di Federica Andretta – La storia ha il potere di renderci consapevoli di ciò che è stato, di farci riflettere sul nostro presente e soprattutto di riprogettare il nostro futuro. Un futuro incerto sì, ma che ci auguriamo possa essere migliore. Per non dimenticare. Come ci ricorda Dario Fo, «la cultura non si può ottenere, se non si conosce la propria storia». Conosciamo tutti gli orrori che hanno sconvolto il nostro Paese durante la Seconda Guerra Mondiale, ma non tutti forse conoscono le vicende storiche che hanno coinvolto la nostra vallata durante quel tragico periodo. Lontano forse ma che tanta bibliografia continua a ricordarci, come quella di Francesco Mattesini. Il suo ultimo libro “Testimonianze di guerra nell’estate del 1944 a Castel Focognano” è uscito da pochi mesi e noi abbiamo avuto il piacere di intervistarlo.
Può presentarci in generale il suo ultimo libro “Testimonianze di guerra nell’estate del 1944 a Castel Focognano”?
«L’idea di scrivere il libro mi è venuta alcuni mesi fa durante una mia visita a Castel Focognano, rivedendo gli stessi posti dove avevo trascorso da ragazzo otto mesi della mia vita (come sfollato da Arezzo con la famiglia) dopo il duplice bombardamento del 2 dicembre 1943. Una settimana dopo siamo arrivati a Castel Focognano, ospiti della sorella della madre di mio padre e là, tra tante peripezie, sono rimasto fino al 24 agosto 1944. In tutto questo tempo ho assistito a vari episodi di quella che ormai viene considerata una guerra civile, all’inizio non combattuta, perché sia i partigiani che i fascisti della zona (con parecchi sfollati di Rassina) erano parenti o amici e quindi fino al maggio 1944 non si sono avuti incidenti gravi. Poi tutto è cambiato con l’arrivo dei partigiani comunisti del Valdarno e soprattutto delle brigate “Garibaldi” di Firenze in una zona che non era di loro competenza, poiché sotto il controllo dei partigiani paramilitari del 3° Battaglione “Pio Borri”, comandato dal Capitano Raffaello Sacconi di Bibbiena. Qui mio padre Antonio, Maresciallo dell’Esercito (fino all’8 settembre 1943 in servizio a Roma presso il Comando Supremo delle Forze Armate italiane), dirigeva la Centrale Informazioni. È a questo punto che sono cominciati i combattimenti, a volte controproducenti perché portavano i tedeschi alle rappresaglie e all’uccisione di coloro che venivano considerati fascisti. Dopo la fucilazione a Talla del capo partigiano Licio Nencetti (di Foiano della Chiana) eseguita dai militi della Guardia Nazionale Repubblicana di Rassina per ordine del Comandante tedesco dell’Alto Casentino (che si trovava a Borgo alla Collina), i partigiani che erano nella zona di Carda, ma che non vi abitavano, la notte del 10 giugno giunsero a Castel Focognano alla ricerca di quattro uomini ritenuti fascisti. Dopo aver saccheggiato le loro abitazioni, incuranti dei pianti delle mogli e dei figli, rubando roba di valore (come oro e anche vestiti) li portarono al camposanto e li fucilarono assieme ad un cagnolino che aveva seguito il suo padrone. Questo fu il primo episodio che ci fece comprendere come oramai anche la zona di Castel Focognano fosse divenuta pericolosa. Un secondo tragico episodio si verificò il 4 luglio 1944 quando durante un rastrellamento tedesco nella zona di Ortignano furono catturati quattro giovani partigiani armati. Successivamente i tedeschi arrivarono a Castel Focognano sparando e ferendo tre uomini del paese. Poi tutti gli uomini che non avevano avuto il tempo di fuggire, compresi i miei parenti (tra il marito della sorella di mio padre e tre suoi cugini), furono messi al muro con le mani alzate proprio nel cortile del palazzo dove abitavamo, interrogati da tre ufficiali in una grande sala al primo piano del medesimo palazzo e poi rilasciati. Nel