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giovedì, 8 Maggio 2025
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«La Nostra Storia Camminando» I cartelli che spiegano il Casentino #8: Pezza

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di Giorgio Innocenti Ghiaccini – A Pezza è documentato uno spedale nell’anno 1171: “[…] et committunt hospitalem suum pos. in publicam stradam in avocabolo Petia q. edificavit Vernaccio et nunc est custos et rector […]” (Reg Cam.). Al tempo dell’imperatore Federico, nell’XI anno del suo impero, Spinello figlio del fu Munaldo, Ugo, Rainerio e Guelfolino fratelli e figli di Guelfo e Guideramo figlio del fu Bernardino (tutti dei Signori Berardi di Banzena) donarono, consegnarono, offrirono e affidarono alla Badia di S. Maria di Prataglia il loro spedale posto sulla via pubblica lastricata (stradam) nel luogo chiamato Pezza. L’ospizio fu costruito da Vernaccio e a quel tempo ne era custode e rettore.

Un centinaio di metri sopra Pezza esiste ancora un tratto di lastricato sicuramente antico dove la strada curva e dove non sono mai passati trattori carichi di legname che l’avrebbero rovinata. In una casa di quel villaggio si può notare una porta, tipica delle case torri, che era impostata a un’altezza di circa tre metri da terra. Era il sistema per proteggersi dai malintenzionati. La sera si ritraeva una scala in legno e, una volta chiusa la porta, si rendeva impossibile l’accesso ad eventuali malintenzionati.

La chiesa di S. Clemente, fu visitata pastoralmente dal Vicario del vescovo Cardinal Francesco Armellini il giorno 10 giugno 1521 e fu trovata molto vecchia, ma in buone condizioni. Ne era rettore Ser Nicola ed era annessa alla chiesa di Fignano e avevano il calice in comune. Pezza aveva circa 50 anime che facevano tutte la comunione (Visite pastorali, Vol. II,). La chiesa, danneggiata nella seconda guerra mondiale, fu riparata e ruotata di 180°.

Questa è l’ultima località del Comune di Chiusi ricordata negli atti antichi lungo la via Romea. Con Giona entreremo nel Comune di Bibbiena.

Giro in Bici: da Soci si sale fino al mistico Eremo di Camaldoli

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di Marcello Bartolini – Le prime avvisaglie di primavera si dovrebbero cominciare ad intravedere, anche se il mese di marzo si potrebbe dimostrare come al solito decisamente variabile ed alternare giornate limpide ad altre che ricordano da vicino quelle del pieno inverno. Confidando in un clima mite, questo mese ho preparato un giro abbastanza impegnativo che si inerpica nel cuore delle foreste casentinesi.

Base di partenza Soci, nonostante il rifacimento della piazza principale non mancano i posti dove parcheggiare l’auto, partiamo da piazza dell’Orologio, testimone di quello che fu il lanificio di Soci con le sue centinaia di lavoratori; un pensiero al glorioso passato ed alle attuali difficoltà di questa storica manifattura e poi pronti a partire.

Percorreremo la ciclabile sino a Partina per evitare almeno un po’ di traffico, per imboccarla andiamo in direzione di Marciano, una volta attraversato il ponte sull’Archiano subito a sinistra prendiamo la ciclabile. Arrivati a Partina usciamo dalla ciclabile attraversando di nuovo il torrente sul ponte, evitiamo così il tratto più difficoltoso del percorso ciclabile che riprenderemo in seguito. Alla chiesa di Partina andiamo in direzione di Badia Prataglia, qualche chilometro di asfalto e poi, a Ponte Biforco, svoltiamo a sinistra verso Castagnoli e ci aspetta un tratto sterrato in salita abbastanza impegnativo. Si arriva sino a Castagnoli dove, prendendo il sentiero sulla destra, si va verso Camaldoli, un primo breve tratto di salita molto impegnativa che poi diventa un saliscendi abbastanza piacevole sin quasi al Convento dei Camaldolesi.

Raggiungiamo quest’ultimo e lo costeggiamo sul lato posteriore, quello in cui si trovano le cucine ed arriviamo sulla strada principale, di fronte abbiamo quella che quasi tutti chiamano “la corta” dell’Eremo; si tratta di una strada molto stretta ma asfaltata che presenta pendenze importanti, se qualcuno non se la sentisse può raggiungere l’Eremo attraverso la “lunga”, con un percorso decisamente meno impegnativo. Saliamo dalla “Corta”; ci aspettano salite piuttosto difficili, armiamoci di pazienza e, se necessario, fermiamoci a riprendere fiato.

Arrivati al culmine della salita costeggiamo il laghetto Traversari che merita una pausa per qualche foto, poche centinaia di metri ancora e siamo all’Eremo, qui è possibile rifornirsi di acqua e, volendo, prendere qualcosa al bar prima di proseguire. Dall’Eremo andiamo a sinistra, dopo pochissimo si trova il bivio per Pratovecchio, saliamo sino a Battilocchio, la strada diventa piana e, dopo poco più di un chilometro, sulla sinistra troviamo l’ingresso al Sentiero dei tedeschi, un tratto piuttosto tecnico in discesa che ci porta sino ad Asqua dove imbocchiamo la strada sterrata verso sinistra sino ad incrociare la “lunga” dell’Eremo, qui andiamo a destra e poi di nuovo ancora a destra e siamo al “Montanino” dove, sulla sinistra, si prende la via del Corniolo.

