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venerdì, 2 Maggio 2025

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Mister Sarri… da Stia!

di Francesco Benucci – Le panchine di Napoli, Empoli, Arezzo, Pescara, Grosseto, Verona, Perugia… ma prima di tutto e tutti… la panchina dello Stia! «Ti presento Vanni Bergamaschi, uno tra i migliori numeri 10 che ho allenato».
Nelle parole con cui Maurizio Sarri, nuovo allenatore del Napoli, presentò un suo ex giocatore ad un mister di lungo corso come Renzo Ulivieri, c’è già molto del personaggio in questione. In quel piccolo tassello di “provincia”, estrapolato da un contesto mondano come quello riguardante il conferimento del prestigioso premio Timone d’Oro, c’è lo spessore umano di chi, nonostante i successi e le luci della ribalta, non ha dimenticato i duri terreni delle categorie inferiori, di chi ancora ne respira gli umori e i sapori, di chi, con umiltà, ha fatto tesoro delle proprie origini e dei primi luccichii di una carriera che poi sarebbe approdata a palcoscenici luminosi. Insomma, se è vero che un tempo i grandi personaggi, come Leonardo da Vinci, venivano designati accostando al nome l’indicazione del loro suolo natio, allora non faremo torto a nessuno se parleremo, con giustificato orgoglio, di un “Sarri da Stia” perché è indubbio che il tecnico è originario di Vaggio ed è nato quasi per caso a Napoli, eppure il comune dell’Alto Casentino ha un ruolo imprescindibile nella sua carriera; è proprio in questo contesto che, per riallacciare le fila di una storia iniziata agli albori degli anni ’90, emerge la figura di quel Vanni Bergamaschi presentato in pompa magna a Ulivieri.
E se la definizione di grande numero 10 contiene, con buona pace dei vari Saponara, Tavano, Hamsik, un lusinghiero giudizio tecnico, tuttavia ciò che più si evidenzia è un rapporto di amicizia e stima reciproca sorto, tra l’altro, in circostanze imprevedibili: infatti il primo contatto tra i due è nelle vesti di avversari sul campo… e che avversari! Vanni mette la sua fantasia e le sue giocate a disposizione della compagine dello Stia, Sarri invece si disimpegna come difensore nella Castelnuovese distinguendosi per grinta e cuore e compensando una tecnica non eccezionale con notevoli doti fisiche ed agonistiche; entrambi sanno come farsi sentire e come incidere sulla partita anche se uno è deputato a costruire trame di gioco, l’altro, da buon mastino della retroguardia, a distruggerle. Caso vuole che gli “antipodi” si incontrino come compagni di squadra nella stagione successiva (1990-1991) in maglia viola e da questo frangente all’apparenza ininfluente si dipanerà una storia incredibile che porterà Sarri dal caratteristico campo di Stia incastonato tra l’Arno e il verde lussureggiante del Parco del Canto alla Rana… alla bolgia del San Paolo!
Il feeling tra Vanni e Sarri è immediato anche perché la carta anagrafica li designa come i senatori del gruppo cui spetta il compito di trascinare i compagni più giovani; purtroppo l’inizio del campionato non è dei migliori sia a livello individuale, soprattutto per un Sarri che, afflitto da persistenti dolori all’inguine e alle ginocchia, gioca poco; sia a livello di squadra tanto che dopo le prime insoddisfacenti sette/otto partite la dirigenza dello Stia decide di allontanare il mister Casadio. È qui che Vanni, anche in ossequio ai gradi di capitano, “scende in campo” e propone al presidente come tecnico quel compagno di squadra così carismatico e rispettoso degli impegni presi da farsi puntualmente 80 km per presentarsi ad ogni allenamento anche quando i già citati dolori lo costringono ai box.
Colpite da tanta abnegazione e persuase dai consigli dello spogliatoio le alte sfere viola danno il loro assenso e quel «Perché non alleni tu?» rivolto da Vanni all’amico Maurizio segna l’inizio di una bellissima storia professionale e umana. Per lo Stia si apre un periodo surreale e indimenticabile in cui il nuovo allenatore – giocatore mostra, sin da subito, carattere e competenza: vede la luce in questi frangenti il Sarri puntiglioso e certosino che poi avremmo imparato a conoscere, quello che si è meritato il soprannome di “mister 33” per l’elevato numero di schemi elaborati soprattutto sulle palle inattive o ancora quello dei droni utilizzati per riprendere dall’alto i movimenti dei suoi giocatori. Infatti, già al debutto, Sarri si affida a carta e penna, inizia a prendere appunti e… non smetterà più. Scrive qualsiasi cosa, “scova”, non si sa dove, nuovi schemi su calcio da fermo, inaugurando quello che sarà poi un suo tratto distintivo, e li fa provare per ore agli allenamenti per la “disperazione” di Vanni e compagni!
