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giovedì, 1 Maggio 2025

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Jessica Beni e il suo progetto nato dal cuore

di Mauro Meschini – Crediamo che ognuno di noi faccia tesoro delle sue esperienze, anche quando queste possono apparire lontane tra loro. Questo è probabilmente più vero quando si raggiunge un’età più avanzata, ma può capitare che accada anche affrontando impegni in età giovanile. Ascoltando Jessica Beni, mentre racconta le caratteristiche del progetto che ha realizzato per la sua tesi di laurea, ci siamo resi conti che in questo caso sembra proprio che sia andata così.

Jessica Beni abita a Pratovecchio Stia e ha seguito un percorso di studi universitari presso l’Accademia Italiana di Firenze, conseguendo il diploma di primo livello in Designer, in precedenza aveva invece frequentato il Liceo di Scienze Umane a Poppi e, nel progetto di cui vogliamo parlare, non possiamo non vedere anche qualcosa di molto legato all’esperienza realizzata negli anni della scuola superiore. «Il progetto che conclude i tre anni di studio ho deciso di svilupparlo alla Casa Famiglia “Oasi di Sant’Annibale”, delle «Figlie del divino zelo» di Borgo alla Collina. La struttura, oggetto del progetto, adesso è utilizzata per accoglienza turistica, mentre nell’edificio più piccolo che si trova vicino, troviamo una comunità protetta in cui vengono accolte mamme con bambini. Il progetto prevede la creazione di una Casa Famiglia all’interno dell’edificio più grande, inizialmente nato proprio per essere un luogo dedicato all’accoglienza e alla cura, a cui ho dato il nome di «Homy», parola che in lingua inglese indica un luogo familiare e confortevole. Un luogo che ti fa sentire a casa…».

Così già dal nome si capisce la filosofia che segue il progetto? «Si, possiamo subito capire quale ambiente ci aspetta all’interno». Jessica Beni inizia a raccontare e descrivere il suo progetto mostrandoci i rendering che permettono di immedesimarsi pienamente in questi spazi rimanendo subito catturati per la loro ampiezza, per l’originalità delle soluzioni e per i giochi di colore che li rendono vivi, essi stessi elementi animati pensati e progettati per «creare un ambiente rivolto a garantire rispetto e valore alle donne e ai bambini provenienti da nuclei familiari problematici e accoglierli in un ambiente curato e armonioso. Gli interventi degli spazi interni di una Casa Famiglia non sono solo un intervento architettonico, ma un atto di cura verso le persone che vi abitano. Un ambiente ben progettato può influenzare positivamente il benessere psicofisico dei residenti, migliorarne la qualità delle interazioni sociali e promuovere un senso di sicurezza, appartenenza e crescita per la futura integrazione nella società».

Il progetto quindi prevede una struttura in cui sia organizzata, in un ambiente più grande, l’accoglienza per mamme con bambini? «Si, ho cercato però di creare anche alcune aeree che sono dedicate o completamente alle mamme o completamente ai bambini, per dare ad ognuno sia momenti di privacy, ma anche occasioni di crescita e per fare esperienze in autonomia. Questo anche perché si parla genericamente di «bambine/i», che potrebbero però avere età che vanno da zero a 18 anni…» Possiamo dire che un elemento che caratterizza questo progetto è il colore? «Ho cercato di valorizzare l’importanza dell’armocromia, della cromoterapia, dei colori, del benessere. Il colore è una componente importante nella progettazione degli spazi educativi dei bambini. Spesso si tratta di trovare la giusta combinazione di colori nell’asilo nido o nelle aule per creare l’ambiente di apprendimento più adatto a loro. Il blu aumenta la produttività. I toni freddi fanno sì che il corpo produca sostanze chimiche calmanti. Il rosso stimola l’attività cerebrale. Ma se usato in eccesso, può distrarre molto e spesso scatena la fame. Il verde è molto rilassante ed è associato alla natura, alla creatività e al pensiero fertile. Il giallo aumenta la concentrazione, ma può anche essere molto travolgente. La ricerca ha dimostrato che nei primi mesi di vita un neonato può vedere principalmente solo nei toni del nero, grigio e bianco. A tre mesi di età, la maggior parte dei bambini è in grado di vedere i colori, con una preferenza per i colori primari brillanti. A circa 6-8 mesi, la visione dei colori di un bambino è ben sviluppata. È durante questo periodo che dovrebbero essere introdotti nuovi colori…».