Ci aspetta un tratto in discesa che permette di tirare un po’ il fiato. Qualche chilometro a valle, dopo l’incrocio per San Martino a Monte, troviamo l’incrocio per Lierna; chi fosse già stanco può proseguire dritto e, in pochi minuti, potrà essere di nuovo a Soci al punto di partenza. Noi invece proseguiamo a destra ed andiamo a Lierna che merita un passaggio lento per vedere il suo borgo caratteristico con la sua bellissima chiesa, da qui saliamo ad Avena dove prendendo a sinistra, un tratto di asfalto ci porta sino a Poppi, proseguiamo utilizzando la ciclabile dell’Arno ed arriviamo a Bibbiena, da qui, ancora lungo la ciclabile Bonconte da Montefeltro, ritorniamo a Soci per terminare il nostro percorso.

I custodi dell’ambiente

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Si è rinnovata, sabato 8 marzo, la raccolta di rifiuti lungo la SR71 organizzata da un gruppo di casentinesi. Un appuntamento che anche il nostro giornale ha sempre seguito con interesse, considerandolo un positivo e concreto esempio di impegno civico.
Ma lasciamo al promotore e animatore del gruppo, Roberto Agostini, il compito di raccontare e presentare i contenuti di questa bella iniziativa.

«Allora tutto è iniziato come al solito ritrovandosi davanti al Jogana bar di Stefano Vangelisti che, tra l’altro è uno dei partecipanti di questa giornata di chiaro contenuto ecologico. Anche quest’anno siamo riusciti ad essere un bel gruppetto, nonostante alcune assenze a causa di impegni sovrapposti ed altre assenze per infortuni vari, eravamo comunque in 7 amici di cui alcuni facenti anche parte della Communitas di Pratovecchio stia
Una volta pronti ci siamo divisi in tre gruppi e ognuno si è occupato di uno dei tre tratti in cui abbiamo suddiviso la strada che dalla rotonda di Pratovecchio raggiunge la rotonda di Porrena. Come nelle scorse edizioni avevamo previsto le solite e necessarie dotazioni: vale a dire il giubbottino alta visibilità, i guanti, i rampini per la raccolta e i sacchi condominiali per la raccolta dei rifiuti. In circa tre ore di lavoro abbiamo coperto l’intero percorso e, come sempre, abbiamo trovato veramente di tutto per una raccolta di circa trentacinque sacchi condominiali raccolti ed introdotti nei cassonetti comunali.
Dopo la raccolta ci siamo ritrovati al Jogana bar di Stefano per festeggiare la giornata con la soddisfazione di tutti per il risultato ottenuto, non tanto, come sempre, per la quantità di rifiuti raccolti quanto per il messaggio che, con le nostre azioni siamo riusciti di nuovo a trasmettere a tutti, iniziando da chi, percorrendo la strada in auto ci ha visto operare.
Con questo breve commento, ho il piacere di ringraziare tutti gli amici che con il loro aiuto mi hanno permesso di realizzare anche quest’anno questa giornata a mio avviso molto importante. Perciò ringrazio: Stefano Vangelisti, Giancarlo Migliorini, Iury Poggianti, Claudio Rossi, Laura Moneti e Riccardo Marescotti.
Grazie di nuovo ragazzi!!!».

Le persone e i servizi dell’Ufficio Coldiretti del Casentino

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L’Ufficio Zona Coldiretti del Casentino è strutturato per garantire una consulenza a 360° alle aziende agricole e non solo, i servizi che offre infatti sono di supporto degli agricoltori ed anche di tutti i cittadini che hanno bisogno di svolgere pratiche a cominciare dai servizi alla persona, ed ancora consulenza fiscale e nell’ambito del lavoro e delle paghe. La sua missione principale è quella di promuovere la crescita economica e sostenibile delle imprese. Vediamo insieme da chi è composto l’ufficio zona, chi sono le persone che ci lavorano e quali sono tutti i servizi che ne fanno oggi un punto di riferimento per il territorio locale.

1 Eliana Arrighi Segretario di Zona Eliana è un elemento chiave, con il suo lavoro trasmette quel senso di appartenenza e di valore d’uso che fa dell’organizzazione agricola la prima in Europa. Sul territorio mantiere i rapporti con le istituzioni e gli stakeholder. Fornisce assistenza e consulenza mirata alle aziende agricole, dall’avvio e per tutto il percorso di crescita e sviluppo.

2 Marco Bartolich Addetto Fiscale Marco si occupa degli aspetti fiscali legati all’azienda, dei servizi contabili alle imprese, di consulenza tributaria in ambito di fiscalità generale, agricola, operazioni straordinarie e riorganizzazioni societarie, assistenza al contenzioso tributario inoltre segue le successioni, servizio strutturato per tutti i cittadini che ne hanno bisogno.

