di Beatrice Boschi – Ti è mai capitato di aprire il frigorifero senza davvero avere fame? Di cercare qualcosa di dolce dopo una giornata stressante o di rifugiarti in uno snack salato per scacciare la noia?
Se la risposta è sì, potresti aver sperimentato quella che viene chiamata fame emotiva. La fame emotiva non nasce da un reale bisogno fisico di nutrimento, ma da un bisogno psicologico. È una risposta del nostro corpo (e della nostra mente) a emozioni come stress, ansia, tristezza, noia, solitudine o anche felicità. Il cibo diventa così una sorta di “coperta di Linus”, una strategia di consolazione che ci fa sentire, almeno per un momento, al sicuro.
Come riconoscerla? Distinguere la fame emotiva da quella reale non è sempre facile, ma ci sono alcuni segnali utili per imparare a farlo:
– Compare all’improvviso e con urgenza: mentre la fame fisica arriva gradualmente, quella emotiva esplode di colpo. – È molto specifica: desideriamo un cibo particolare, spesso ricco di zuccheri o grassi (cioccolato, patatine, dolci…). – Non si placa facilmente: anche dopo aver mangiato, non ci sentiamo soddisfatti. – Porta con sé sensi di colpa: dopo aver mangiato “emotivamente”, spesso ci sentiamo in colpa o frustrati. Perché succede?
Il cibo attiva nel cervello circuiti del piacere e del benessere, stimolando la produzione di dopamina e serotonina, neurotrasmettitori che ci fanno sentire meglio. Non a caso, i “comfort food” sono spesso legati a ricordi d’infanzia o a momenti sereni del passato. Tuttavia, se questa modalità diventa frequente, può creare un circolo vizioso: mangiamo per gestire un’emozione, poi ci sentiamo in colpa, e per gestire quel senso di colpa… torniamo a mangiare.
Un meccanismo che nel tempo può influire negativamente sul nostro stato di salute, sul peso corporeo e sul rapporto con il cibo.
Cosa possiamo fare? La buona notizia è che uscire da questo schema è possibile. Ecco alcuni consigli pratici per iniziare: 1. Fermati un momento prima di mangiare e chiediti: ho davvero fame o sto cercando di riempire un vuoto emotivo? 2. Tieni un diario alimentare-emotivo: annota non solo cosa mangi, ma anche come ti senti prima e dopo. Ti aiuterà a notare schemi ricorrenti. 3. Cerca alternative al cibo per gestire le emozioni: una passeggiata, una telefonata a un amico, un po’ di musica, un bagno caldo. 4. Impara ad ascoltare il tuo corpo: riscoprire i segnali della fame e della sazietà è il primo passo per un rapporto più equilibrato con il cibo. 5. Non giudicarti: capita a tutti di mangiare per consolazione. Accorgersene è già un grande passo verso il cambiamento.
Un valido aiuto arriva dalla “mindful eating”, ovvero il “mangiare consapevole”: una pratica che insegna a essere presenti mentre si mangia, senza distrazioni, ascoltando davvero il proprio corpo. Significa rallentare, gustare ogni boccone, riconoscere la sazietà e, soprattutto, trattarsi con rispetto. Non si tratta di seguire una dieta rigida, ma di recuperare un rapporto sano e sereno con il cibo, che torni ad avere il ruolo che gli spetta: nutrirci, darci energia e – perché no – anche piacere, ma non diventare un rifugio costante per gestire le emozioni.
In conclusione, la fame emotiva non è un nemico da combattere, ma un segnale da ascoltare. Ci dice che qualcosa dentro di noi ha bisogno di attenzione. Imparare a distinguere i bisogni del corpo da quelli della mente è un atto di cura verso sé stessi. E in un mondo che corre veloce, fermarsi a prendersi cura di sé, anche a tavola, è già un gesto rivoluzionario.
Dott. SSA BEATRICE BOSCHI Biologa e nutrizionista, beatrice.boschi@virgilio.it – tel. 347 8482948
(ESSERE L’Equilibrio tra Benessere, Salute e Società)