, Governo nazionale, imprenditoria locale e cittadini tutti dobbiamo almeno muovere un ditino affinché questo nostro inestimabile patrimonio sia salvato, il tempo delle chiacchiere è finito, ora è il momento di un atto coraggioso ed efficace. Tutto il resto è noia.



