Dalla rubrica “Volare senza ali” curata da Martina Naccarato, vi raccontiamo di Emily una meravigliosa bambina dai boccoli biondi. A parlarci di lei sono proprio i suoi genitori, che si sono gentilmente offerti di raccontare la sua vicenda a tutti i lettori di CASENTINO2000, di come loro figlia, affetta da acondroplasia, ovvero, nanismo, vive la vita quotidiana.
“Fu all’ottavo mese di gravidanza che i medici dissero che la mia creatura sarebbe stata affetta sa questa malattia genetica e per questo, mi proposero addirittura di abortire.” Dice la mamma di Emily.
Innanzitutto, è importante sapere, che il primo anno di vita di un qualsiasi individuo acondroplastico è identico a quello di tutti i soggetti cosiddetti normodotati; tant’è vero che quasi nessuno si rende conto del problema inizialmente, come ci spiega la mamma: “Infatti, noi abbiamo cominciato a fare i conti con le diverse difficoltà quotidiane che la nostra piccola affronterà per il resto dei suoi giorni, solo dopo esserci messi in contatto con associazioni di genitori che hanno bambini con la stessa patologia che ha Emily.”
A soli due anni, non solo la bimba viene operata d’urgenza, perché il suo forarum magno è troppo stretto, ma contemporaneamente, compaiono anche le prime difficoltà respiratorie. Emily dev’essere costantemente monitorata e oltretutto, necessita di una fisioterapia specifica e costante.
Nonostante i numerosi interventi chirurgici subiti e i diversi ricoveri ospedalieri ai quali è stata sottoposta, la nostra piccola guerriera vive una vita serena, è molto intelligente, allegra e benvoluta da tutti. “Noi genitori dobbiamo aiutarla a trovare il proprio equilibrio interiore, a farle capire che è un individuo come tutti gli altri ed infine, che, avere un handicap, non significa né dover smettere di vivere in né tantomeno di sorridere.”
È difficile ammetterlo, ma inutile nasconderlo, dovete sapere che spesso, sono proprio i genitori di persone con disabilità che impiegano più tempo ad accettare la realtà e, spesso, lo fanno solo quando i loro figli l’hanno già fatto da un bel po’, anzi in moltissimi casi, sono loro stessi, che semplicemente facendo o quantomeno provando a fare ogni azione quotidiana con il sorriso sulle labbra, riescono a far capire alla loro madre e al loro padre che dover fare le cose con tempi e con modalità diverse da quelle che molta gente considera “normali“, non significa non poter essere felici e non poter regalare delle gioie ai propri cari.
Man mano che Emily crescerà, dovrà cercare di trovare il modo giusto per affrontare le sfide di ogni giorno, ma per fortuna, la volontà non le manca. “È vero che pur avendo quattro anni, è costretta ad indossare ancora i pantaloni che, solitamente, indossano i bimbi di sei mesi, che le sue scarpe sono minuscole, porta il numero 22, che quotidianamente indossa una particolare tuta utile a ridurre le conseguenze della sua lordosi e della sua cifosi, ma questo non vuol dire che non sia grintosa, tenace e pronta a perseguire i suoi piccoli grandi obiettivi quotidiani e non.” Ci dice la mamma che continua: “Inoltre, è innegabile che le difficoltà che nostra figlia incontrerà, purtroppo, saranno diverse e di vario tipo, ecco perché, ad esempio, nel bagno di casa nostra abbiamo dovuto creare un piccolo spazio contenente un lavandino inserito dentro ad una sedia e circondato da sgabelli che consentono ad Emily di raggiungere l’altezza necessaria per potersi lavare mani e viso nel lavabo che utilizziamo anche noi ogni giorno. Beh, non è finita qui, c’è anche il problema di riuscire ad aprire le porte al quale noi però, abbiamo già trovato una soluzione, mi spiego meglio: per abbassare l’altezza delle maniglie delle porte è stato sufficiente porre delle corde sulle stesse, cosicché semplicemente tirandole, la bimba riesca a spalancare le soglie.”
Mauro Marcantoni, uomo non vedente, autore del libro “Vivere al buio – la cecità spiegata ai non vedenti” scrive che: “Il migliore approccio alla diversità, qualunque sia la sua natura, è quello di riconoscerla in quanto tale, attribuendole un valore positivo, considerandola una risorsa, un segno distintivo che non uniforma alla massa degli slogan “siamo tutti uguali”, né discrimina in senso negativo e dispregiativo “i poveri handicappati”. La società fatta per i “normali” tutto d’un tratto diventa una barriera, resa ancor più insormontabile da comportamenti individuali e istituzionali che si moltiplicano, per ignoranza o per distrazione, difficoltà e ostacoli. E proprio nel momento in cui avresti maggiore bisogno di appoggio e comprensione. Non è retorica e nemmeno esagerazione. Lo studio della percezione sociale dell’handicap comprova in modo piuttosto netto queste parole: i sentimenti dei “normali” oscillano tra la partecipazione umana e la paura, per cui costruire una relazione con le persone con disabilità risulta difficile per un’alta percentuale della popolazione”.
La storia della piccola Emily ci dimostra che niente e nessuno riuscirà mai ad infrangere i sogni di chi ha voglia di vivere una vita piena di gioia e d’amore, anche a costo di dover lottare ogni giorno.
(tratto da CASENTINO2000 | n. 276 | Novembre 2016)