frattempo i tedeschi si erano dedicati all’accurata ricerca delle armi, tuttavia con noi si comportarono bene senza far del male a nessuno. Prima di andarsene, marciando verso Rassina, presero i quattro partigiani che avevano catturato precedentemente e, poiché erano considerati secondo il diritto internazionale franchi tiratori e quindi passibili di morte, li impiccarono a quattro piante lungo la strada sotto le finestre della camera della nostra abitazione da dove io vidi tutto. Ricordo ancora i pianti di mia madre e di mia nonna. Il 23 Agosto 1944 – dopo una serie di cannoneggiamenti notturni che investirono tutta la zona di Castel Focognano – arrivarono finalmente gli inglesi, accolti dall’entusiasmo della popolazione; così l’indomani ne approfittammo per tornare ad Arezzo a piedi seguendo il percorso Ponina-Salutio-La Zenna. Eravamo in quatto: io, mio padre, mia madre Giovanna e il mio fratellino Marcello, di appena tre anni. Proprio alla Zenna mio padre fece cenno ad una Jeep che ci stava sorpassando di fermarsi; alla guida c’era un capitano inglese. Mio padre, mostrandogli la sua tessera militare, gli chiese se potesse prenderci a bordo e accompagnarci per qualche chilometro in quanto eravamo tutti molto stanchi. Il Capitano si mostrò gentilissimo, un vero signore. Non solo ci fece salire sulla Jeep ma ci portò ad Arezzo (dove era diretto) fermandoci addirittura proprio davanti all’uscio di casa situato in Via Cavour n. 126. Quanto ho descritto furono alcuni degli episodi che sono rimasti fissi nella mia memoria e che ho descritto minuziosamente nel mio libro».
Ci parli un po’ di lei e della sua vita e di questa sua forte passione per la storia. Quando e come è nata? Che valore rappresenta per Lei?
«La mia passione per la storia cominciò quando avevo circa dieci anni, proprio dopo la fine della guerra, quando iniziai a leggere alcuni libri di mio padre riguardanti gli antichi romani e un annuario navale ma soprattutto dopo che un cugino di mio padre (ex della X MAS) mi regalò alcuni suoi libri di Marina, in particolare l’annuario navale del 1942 dove erano riportate tutte le unità militari del mondo con la descrizione di quelle che erano state affondate dagli italiani. Il valore che per me la storia rappresenta è dimostrato dai miei 30 libri, più di 100 saggi e altrettanti articoli, in gran parte stampati dagli Uffici Storici della Marina e dell’Aeronautica e di cui sono stato per 45 anni un fruttifero collaboratore. E questo, aggiunto al fatto che sono stato in servizio come impiegato civile allo Stato Maggiore dell’Esercito per 41 anni e sono conosciuto in tutto il mondo anche grazie ad Internet, mi ha dato e continua a darmi tante e grossissime soddisfazioni».
Lei, ha pubblicato, tra l’altro, molte altre opere storiche di rilievo riguardanti proprio la Seconda Guerra Mondiale. Come mai questo periodo storico in particolare?
«Delle pubblicazioni ho già detto; per il periodo storico particolare la mia scelta è stata ed è tutt’ora la Seconda Guerra Mondiale, in particolare le operazioni aeronavali di cui sono considerato uno dei massimi esperti mondiali. Mi sono dedicato particolarmente alle operazioni di guerra svolte dalla nostra Marina e dalla nostra Aeronautica, ma ho anche un’esperienza nei riguardi delle operazioni dell’Esercito sia dal punto di vista militare che politico. Non si possono trattare con obiettività le proprie attività di guerra, se non conosci anche quelle dell’avversario. La stessa cosa accade anche nel campo politico».
Scrivere un testo storico richiede sicuramente un notevole impegno e un grande lavoro preparatorio (e dunque tempo e ricerca) ma soprattutto tanta dedizione. Quali sono i passi e le procedure da seguire per organizzare la stesura di un’opera di questo tipo?
