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martedì, 6 Maggio 2025
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Una casa per Prie

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di Claudia Grifagni – Abbiamo già scritto tante volte di Prie, il “nostro” halmstaff ci circa 8 anni, ormai da 4 in canile. La sua entrata e’ stata frutto di una emergenza che sarebbe dovuta essere “temporanea” , visto che la proprietaria era stata ricoverata per problemi di dipendenza e avrebbe dovuto riprenderlo dopo qualche mese. Poi qualche mese è diventato qualche anno, e poi è diventato “mai più”.

Eppure una cosa buona l’aveva fatta, la ex proprietaria: aveva educato Prie e Bella (l’amica, anch’essa entrata insieme a Prie in canile, ma poi lei sì, ripresa) molto bene, cani abituati a stare in casa, dato che lei abitava in appartamento. Ad uscire al guinzaglio, a stare volentieri con le persone, a non essere protettivi o gelosi. Infatti Prie sa adeguarsi molto bene alle persone, vede ogni fine settimana volontari diversi, e anche nuovi volontari, che impara a conoscere e a volergli bene.

Poi con noi che da più tempo frequentiamo il canile, è diventato nei mesi, negli anni, mooolto affettuoso, amorevolmente testardo, ma anche molto tollerante, paziente ed obbediente. Tollerante e paziente nel dover rientrare ogni volta in quella gabbia che per lui è diventata casa, come per tutti gli ospiti del canile.

A volte prova a farci capire che lui vorrebbe stare fuori, vorrebbe continuare la passeggiata e non tornare indietro, vorrebbe vedere nuovi paesaggi e annusare nuovi odori… vorrebbe anche sdraiarsi su un divano. Spesso si avvicina al cancello di uscita, lo punta, ci guarda, viene verso di noi, saltellante, torna lì, e lo fa di nuovo. “Si va o no?”

Questa è la sua libertà, dopo anni, la sua gioia, la sua impazienza. Eppure i cani della sua razza avrebbero bisogno di una guida, una persona a cui affidarsi, che gli dia sicurezza, un punto di riferimento, insomma.

Prie ha tutti noi, siamo le persone che riconosce, che sa che gli vogliono bene, ma questa ripetività di vita, di stagioni, di spazi, di momenti, lo stanno annoiando tanto, lo stanno spengendo, e si vede.

Venite a conoscerlo. Se un cane può sopportare con pazienza tutto questo, credeteci, non può essere pericoloso. Lo conosciamo, ormai da anni. Prie è buono. E bello. Sorvoliamo sui pregiudizi, le paure, l’allarmismo che a volte viene fatto su certe razze. Iniziate a conoscerlo, venite a trovarlo. Regaliamogli la vita che merita.

Vi aspettiamo. Prie vi aspetta!

Canile intercomunale di San Piero in Frassino http://canilicasentino.blogspot.com Per info: 347.5421554 – orario di apertura al pubblico: Sab. e Dom. dalle 10,00 alle 12.00

Casentino a 4 Zampe è una rubrica a cura di Nadia Guidotti

Clown per un sorriso

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di Federica Andretta – Era il 1977 quando apparve per la prima volta sul piccolo schermo Sbirulino, l’indimenticabile clown interpretato dalla grandissima Sandra Mondaini; si trattava di “Noi… no!”, varietà televisivo condotto da Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. Poi arrivò nel 1978 “Io e la Befana”, varietà associato alla “Lotteria di Capodanno” (ora “Lotteria Italia”) e poi nel 1982 l’apice del successo con “Il Circo di Sbirulino”, programma che lo rese per sempre immortale agli occhi del suo pubblico. Dunque, non solo icona televisiva ma anche e soprattutto simbolo rimasto nel cuore di intere generazioni, amatissimo da grandi e piccini. Ma non tutti forse sanno che questo buffo e grazioso personaggio dal cuore tenero e dall’aria allegra che tanto ci ha fatto divertire con i suoi memorabili sketch riprende il proprio nome dal termine milanese “sbirul” che in italiano significa appunto “sbilenco”, “storto”. Inoltre, Sbirulino è ispirato al celebre pagliaccio Scaramacai della televisione impersonato dall’attrice Pinuccia Nava tra gli Anni ‘50 e ‘60.

Tuttavia, la figura del clown non ha «vestito” soltanto volti noti dello spettacolo, professionisti del mondo circense o semplicemente degli appassionati. Quello del clown non è infatti solo un travestimento e una forma di intrattenimento, ma è molto di più: è una «missione». Una missione del sorriso.

Il clown si trasforma così in un terapeuta del sorriso che opera in vari contesti socioculturali. È il caso del gruppo clown “I Giulivi” della Pubblica Assistenza Casentino (con sede a Rassina), nato nel 2006. Quest’anno organizza “Attenzione… clown in corso! la gentilezza in un sorriso”, un corso di formazione gratuito di clownterapia per volontari della durata di 60 ore distribuite in cinque moduli (più una serata extra) che si svolgeranno tra maggio e giugno.

Per scoprirne di più, abbiamo intervistato le volontarie Deborah Giunti e Vania Giovenali del gruppo clown “I Giulivi”.

Come nasce l’impegno portato avanti dal gruppo clown “I Giulivi”? «La nostra azione nasce dal desiderio di portare un momento di sollievo nei vari contesti di dolore, di disagio sociale e di emergenza (di protezione civile) attraverso il sorriso, la gentilezza, il gioco e l’ascolto che sono elementi distintivi della nostra concezione di Accoglienza. Dopo un roseo e lungo periodo che ci ha visti in tanti clown dottori impegnati nelle nostre attività, con il turn over dei volontari, che per certi versi è fisiologico quando si parla di volontariato, il nostro gruppo si è ridimensionato notevolmente a tal punto che oggi riusciamo a portare avanti la nostra azione solo presso l’ospedale di Bibbiena (nei vari reparti) e presso il centro Vincenziani di Arezzo, in cui facciamo attività con i bambini delle famiglie che si rivolgono al centro».