3 Bianca Deodati Addetto Patronato Epaca Bianca svolge un ruolo di tutela per la difesa dei diritti delle persone e contribuisce al miglioramento della legislazione sociale, segue gli aspetti dei servizi alla persona, a cominciare dalla domanda di pensione, e ancora le malattie professionali, gli infortuni, l’invalidità civile, l’assegno unico e la previdenza per le aziende agricole.

4 Edi Gambineri Addetto Fiscale Edi assiste le aziende agricole e non solo per tutta la parte dichiarativa dei modelli 730, Unico e Imu garantendo assistenza qualificata nell’intero arco dell’anno a tutti i cittadini che ne fanno richiesta.

5 Cristina Giabbani Addetto Paghe Cristina fa consulenza mirata in materia lavoristica alle aziende agricole che assumono lavoratori (operai, impiegati, lavoratori occasionali) e alle famiglie che assumono lavoratori domestici.

6 Alessandro Innocenti Addetto Tecnico Alessandro si occupa di assistenza all’azienda agricola fornendo servizi specializzati e garantendo benefici previsti dalla regolamentazione comunitaria, nazionale e regionale.

La ricetta del mese: agnello al forno con patate

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di Anselmo Fantoni – Si affaccia la primavera e la disponibilità di agnelli ci ha ispirato per questa ricetta. L’agnello è forse l’animale più importante nella storia culinaria dell’uomo fino a sostenere una figura fondamentale in alcune religioni. Per la buona gestione del gregge, da cui trarre formaggi sopraffini, non possiamo mancare di far figliare le pecore, i maschi quasi tutti destinati alla tavola in quanto non produttori di latte, le femmine parte rilevate per il rinnovo del gregge e parte avviate anch’esse alle nostre tavole. Se poi si ha la fortuna di disporre di un agnello allevato da uno dei nostri bravi pecorai quindi non da allevamento intensivo il piatto sarà davvero una sicura esperienza sensoriale fantastica. In questo periodo possiamo trovare in dispensa, se ben conservate le ultime patate, noi abbiamo scelto quelle rosse per questo piatto. La fusione di questi due alimenti semplici e gustosi, impreziositi dagli aromi della nostra terra, danno origine ad un piatto che sa conquistare anche chi non ama molto il sapore dell’agnello, provare per credere.

Agnello al forno con patate Ingredienti Agnello 1 kg Patate rosse 1 kg, Cipollotti 1, Aglio 1, Succo di limone 1 Brodo vegetale 200 g, Vino bianco secco 80 g Timo 3 rametti, Rosmarino 2 rametti, Salvia 4 foglie Alloro 2 foglie, Bacche di ginepro 5 Sale fino q.b., Pepe nero q.b., Olio extravergine d’oliva q.b. Preparazione Per preparare l’agnello al forno con le patate vanno preparati dei pezzetti ben sgrassati, riponete i pezzi d’agnello in una ciotola capiente, spremete il succo di limone avendo cura di eliminare i semini, versate il vino bianco, le bacche di ginepro schiacciate, insaporite con l’aglio in camicia schiacciato e profumate con le foglie di alloro e salvia. Lasciate riposare la carne così che si insaporisca per almeno 2 ore. Nel frattempo lavate e asciugate il cipollotto, tagliatelo a strisce nel senso della lunghezza, poi dividetele a metà. Portate il forno a 200° in modalità statica e occupatevi delle patate: lavatele bene sotto l’acqua corrente e asciugatele. Tagliate a metà le patate e ponetele in una teglia da forno leggermente oliata, aggiungete il cipollotto e l’agnello con la marinata. Insaporite ulteriormente la preparazione con timo e rosmarino, quindi coprite con il brodo vegetale, condite con l’olio di oliva, salate, pepate, mescolate, quindi cuocete in forno statico 200° e lasciate cuocere per 1 ora e ½. A metà cottura, e solo se l’agnello dovesse risultare cotto prima delle patate, potete coprire la teglia con un foglio di carta alluminio per non far seccare troppo la carne. A cottura ultimata, l’agnello al forno con le patate sarà pronto per essere portato in tavola ben caldo. Se volete raggiungere la perfezione e siete dotati di un forno a legna potete aggiungere metà acqua e coprire con alluminio la teglia prima di infornare, a metà cottura scoprite e frugate spesso aggiungendo se necessario poco brodo vegetale. E buon appetito.

VINO CONSIGLIATO Trebbiano Spoletino Vigna Tonda 2017 Bianco DOC Antonelli San Marco Nella cucina del centro Italia, ma non solo, non può mancare la carne di agnello, di pecora o di montone, si va dallo scottadito agli umidi fino ai mitici arrosticini. Gli ovini hanno rappresentato una fonte inesauribile di proteine nobili anche conservabili sotto forma di ottimi formaggi e latticini. Le carni morbide e grasse hanno sapori decisi che a volte non incontrano il favore di gran parte dei commensali. I latini hanno fondato la loro economia e dal gregge ricavavano, oltre ai prodotti caseari, lana per il confezionamento dei tessuti insieme alle pelli, carni di varie consistenze, dalle pelli materiale per la scrittura, grasso per alimentare lanterne o lubrificare i mozzi dei carri. Nei primi del novecento abbiamo vissuto le ultime transumanze, greggi che si spostavano dalle montagne verso il mare nei periodi invernali alla ricerca di temperature più miti e di pascoli freschi. Oggi pochi pastori rimangono a tramandare questa nobile arte donandoci ancora prodotti caseari buonissimi e carni prelibate.

