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domenica, 4 Maggio 2025

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Un casentinese alle Olimpiadi

di Francesco Benucci – “Quant’è piccolo il mondo”, l’espressione, che spesso suggella incontri inaspettati lontani dal luogo natio, condensa, nel giro di poche parole, un senso di familiarità diffusa che “rimpicciolisce” le distanze e trasforma per un attimo il nostro immenso pianeta in un cantuccio di casa. E che il mondo abbia anche questa dimensione più intima lo abbiamo ulteriormente appurato nel mese di agosto quando in un lembo di terra brasiliana abbiamo scorto volti noti alla comunità casentinese.

L’occasione cui alludiamo sono ovviamente le Olimpiadi di Rio 2016 ma il protagonista del nostro racconto è forse meno “scontato”: non si tratta infatti del prodigioso Campriani, che nella nostra vallata ha svolto buona parte della sua formazione, bensì dello stiano Massimiliano Benucci.

E se il nome non vi richiama alla mente prestazioni sportive o medaglie, non temete, la vostra memoria funziona benissimo: semplicemente Massimiliano non è un atleta bensì un componente del CONI, uno di quelli che lavorano nell’ombra, che magari non fruiscono dei primi piani ma che, “là dietro”, più in disparte, ci sono sempre e ai fini dell’eventuale successo della spedizione azzurra rivestono un ruolo importantissimo. Per capire bene le peculiarità di tale ruolo facciamo però qualche passo indietro quando circa una decina di anni fa il nostro conterraneo si iscrive ad un master sulla gestione di organizzazioni ed eventi sportivi; lo stesso master, concluso con successo, è comprensivo di uno stage di 6 mesi da svolgersi in un settore di propria scelta ed è in questa circostanza che Massimiliano decide di imboccare la strada che poi lo avrebbe portato a Rio: opta infatti per il CONI (2006) entrando a far parte, nel primo biennio, dell’ufficio preparazione olimpica.

Nel frattempo il casentinese conosce Falcone, segretario generale della Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali (FIJLKAM), Falcone che, vista la dedizione e la passione di Massimiliano, non esita a farne il proprio braccio destro affidandogli il settore marketing e progetti promozionali; da questo momento l’ambito delle competenze riservate al nostro si allarga progressivamente finché, con l’elezione di Falcone a presidente della FIJLKAM, lo attende una nuova mansione, quella di segretario generale, che ricopre tuttora e che, in occasione delle Olimpiadi, lo ha portato alla nomina di capo delegazione FIJLKAM (comprensiva di 25 unità tra atleti e non).

E cosa fa un capo delegazione? Si occupa della parte logistica e organizzativa, svolge la funzione di team manager diventando il trait d’union tra CONI e comitato locale, gestisce le esigenze e risponde alle richieste di tutti, atleti in primis, cura i rapporti con la stampa. Insomma, pur essendosi ritagliato degli spazi di tempo per vedere gare degli sport più svariati, non si può certo dire che il nostro conterraneo sia rimasto con le mani in mano; tuttavia, un aspetto che serberà   gelosamente nel libro dei ricordi sarà senz’altro il contributo dato nella formazione di un gruppo che, già forgiato da una conoscenza pre-olimpica, si è poi cementato ancor di più tramite il contatto quotidiano in terra brasiliana creando così un’alchimia per cui si è ragionato da sport di squadra dando la giusta rilevanza ad ogni componente. E se è vero che questa unità di intenti non sarà stata estranea al successo della spedizione FIJLKAM (3 medaglie rispetto all’unica preventivata in sede di pronostici: Basile oro nel judo, Giuffrida argento nella medesima disciplina, Chamizo bronzo nella lotta,), è altrettanto fuor di dubbio che tra i momenti da incorniciare nelle Olimpiadi di Massimiliano rientra il rapporto di complicità creatosi con Basile, di cui ha previsto la vittoria e la modalità della stessa (ippon), e con Chamizo; quest’ultimo, arrivato alla manifestazione da favorito per l’oro, vittima di un arbitraggio insufficiente, di un infortunio al gomito e della pressione dovuta al fatto di gareggiare l’ultimo giorno, ha patito un’amara delusione perdendo la semifinale.

E proprio in questo momento è venuta fuori la vicinanza e il lavorio di Massimiliano e dell’intero staff per recuperare il ragazzo sotto l’aspetto mentale in modo tale da fargli affrontare col giusto approccio la finale valida per il bronzo: il conseguimento dell’agognata medaglia certifica il grande impegno profuso dai nostri delegati! Questo “sigillo” finale, oltre a coronare un’esperienza probante ma meravigliosa, è il giusto viatico che lo stiano, anche in virtù di una squadra giovane e di buone prospettive, si prepara ad affrontare con rinnovato entusiasmo: il mondiale di karate a Linz (karate che, con grande soddisfazione dei nostri, è stato ammesso tra le discipline olimpiche a partire dalla prossima edizione), i Giochi del Mediterraneo nel 2017, Tokyo 2020 (già a gennaio inizierà la ricerca di un centro di acclimatamento per familiarizzare col Giappone) sono i prossimi appuntamenti. Nell’attesa di questi però restano impresse e indelebili le emozioni di Rio 2016 anche se, bene sottolinearlo, la rosa di Massimiliano non è stata priva di spine che hanno reso più difficoltosa la sua esperienza: dalla notevole disorganizzazione registrata a livello di trasporti, ulteriormente penalizzata da un traffico soffocante, alla lacunosa formazione dei volontari brasiliani, dalle strutture sovente fatiscenti del villaggio olimpico alle problematiche legate alla sicurezza e limitanti le escursioni in terra verdeoro.

Tuttavia, questi aspetti, pur degni di menzione, passano inevitabilmente in secondo piano rispetto alla bellezza degli impianti sportivi e a ciò che ha reso davvero unica l’avventura di Massimiliano: stiamo parlando di quello spirito olimpico che si respira a pieni polmoni soprattutto all’interno del villaggio laddove non ti capita solo di incontrare campioni celebrati come Nadal e Ginobili ma, in particolare, ti senti immerso in una meravigliosa macedonia di popoli, usanze e culture che convivono, si rispettano, si sorridono.

E la cartolina più bella che il nostro si è portato da Rio è proprio questa atmosfera che trasforma una realtà così grande in un piccolo cantuccio di casa dove un’umanità variegata vive una familiarità che la rende speciale. (tratto da CASENTINO2000 | n. 275 | Ottobre 2016)

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