Ma oltre alla grande attenzione per la scelta dei colori dei diversi spazi hai potuto dimostrare le tue capacità anche nella progettazione di specifici elementi che arricchiscono questo luogo… «Durante l’ultimo anno accademico è stato indetto nella nostra università un concorso che aveva come tematica centrale «il gioco». Anche il mio progetto è stato scelto tra tutti quelli presentati. Nasce dai miei studi fatti in precedenza in cui ho potuto approfondire l’importanza che hanno i cinque sensi nella percezione del mondo da parte dei bambini. Si tratta di un tavolino sensoriale regolabile, denominato “Softly”, che permette la interattività del bambino. Ci sono giochi diversi, proposti seguendo il metodo di Maria Montessori, che possono coinvolgere. Inoltre la forma circolare permette anche la condivisione e la partecipazione contemporanea all’attività di più bambini. Ho pensato di inserirlo nella Casa Famiglia “Homy” come ulteriore attività che può essere svolta al suo interno».

Ma veniamo alla organizzazione interna degli spazi. Cosa possiamo trovare nei cinque piani di questo bellissimo edificio? «Abbiamo al piano più basso, leggermente seminterrato dalla parte che guarda la strada che attraversa Borgo alla Collina, lo spazio dedicato all’accoglienza con entrata che si apre verso la valle in direzione di Strada in Casentino. Subito si trova una reception, ma anche una stanza dedicata ai più piccoli che fa da filtro tra esterno ed interno. Qui troviamo anche lo spazio per la mensa, dove sono collocati dei tavoli componibili che possono avere forme e grandezze variabili grazie ai singoli moduli che si possono inserire dove necessario. Al piano superiore troviamo le due aeree autonome, dedicate alle mamme e ai bambini. Quella delle mamme può prevedere anche una maggiore privacy, mentre i bambini condividono un unico spazio aperto. In questo piano anche studi per professionisti come psicologo, logopedista, medico e infermiere. Al piano superiore si trovano 19 camere per i grandi e piccoli ospiti, spazi privati per dare intimità e tranquillità alle mamme e ai bambini, così da farli sentire il più possibile in un ambiente familiare. Salendo, il piano successivo rimane dedicato ancora a ricettività turistica, mentre all’ultimo piano si trovano gli spazi dedicati allo staff».

Ma questo progetto da dove nasce? C’è già qualcuno che lo potrebbe realizzare? «No, per adesso nessuno ci sta pensando. Io ho voluto impegnarmi in questo progetto perché questa struttura mi ha sempre colpito veramente tanto… È molto bella».

Invece, parlando di te, quali strade può aprire il percorso che hai fatto? «Adesso sono laureata sia in interni che in prodotto. Con questo titolo di Designer potrei contattare privati e seguire la progettazione di spazi e anche dei prodotti, come sedie, tavoli o altro. Oppure potrei collaborare con architetti, che generalmente seguono la parte più burocratica e meno quella artistica e progettuale. Sulla parte creativa potrei trovare spazi e la possibilità di affiancare altri professionisti…».

Comunque questa tua idea e queste tue intuizioni potrebbero essere ricollocate anche in altri edifici… potrebbe essere anche una tua specializzazione che fa tesoro del percorso formativo che hai fatto… «La filosofia che ho seguito potrebbe guidare altri progetti e certamente ciò che riguarda la parte sociale ed educativa a me piace molto. Progettare pensando allo sviluppo e alla crescita dei bambini e delle bambine e comunque al benessere delle persone. A spazi che possano favorire la conoscenza e l’incontro…».

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