Per un piatto così apparentemente facile, unica difficoltà è gestire la cottura, abbiamo scelto un vino tanto antico quanto innovativo. Il metodo produttivo ritorna a lunghe macerazioni sulle bucce e la sua maturazione in anfore di terracotta ne fanno un prodotto veramente unico e interessante. Nel bicchiere rimaniamo colpiti dal suo giallo dorato con riflessi paglierini di grande vivezza e intensità. Al naso regala frutta come pera, albicocca e pompelmo, fiori gialli appassiti legati da una elegante speziatura di ginger con un finale di menta e salvia. In bocca regala piacevolezza setosa sostenuta dalla freschezza generosa e da una forte spalla sapida che dura lungamente con ritorno di agrumato e menta. Un vino complesso e affascinante che si fonde piacevolmente col piatto. La famiglia Antonelli gestisce questo piccolo angolo di paradiso in quel di Montefalco dal lontano 1883, oltre un secolo di lavoro incessante, Filippo, l’attuale condottiero ha le idee chiare, fare vini che valorizzino le varietà di uva seguendo la tradizione innovando quanto necessario per raggiungere la perfezione. Una visita in cantina vi renderà felici perché l’Umbria è una terra benedetta e i suoi panorami riescono sempre a stupirti e a toccarti il cuore.

Non è lontano e può essere agevolmente la meta di una gita fuori porta. Se poi volete assaporare i vini di Filippo a casa vostra insieme ad amici e parenti ricordate sempre di bere con moderazione per la vostra ed altrui salute, cosa veramente ardua da fare con questo vino. Corvus oculum corvi non eruet. 

Un “ponte blu” per le trote

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Nel tratto del Lungarno delle Monache a Pratovecchio, a monte del ponte di attraversamento stradale lungo la SP 73 della Consuma in corrispondenza di una soglia trasversale da ripristinare, la manutenzione ordinaria programmata   dal Consorzio di Bonifica 2 Alto Valdarno per la mitigazione del rischio idraulico, è stata realizzata in modo da garantire la continuità fluviale e, con essa, il benessere dell’ecosistema.

A rendere possibile l’operazione, l’accordo sottoscritto dall’Ente con la Regione Toscana, che ha permesso di investire i 10.000 euro di oneri ittiogenici, dovuti per legge, in un intervento studiato per consentire ai pesci che popolano il fiume di muoversi liberamente nelle sue acque.

Il ripristino di una soglia in massi ciclopici, rinforzata con soglia in cemento, si è accompagnato alla creazione di un corridoio, lungo circa 12 metri, per eliminare gli ostacoli artificiali che interrompevano il percorso migratorio di molte specie, con il rischio di comprometterne la riproduzione e, in qualche caso, la sopravvivenza stessa.

L’opera, realizzata a secco esclusivamente con roccia arenaria autoctona e sedimenti litoidi fluviali, è stata completata con un deflettore in legno, studiato per regolare il flusso dell’acqua e rendere il passaggio dei pesci più agevole.

“Il progetto dimostra ancora una volta l’importanza della collaborazione tra enti e di come questa possa produrre concreti benefici all’ambiente e alle comunità locali. È anche la testimonianza dell’impegno e dell’attenzione poste dal Consorzio nel coniugare la necessità di interventi idraulici con la tutela dell’ecosistema fluviale”, commenta la Presidente Serena Stefani.

“L’opera  è stata pianificata con attenzione per ridurre al minimo l’impatto sul territorio e garantire un perfetto inserimento nel contesto naturale. L’accesso al sito è stato studiato per limitare le interferenze con l’ambiente circostante. I materiali utilizzati sono stati scelti per la loro compatibilità ecologica”, spiega l’ingegner Enrico Righeschi del settore difesa idrogeologica e referente di area per il Casentino.

“Prima dell’intervento sul tratto, che ricade all’interno della ZRS (Zona a Regolamento Specifico) Capodarno, gestita dall’Associazione Pescatori Casentinesi – fa presente Nicola Venturini, presidente dell’Associazione -, la fauna ittica,  è stata catturata e temporaneamente rimossa, per ridurre al minimo l’impatto delle lavorazioni. Queste acque infatti sono popolate da numerosi esemplari di trote fario, cavedani e barbi. Abbiamo individuato anche alcuni ghiozzi che sono simbolo di un ambiente di grande qualità. Con la creazione della scala di risalita questo patrimonio potrà essere conservato”.

Grazie anche al contestuale ripristino di una rampa d’accesso all’Arno, l’efficacia della scala di risalita verrà attentamente monitorata nei prossimi mesi per valutare i risvolti sulle popolazioni ittiche del tratto.

Nel tratto che accoglie la scala, si aprirà la stagione della pesca no kill, con rapido rilascio del pesce catturato, che ogni anno richiama centinaia di appassionati, italiani e stranieri.