«In primo luogo occorre fare un’accurata ricerca nei testi storici per tenerti aggiornato su quello che scrivono gli altri. Mai lasciarti spiazzare in questo campo non consultando pubblicazioni nuove ed importanti. Ma in particolare occorre conoscere bene il materiale cartaceo che ti serve per realizzare il testo in un determinato archivio militare e nelle biblioteche specializzate nel ramo militare, come quella Militare Centrale (ubicata presso lo Stato Maggiore dell’Esercito) che frequentavo giornalmente, andando di persona a scegliermi i libri che di volta in volta mi servivano. Lo stesso facevo, per la grande fiducia che mi era accordata, nei tre Archivi delle Forze Armate per la scelta dei documenti. Sono arrivato a scrivere libri di quasi 1.000 pagine. Ma la cosa più essenziale è la grande passione che devi avere e a cui corrisponde la soddisfazione che hai quando capisci di aver raggiunto l’obiettivo che ti eri prefissato di realizzare. Gli elogi che ti arrivano portano ad impegnarti ancora di più».
Se dovesse scegliere uno dei suoi libri, quale Le è rimasto più nel cuore? O, comunque, quale di essi è stato più significativo per Lei? Quale ha richiesto un maggiore lavoro?
«Non saprei quale scegliere. Fra i tre libri che mi sono più cari, anche perché sono stati i primi che ho scritto, vi è “La partecipazione tedesca alla guerra aeronavale nel Mediterraneo (1940-1945)” in cui tratto minuziosamente di tutto l’aiuto che le forze armate germaniche ci hanno fornito per sostenere la nostra guerra aeronavale nel cosiddetto Mare Nostrum; un argomento che quando il libro è stato stampato (nel 1980) era stato sempre e volutamente sottovalutato tanto che alla Marina, conosciuto il mio libro, ci sono rimasti male, perché (giustamente) assegnavo ai tedeschi successi sulle navi nemiche che ritenevano fossero stati nostri. Nel 2005 il libro è stato ristampato dall’Editore Albertelli. Vi è poi il libro “Betasom. La guerra negli oceani” in cui tratto in modo esaustivo dell’attività dei sommergibili italiani in Atlantico e Oceano Indiano e di cui ne sono state stampate dall’Ufficio Storico della Marina due edizioni: la prima nel 1993, la seconda rivisitata ed ampliata (727 pagine) nel 2003. Ho consegnato una terza edizione (ancora più aggiornata) ma che non è stata ancora stampata per le difficoltà finanziarie dell’Ufficio Storico. Infine, il terzo libro è “La battaglia aeronavale di mezzo-agosto (1942)”, stampato nel 1985 ed aggiornato con una nuova voluminosa edizione nell’agosto 2019. Una copia di questo nuovo volume l’ho regalata al Signor Sindaco di Rassina, Lorenzo Remo Ricci, quando ci siamo conosciuti recentemente in occasione della delibera del Comune di Castel Fognano al mio libro “Testimonianze di guerra nell’estate del 1944 a Castel Focognano”».
Di cosa si sta occupando attualmente? So che sta collaborando con uno storico russo, esperto di sommergibili.
«Sì, Miroslav Morozov. Mi ha cercato recentemente dopo che aveva letto nella mia pagina del sito Academia Edu un mio articolo sull’attività dei sommergibili tascabili italiani CB nel Mar Nero durante gli anni 1942-1944. Essendo il maggiore esperto della Marina Russa nel campo navale – con particolare riguardo all’attività dei sommergibili sovietici – Morozov mi ha chiesto di instaurare tra di noi una collaborazione riguardante lo scambio di documenti e notizie che ci possono servire per i nostri prossimi lavori. In base alle notizie che Morozov mi ha fornito cancellerò il mio articolo per sostituirlo in Academia Edu con un testo molto più aggiornato».
Progetti per il futuro?
«Sto già lavorando per aggiornare il mio Libro “La Marina e l’8 Settembre”, stampato dall’ufficio Storico della Marina Militare in due Tomi nel 2002».
Concludiamo il nostro servizio con una frase di Claude Adrien Helvétius che ben sembra racchiudere in sé il valore più intimo e profondo contenuto nella parola “storia”. Una storia che non è costituita soltanto da episodi e date, ma che è fatta bensì di emozioni. Emozioni vissute in tutte le loro sfaccettature. «La storia è il racconto dei fatti, e i racconti sono la storia dei sentimenti.»