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martedì, 6 Maggio 2025

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La donna: padrona o prigioniera del proprio corpo?

di Denise Pantuso – Perché parlare del corpo della donna? Perché esiste uno stretto legame tra i due, un legame che si struttura intorno all’immagine come ci insegnano su un piano sociale i mass media e come dimostrano nella psicopatologia i disturbi alimentari e le dismorfofobie. Il legame corpo-donna è un legame che si struttura intorno al dolore fisico come la donna spesso lamenta. Mal di testa, dolori alla pancia, tensioni muscolari o dolori diffusi nel corpo sono una costante nella vita della donna. E dell’importanza di questo legame Sigmund Freud si era accorto tanto che è proprio attraverso di esso che ha fondato la psicoanalisi. La donna dei tempi di Sigmund Freud, l’isterica, ha ispirato tante riflessioni sulla psiche proprio perché il suo corpo che manifestava un sintomo, ad esempio una paralisi, era in grado curarsi attraverso le parole, parole mirate e significative. Il corpo della donna nella contemporaneità, una contemporaneità che non attribuisce più un significato alla parola, è un corpo che tende ad ammalarsi di più, o meglio è un corpo che spaventa di più tanto che è ragionevole chiedersi “La donna è padrona o prigioniera del proprio corpo?” E ce lo dobbiamo chiedere anche alla luce del fatto che oggi la donna non deve avere solo un corpo bello, cioè come la televisione e le riviste ci propongono, ma lo deve avere anche sano.

Avere un corpo “sano” significa esporre il proprio corpo a diete, assunzione di vitamine, stile di vita salutare o rivolgimento a discipline naturali…insomma ancora nuovi saperi sul corpo che non passano dall’esperienza della parola, del suo significato ma dalla biologia. Non passano da come si è costruito il corpo. Secondo il pensiero dello psicoanalista Jaques Lacan il corpo è diverso dall’organismo. L’organismo è tutto ciò che riguarda la fisiologia, cioè il funzionamento degli organi, del sistema nervoso etc, ciò di cui si occupa la medicina con i suoi tanti orientamenti. Il corpo invece è l’effetto della parola sull’organismo, è il fatto che la biologia per mezzo del linguaggio e delle parole prende significato, non può essere più solo biologia. E’ come se il nostro corpo porta dei nomi incisi, delle parole che stabiliscono il significato di ciò che ognuno fa nella vita. Parole e nomi che portano con se anche l’insorgenza della patologia. Questi nomi e queste parole non vengono considerate dalla cura medica.

Ma il neurobiologo Jean-Pierre Changeux, premio Wolf per la medicina, al termine del suo libro L’uomo neuronale concluse dicendo che per quanto le soluzioni alla patologia si trovino nel funzionamento dei neuroni questo non è sufficiente alla guarigione. Una risposta più esaustiva va trovata anche attraverso la parola. E cosa c’è di più naturale della parola? Con parole diverse Mariella Castrillejo nel libro Corpi ipermoderni ribadisce il concetto di J.P. Changeux scrivendo “Nell’attualità il corpo è più scritto che parlato, (…) I corpi ipermoderni sono corpi silenziosi…”. Silenziosi nel senso che la cura non si interessa ai contenuti e storie soggettive ma si interessa della parola della scienza. Ecco che ogni soggetto rimane muto sul proprio sapere e si fa parlare solo dai saperi delle scienze. J.P. Changeux stabilisce che servono invece entrambe.

Nella contemporaneità il dolore è trasmesso sempre più da eventi di corpo: attacchi di panico, anoressie e bulimie, obesità fin dall’infanzia, la chirurgia estetica, la violenza sul corpo delle ragazze attraverso i tagli come nell’adolescenza contemporanea, sofferenze dell’area sessuale, malattie organiche sono sempre più comuni e non possono che far interrogare sul posto del corpo della donna nella società ma anche sul posto del corpo per la donna stessa. Questo corpo di cui si parla è il corpo che Jaques Lacan definisce “reale” cioè quel corpo “posseduto dal dolore che mette al muro il soggetto…” (Mariella Castrillejo, Corpi ipermoderni).

Dott.ssa Denise Pantuso, psicologa e psicoterapeuta specializzata su individuo, coppia e famiglia

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