La nuova piazza di Soci

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di Gabriele Versari – Correva l’anno 1002 quando il borgo medioevale di Soci fu per la prima volta menzionato in un documento scritto, per la precisione si trattava di un documento di cessione dello stesso borgo ai signori di Badia Prataglia, oggi frazione del comune di Poppi. Si dovettero poi attendere più di otto secoli per vedere decollare l’economia sociana: a metà Ottocento, infatti, sorse il celeberrimo lanificio che consentì al piccolo nucleo di svilupparsi e di aumentare il numero dei propri abitanti. Ad oggi la situazione sembra inversa: i residenti nel centro storico stanno via via abbandonando la zona per spostarsi in periferia, a causa della progressiva decrescita del settore della vendita al dettaglio rispetto a quella online. Per tentare di arginare o quantomeno tamponare il cambio di paradigma economico, ma anche culturale, l’Amministrazione del comune di Bibbiena, di cui Soci fa parte, attraverso la figura di Matteo Caporali, assessore ai lavori pubblici, sta finanziando un importante progetto di riqualificazione della piazza centrale del paese. In un interessante dialogo con l’assessore si è cercato di sciogliere i principali nodi di un progetto davvero all’avanguardia.

Quando e come nasce l’idea del progetto? «È da molto tempo che avevamo in mente di effettuare la riqualificazione. Per due motivi principali. In prima istanza la piazza necessitava di una riqualificazione, viste le condizioni ormai decadenti, con un sistema arboreo ammalorato da anni. In secondo luogo, come Amministrazione è sorto in noi il desiderio di dare una seconda possibilità al paese di Soci. È inequivocabile la dinamica per la quale, ai nostri tempi, il commercio al dettaglio si stia a mano a mano concentrando in favore dei grandi conglomerati di negozi, come i centri commerciali. In tale contesto, le piccole botteghe e i piccoli negozi di paese trovano poco spazio, motivo per cui tentare di restituire un nuovo valore al simbolo della vita pubblica, ovvero le piazza, può essere di supporto allo scopo di tamponare un andamento che pare ormai inesorabile. Le linee programmatiche dei lavori pubblici sono proseguite nella direzione di una riqualificazione e omogenizzazione generali. La nuova piazza, infatti, riprenderà l’estetica del marciapiede situato nella parte sinistra della strada statale (provenendo da Bibbiena). L’idea iniziale, addirittura, era quella di aggiungere un dosso artificiale sulla strada di modo da uniformare tutta la pavimentazione della piazza, idea purtroppo accantonata per motivi di sicurezza (la strada è spesso attraversata da mezzi pesanti che necessitano di un manto stradale omogeneo per il transito). In ogni caso, avremo comunque una piazza caratterizzata dalla medesima estetica dell’opposto marciapiede, di modo da garantire un ottimo equilibrio visivo, fondamentale per la piazza, essendo la stessa luogo di aggregazione e simbolo di comunità».

È sotto gli occhi di tutti i cittadini la rimozione degli alberi che popolavano l’ormai ex piazza, perché si è deciso di rimuoverli e come rispondete alle polemiche in merito alla questione? «A seguito di una relazione derivante da VTA (Visual Tree Assesment, valutazione visiva dell’albero) e VSA (Valutazione Stabilità Alberi, per la diagnosi dello stato di salute dell’albero) si è convenuto che gli stessi alberi erano obbligatoriamente da rimuovere a causa della loro salute decadente, che li rendeva pericolosi e a rischio caduta. Purtroppo, non si sarebbe potuto fare altrimenti, anzi. Gli studi sono arrivati molto tempo prima rispetto all’inizio dei lavori della piazza, ma ho comunque deciso di attendere l’apertura del cantiere per poter far sì che i cittadini si godessero per l’ultima volta l’ombra delle foglie durante lo scorso periodo estivo. Una volta abbattute le piante, all’interno del fusto erano chiaramente visibili i segni del tempo e delle malattie, a conferma che la scelta di rimuoverli è stata obbligata. Alcuni alberi erano a fine ciclo vita, altri avevano poco spazio per crescere. Anche l’immenso platano che sorge nella parte nord della piazza presenta delle criticità, infatti sarà necessaria una potatura a causa della particolare morfologia che caratterizza i suoi rami. Dopo la rimozione di 19 piante, a breve saranno piantati 21 carpini bianchi, mantenendo di fatto il saldo positivo. Nel centro della piazza si troverà una sorta di agorà, costeggiata da due filari di alberi disposti in modo da poter essere raggiunti in maniera ottimale dalla luce solare».