Ma soprattutto, nella seconda categoria dell’epoca, quando nessuno o quasi si preoccupava di studiare gli avversari, va controcorrente mandando ogni domenica un supervisore a vedere la partita della prossima squadra da affrontare con l’incarico di ricavarne una descrizione a dir poco meticolosa: così, prima di ogni match, questo giovane mister con le idee già così chiare, con una passione anomala e con una cultura del lavoro innata, chiude i suoi nello spogliatoio per ben due ore descrivendo per filo e per segno i rivali di giornata, dallo stile di gioco al modulo senza dimenticare le peculiarità di ciascun giocatore avversario compresi altezza, peso, età, piede utilizzato per calciare.
Per gli stiani il frutto di queste osservazioni si traduce in un vantaggio enorme da sfruttare nei 90 minuti, ma il cambio di registro lo percepisce anche il sempre caloroso pubblico di casa che, leggende paesane, volevano assiepato sulle tribune anche per osservare la bellissima moglie del nuovo allenatore, ma che in realtà stava vedendo sbocciare sotto i propri occhi un raro esempio di classe operaia destinata, dopo tanta gavetta, ad andare in paradiso. E a proiettarlo in cotanto paradiso pallonaro ha contribuito proprio quell’esperienza casentinese e quella provvidenziale intuizione targata Vanni Bergamaschi, lo stesso Vanni che, oltre ad essere un’insostituibile fonte di informazioni su quel magico periodo, resta amico e confidente di un Sarri che non manca di ricordargli i suoi meriti per aver dato il là alla sua carriera e che non perde occasione per incontrarsi col suo compagno di vecchia data: e se ai tempi del “calcio giocato” i due si trovavano a meraviglia anche perché fumavano tantissimo, col numero 10 che si poteva accendere una sigaretta anche nell’intervallo della partita o sotto la doccia e col roccioso difensore che non era da meno; oggi è più facile vederli scherzare a Stia davanti ad un piatto di tortelli da “Loris” o, fino a qualche mese fa, al campo di allenamento dell’Empoli con Vanni ad osservare un Sarri sulla cresta dell’onda con la stessa passione ed entusiasmo di vent’anni or sono e magari a carpire qualche segreto da trasmettere ai ragazzini visto che, anche il fantasista nostrano, ha scelto la via della panchina dedicandosi ai più giovani.
D’altronde, occorre ribadirlo, l’ammirazione con cui non si può che guardare alla parabola di Sarri non è dettata solo da spirito “partigiano” ma deriva anche da un’umiltà e da una serietà che le luci della ribalta non hanno scalfito e che sono fuori dal comune: lo conferma anche un grintoso marcatore come Federico Ugolini (verrebbe da dire… parola alla difesa!) che, oltre alle scrupolose e proficue informazioni fornite di volta in volta sugli avversari, ricorda gli inusuali, per i tempi, allenamenti di rifinitura del sabato mattina: le suddette sessioni costringevano i giocatori provenienti da Arezzo o dalla provincia di Firenze a pernottare nel comune casentinese il venerdì sera ma, grazie alle cene svoltesi in queste occasioni, non solo preparavano a dovere tutto il team, ma cementavano anche lo spirito di gruppo.
Lo stesso spirito di gruppo emerge dalle parole di Vanni: «Maurizio è una persona stupenda, un grandissimo allenatore, merita la panchina del Napoli, è la dimostrazione che il lavoro, il sacrificio e la passione pagano sempre», e da un legame sempre vivo e che consiste in inviti a premiazioni e conferenze, dove Sarri può intrattenersi a parlare mezz’ora di palle inattive comprese le rimesse laterali e il calcio d’inizio, o in occasioni di incontro particolari come un’amichevole tra le prime due squadre allenate dal nostro (Stia e Faellese) promossa l’anno scorso per celebrare la sua promozione in Serie A con l’Empoli.
Insomma l’Italia ha una grande tradizione di allenatori e i Casentinesi, alla luce di quanto detto, dovrebbero essere orgogliosi se a rinverdirne i fasti fosse un mister serio e preparato ma soprattutto un uomo verace e leale come Sarri… da Stia!
(da CASENTINO2000 – nr. 261)


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