Come figurerà la nuova Piazza Garibaldi? «La struttura della piazza è stata pensata elaborando una sintesi del questionario posto ai cittadini in maniera anonima a seguito di un incontro svoltosi presso l’auditorium Berretta Rossa di Soci. Il tema principale della riunione fu proprio la costruzione della nuova piazza. Ai cittadini fu chiesto quali elementi avrebbero preferito fossero stati inseriti all’interno dell’area. La richiesta principale è stata quella di mantenere i posti auto, derivante soprattutto dai commercianti, così si è proceduto eliminando la fila di parcheggi situati a lato del marciapiede e traslandoli all’interno della piazza, vista anche la pericolosità di questi ultimi, eccessivamente adiacenti alla strada. La redistribuzione degli spazi permette di realizzare la succitata omogeneità sussistente tra il marciapiede e la nuova piazza, creando una cornice armoniosa e rendendo ben visibili gli esercizi commerciali ai lati di entrambe le aree. Saranno inoltre impiantati alcuni faretti per rendere totalmente visibile la piazza anche di notte. Vorrei oltretutto citare il lavoro di riqualificazione compiuto per riportare in funzione i vecchi lavatoi di Soci. La cartellonistica posta di fianco agli stessi è stata acquistata grazie ad un sostanzioso finanziamento ottenuto in seguito alla vittoria di un bando emanato da GAL Appennino Aretino, del valore di 180 mila euro. In particolare, nei grafici sarà indicato un QR code (figura 1) da cui poter visionare la storia dei lavatoi e di Soci sia in lingua italiana che in inglese che in braille. È doveroso ricordare che la struttura della futura piazza e del vialetto che la congiunge al centro storico paesano (Via XX Settembre) garantirà un accesso molto più agevole ai turisti, di modo da invogliarli a visitare il paese e gli stessi lavatoi. Si tratta di un antico sentiero lastricato riportato alla luce grazie alla rimozione dell’asfalto precedente colato».

Gira voce che per l’illuminazione di Piazza Garibaldi la vostra Amministrazione si sia rivolta ad una delle più importanti aziende a livello italiano, sita tra il comune di Subbiano e di Capolona. Confermate i “sospetti”? «Sì, ci sembrava doveroso coinvolgere una realtà così importante, anche se il committente è la ditta a cui abbiamo appaltato i lavori della piazza e non direttamente la nostra Amministrazione. Abbiamo comunque tenuto a sensibilizzare il committente sull’acquisto di una nuova tecnologia nell’ambito dell’illuminazione, la prima istallazione di un nuovo prodotto a led, che illuminerà sia la strada che la piazza. Aggiungo che saranno presenti, oltre ai faretti, anche alcune aiuole con getto d’acqua, per un ulteriore tocco di colore. Aumentando lo spazio al centro della piazza sarà più facile organizzare eventi che per Soci potrebbero essere una spinta ad una maggiore vitalità e socialità».

Quando saranno portati a termine i lavori della nuova piazza? «Il nostro obiettivo è rimuovere il cantiere e inaugurare la piazza per la prossima estate. Il progetto prevedeva una tempistica di durata dei lavori di 88 giorni dalla firma del contratto. Non teneva conto però delle problematiche del meteo. Inoltre, l’azienda a cui ci siamo affidati ha in auge altri tre cantieri. Aprire a giugno la piazza è il termine massimo, se i lavori terminassero per il mese di aprile tanto meglio. In questi giorni giungeranno a destinazione le nuove piante e il cantiere vedrà un’accelerazione delle tempistiche di lavoro».

Al momento sono in agenda altri progetti per la frazione di Soci? «Sono pronti 120 mila euro destinati all’asfaltatura, raccolta acque e segnaletica dell’ex parcheggio Tacconi (da poco rilevato dalla nostra Amministrazione), di modo da rendere maggiore decoro allo spiazzo. Inoltre, in anteprima, possiamo anticipare che siamo a lavoro per la riqualificazione dell’ex rifinizione. Al momento l’area è privata e negli anni precedenti non si è riusciti a trovare un accordo con il proprietario. Stiamo interloquendo, da qualche mese, con un importante ente acquifero territoriale per un lavoro di depurazione. Nel complesso, tutte le opere hanno la finalità di portare alla permanenza della popolazione locale. Per i commercianti la situazione è più complessa: oltre a tamponare le problematiche derivanti dal cambio di paradigma del settore, anche con iniziative come la nota “Lira di Bibbiena”, queste non possono essere altro che palliative per una dinamica che purtroppo è ormai a senso unico. Il tema centrale del progetto rimane quello di dare una sorta di continuità e uniformità della piazza rispetto all’opposto marciapiede. Anche se l’obiettivo non sarà raggiunto al cento per cento a causa della sicurezza stradale, credo che l’iniziativa possa rendere giustizia alla frazione più importante e popolosa del nostro comune».

Club del Libro: due anni tra letture e incontri

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di Tommaso Tellini, Riccardo Boschi, Sofia Ugolini – Il Club del Libro di Bibbiena nasce nell’ottobre del 2023, ma ben presto diventa covo di lettori accaniti, accomunati dal desiderio: “di leggere per affidarsi al potere terapeutico delle storie, per imparare, per conoscere, per abitare esistenze altre”.

Sì, perché la lettura crea sempre coesione, anche quando le opinioni sono diverse, e mette insieme le persone, fa gruppo. Così prende il via il gruppo di lettura di Bibbiena che, una volta al mese, si incontra nella sala conferenze della Biblioteca G. Giovannini per parlare del libro “pescato” durante l’incontro precedente dal sacco in cui ogni socio mette, se vuole, un’opera che ama o che semplicemente vorrebbe leggere.

Ma non ci si ritrova solo per parlare di libri. Ci si ritrova per stare insieme, per raccontare, per raccontarsi, o anche per mangiare una pizza e bere qualcosa prima del dibattito. Il libro diventa motivo per incontrarsi, in tutte le sfumature che questa parola fortemente contiene. E anche trampolino di tante iniziative.

A qualche mese di distanza dal Club del Libro per Adulti, ecco che nasce anche quello dedicato ai Ragazzi, con incontri mensili di sabato pomeriggio. La domenica pomeriggio, giovani e meno giovani hanno inoltre uno spazio per giocare ai giochi da tavolo, e i più grandi, il martedì sera, attraverso l’associazione L’antro del Badalischio, si ritrovano in Biblioteca per divertirsi con i giochi di ruolo. Il cineforum, aperto a tutti, si tiene invece ogni due settimane a partire dallo scorso anno.

Stretto il legame con il Festival del Libro per Ragazzi, che, poi, solo per ragazzi non è! Questa grande rassegna, organizzata dal Comune di Bibbiena, dalla Biblioteca Comunale e da Lina Giorgi Bookstore di Poppi, è nata a partire dal 2018 ma è stata preceduta da anni di Mostra del Libro per Ragazzi all’interno della Biblioteca.

Il Festival offre incontri pomeridiani e serali aperti a tutti, incontri mattutini tra autori e studenti delle scuole della vallata, letture animate e laboratori creativi dedicati principalmente ai ragazzi, e anche un corso di fumetto che Giuseppe Scapigliati porta al Festival ma che già ha visto i suoi natali proprio in Biblioteca tra novembre e dicembre. Noto fumettista casentinese e grafico di professione, Scapigliati ha contribuito persino dando un volto al Festival, quello di Vincenzina, la “sua” bambina curiosa, sempre intenta ad osservare e che “ci parla” dalla copertina del dépliant della manifestazione. Il 15 marzo potremo assistere all’inaugurazione della mostra di fumetti Big Sleeping il mistero del 201° Figlio di Daniele Panebarco, che Giuseppe ha organizzato presso la Biblioteca Comunale. Il 14, invece, verranno premiati in Biblioteca i Lettori Forti, ovvero coloro che hanno letto più libri tra i soci dei Club del Libro.

L’articolo è stato scritto dagli studenti del Liceo Scientifico di Poppi: Tommaso Tellini, Riccardo Boschi, Sofia Ugolini

Cambiamenti nella famiglia

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silhouette hand protect paper family with sunrise background

di Denise Pantuso – È sotto gli occhi di tutti che la contemporaneità propone modi di sentire e costruire la famiglia diversi dal secolo scorso. C’è maggiore libertà espressiva di coppie omosessuali, c’è maggiore indipendenza nelle figure femminili, maggiore intraprendenza negli uomini nel collaborare alla vita domestica, ci sono maggiori possibilità di mettere al mondo figli, c’è quindi una maggiore elasticità nei ruoli familiari e nella costruzione del sentimento di famiglia. Nonostante i cambiamenti la psicoanalisi riconosce alla famiglia di avere un ruolo costituente per il soggetto, cioè nessuno per come è fatto e per come è cresciuto può prescindere dal luogo di origine: la propria famiglia.

La famiglia inoltre è considerata una istituzione, laddove per istituzione si intende quel nucleo di persone che hanno il compito di civilizzare l’essere umano. Civilizzare nel vocabolario Treccani è definito come “(…) portare a condizioni di vita più evolute. (…) Darsi aspetto e maniere più civili, meno rozze”. Come i vari dizionari dei sinonimi e contrari su internet suggeriscono, civilizzare è sinonimo di ingentilire, progredire, educare, termini contrari ad abbrutire.

Tutto questo nei termini della psicoanalisi sta a significare che la famiglia è un’istituzione che ha il compito di saper trasmettere ai figli la capacità di governare e limitare la spinta interna di ciascun essere umano a volere tutto, a godere di tutto come e quando lo vuole, ovvero di limitare l’abbrutimento costitutivo dell’essere umano.

In fondo lo svezzamento non è proprio questo? Imparare a fare a meno della dipendenza dal seno materno, a fare a meno del mangiare le pappette con le mani o imboccati al fine, progressivamente, di imparare le minime regole di convivenza civile e autonomia nella vita.

La famiglia, come ho scritto, è un’istituzione e come ogni istituzione (scuola, comunità, carcere) ha il compito di civilizzare, permettere di saper sopportare la perdita di qualcosa per guadagnarsi qualcos’altro, ovvero la perdita della dipendenza, dell’autoreferenzialità, del soddisfacimento del bisogno a favore del legame sociale, dell’autonomia e l’acquisizione del sentimento della vita. Con i cambiamenti in corso nelle famiglie si può dire che la famiglia è rimasta immutata nelle sue funzioni di essere l’origine del soggetto e orientata alla civilizzazione?

Per rispondere a questa domanda è necessario fare una sorta di quadro sulla cultura pedagogica contemporanea caratterizzata, come filosofi, pedagogisti e psicoanalisti di varie scuole rilevano, da una certa inversione del discorso educativo. Infatti culturalmente siamo bombardati in ogni parte della vita quotidiana da parole che sono divenute dei principi fondanti le credenze e quindi le azioni. Tali parole sono benessere, felicità, trauma. L’importanza di queste tre parole a fondamento del discorso pedagogico e familiare è data dalla definizione di “bambino sovrano”.

Al bambino oggi si deve garantire un certo grado di benessere, felicità ed evitamento del trauma invertendo inevitabilmente la logica della perdita come quel giusto trauma che apre al sentimento della vita. Considerare il bambino come sovrano significa attribuirgli un’importanza considerevole nel prendere le decisioni che non sono più “per lui” ma “da lui”. Il consueto “Gli lascio scegliere ciò che vuole” ha preso la forma di un arresto di quei principi educativi che non sono figli dell’epoca del padre padrone, ma che sono figli della tendenza umana a ricercare una certa pace tra le persone, una certa regolamentazione per stare insieme.

Oggi la frase “la mia libertà finisce dove incontro la tua” si è trasformata in “la mia libertà non può finire”, lasciando inevitabilmente fuori regola la costruzione del soggetto e la sua civilizzazione. A testimoniare questa inversione è l’aumento delle difficoltà psichiche nel periodo infantile. I bambini infatti sono sempre più ansiosi per ogni gesto quotidiano che li lega al mondo, ansiosi delle novità, finendo spesso per sviluppare esperienze di forte insicurezza, ipervigilanza all’errore, fobie in tenera età oppure assenza di limiti e difficoltà di varia natura che li vede impossibilitati ad inserirsi in un senso comune delle cose.

Dott.ssa Denise Pantuso Psicologa e psicoterapeuta individuo, coppia e famiglia www.denisepantuso.it – tel. 393.4079178

(Rubrica ESSERE L’Equilibrio tra Benessere, Salute e Società)

Ospedale del Casentino, cresce l’attività dell’Oncologia

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È un bilancio positivo quello del 2024 per l’Oncologia dell’ospedale del Casentino. I trattamenti chemioterapici infusionali sono aumentai del 12%, passando dai 900 del 2023 ai 1.077 dell’anno passato (a cui si devono aggiungere 36 trattamenti di chemioterapia orale). Nel corso del 2024, l’équipe coordinata dalla dottoressa Maria Pia Rosito, direttrice UOSI dell’Oncologia dell’ospedale del Casentino, ha effettuato 6.955 prestazioni ambulatoriali, di cui 155 prime visite, 2.008 visite di controllo, 1.274 follow up, 254 instillazioni intravescicali, 1.149 prelievi di sangue venoso, 983 lavaggi tramite accessi venosi (PICC Port), 727 medicazioni chirurgiche.
“Sono numeri che ci danno grande soddisfazione – spiega la dottoressa Rosito -. Sono il risultato del grande lavoro svolto dalle professioniste e dai professionisti, il vero valore aggiunto del reparto. È grazie al loro impegno quotidiano che riusciamo a far crescere le nostre attività e rendere efficace tutto il processo di cura e presa in carico”.
L’organizzazione del reparto di Oncologia dell’ospedale del Casentino prevede la presenza di personale medico tre volte a settimana, per garantire una gestione completa dei trattamenti chemioterapici, le prime visite e le visite di controllo, le consulenze post-prelievo ematico e di post-trattamento, i follow-up. Il personale infermieristico – sotto la guida della coordinatrice Barbara Conticini e in stretta collaborazione con quello OSS – si occupa di gestire l’assistenza alle assistite e agli assistiti nell’intero processo di cura, seguendo specifiche procedure previste dai protocolli. “Il lavoro in sinergia di tutto il personale – sottolinea la dottoressa Rosito – assicura il corretto svolgimento dei trattamenti. È fondamentale che, come in un grande meccanismo, ognuno faccia la propria parte”.
L’ospedale del Casentino fa parte del percorso oncologico della Asl Toscana sud est, che mette in rete i presidi del territorio. “La collaborazione tra il nostro personale medico e infermieristico e quello del San Donato è centrale nella gestione di situazioni critiche che non possono essere rinviate – sottolinea la dottoressa Rosito -. Ricevere una valutazione oncologica tempestiva può fare la differenza e su questo aspetto lavoriamo ogni giorno con il supporto essenziale del dottor Milandri e della sua equipe”.
“La nostra oncologia è completamente integrata in un sistema di rete oncologica aziendale – spiega Carlo Milandri, Direttore della UOC Oncologia di Arezzo -. Il nostro obiettivo è ridurre le distanze grazie alla stretta collaborazione di un team multidisciplinare e multiprofessionale in grado di rispondere al meglio in base alle diverse esigenze delle assistite e degli assistiti. In questi anni abbiamo costruito un percorso di diagnosi e cura basato proprio sul concetto di rete: in Toscana i due capisaldi sono la Rete Tumori e i Gruppi Oncologici Multidisciplinari (GOM). L’oncologia dell’ospedale del Casentino rappresenta un tassello fondamentale di questo grande sistema a tutela delle persone”.
“Questi risultati attestano il lavoro e l’impegno quotidiano delle nostre professioniste e dei nostri professionisti – commenta la direttrice sanitaria, Assunta De Luca – La grande macchina della rete oncologica aziendale e della provincia, di cui il Casentino rappresenta un pezzo, è efficace per la presa in carico delle persone a 360 gradi. Rendere ancora più efficienti i percorsi di cura e offrire servizi sempre più a misura alle esigenze della cittadinanza è uno degli obiettivi che ci siamo prefissati”.
Nella foto sopra l’equipe dell’oncologia dell’ospedale del Casentino
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