Sogni per il futuro? «Vorremmo riuscire ad aumentare questi servizi e ampliare i nostri interventi presso le varie strutture del territorio casentinese e della provincia di Arezzo quali ad esempio: case di riposo, centri diurni per persone diversamente abili, centri di accoglienza per minori».

Quali attività avete realizzato in passato? «Negli anni abbiamo realizzato molti progetti, alcuni dei quali per noi sono stati particolarmente importanti: nel 2007 partecipazione all’iniziativa “Buone Compagnie” Anpas, un progetto dedicato agli ospiti di alcune strutture in ambito regionale quali ad esempio l’ex-ospedale psichiatrico di Montelupo e l’RSA di Pontassieve. negli anni 2008 e 2009 i viaggi in Palestina che ci hanno visti impegnati presso il Caritas Baby Hospital di Betlemme, un centro per il recupero dei bambini vittime delle violenze-torture, in centri di accoglienza e campi estivi per bambini ad Hebron, Jeriko e Ramallah. Nel 2012 emergenza di protezione civile per l’evento calamitoso riguardante il terremoto a Mirandola (Emilia-Romagna)».

Quanto è fondamentale la figura del clown in ambito terapeutico? «La letteratura scientifica degli ultimi anni mette in evidenza la funzione psicopedagogica del clown e l’importanza del gioco a livello terapeutico, per questo motivo l’attività di clownterapia per le sue peculiarità di valenza psicologica, sanitaria e sociale non può essere svolta senza una specifica preparazione. Sempre più spesso ai volontari nel settore sociosanitario vengono richieste competenze senza curare abbastanza l’aspetto della relazione; la possibilità di rivolgersi con un approccio diverso può dare un valore aggiunto alla loro attività. In questa epoca così disastrosamente ego-centrata desideriamo andare controcorrente mettendo al centro la sensibilità dell’uomo».

Come nasce il vostro percorso formativo? «Il nostro progetto di formazione nasce dalla nostra storia e dalla voglia di continuare ad essere una presenza fatta di azioni, colori e suoni al servizio della comunità e del nostro territorio. Per fare questo occorre cercare nuove persone che si avvicinino alla nostra realtà e formarle allo scopo, per cui abbiamo pensato di organizzare un corso da sviluppare in moduli formativi che trovano la loro realizzazione nell’area artistica, psicologica e sanitaria. La nostra attività, infatti, per le sue peculiarità non può essere svolta senza una specifica preparazione».

È il primo corso di formazione che organizzate? «Questo non è il primo corso di formazione che noi facciamo. Nel tempo ne abbiamo fatti diversi partecipando ai bandi Cesvot che ci hanno dato la possibilità di creare veramente dei corsi di formazione importanti. Negli ultimi anni ci siamo limitati a fare una formazione interna al gruppo non rivolta a persone esterne, ma questa volta l’abbiamo destinata sia a volontari anche di altre associazioni sia a persone esterne che magari non hanno mai fatto nessun tipo di volontariato e che vogliono approcciarsi alla clownterapia. Ci siamo avvalsi appunto dell’aiuto di finanziatori del territorio che hanno creduto nel nostro progetto. Speriamo di avere le stesse possibilità anche in futuro».

Che cosa vi aspettate da questo corso? «La nostra aspettativa è quella di formare nuovi volontari che possano trovare nel nostro gruppo il setting ideale in cui riconoscersi così da poter svolgere l’attività clown nei vari ambiti quali: ospedali, case di riposo, centri di accoglienza, centri diurni per disabili o anziani… il nostro obiettivo è quello di formare volontari che indipendentemente dal settore in cui già operano e sono specializzati, o intendano specializzarsi, riescano a trovare nel sorriso e nella gentilezza dei possibili approcci nella relazione con l’altro, sia esso paziente, familiare, personale sanitario e/o di struttura…. Intendiamo proporre una formazione mirata alla clownterapia con l’intento di fornire al corsista strumenti e spunti di riflessione tali da acquisire quell’armonia e sicurezza propedeutici alla propria azione: «saper essere» come attenzione, ascolto e presenza emotiva; «saper fare» come utilizzo appropriato di strumenti, materiali e metodi appresi.»

I volontari verranno preparati per rivolgersi ad un’utenza prettamente anziana, affetta da disabilità, o a confrontarsi anche con un’utenza più giovane? «Il nostro corso non è prettamente legato all’azione con le persone anziane che comunque possono avere delle patologie particolari, ma è diciamo un corso a 360°. Intendiamo formare volontari che facciano clownterapia nei vari ambiti che possono riguardare i bambini, gli adulti, gli anziani, la diversabilità e quant’altro e anche il disagio sociale».

Dove si svolgerà il corso? «Si svolgerà presso i seguenti luoghi: la struttura ricettiva Circolo Arci nella località di Carda; la Casa Vacanze “Castello di Sarna”; l’Associazione Ricreativa – Culturale Kontagio di Poppi e la sede della Pubblica Assistenza Casentino di Rassina». Quali saranno i relatori? «André Casaca: formatore, clown e regista teatrale fondatore del Teatro C’art. Flavia Marco: coordinatrice, formatrice, clown, fondatrice e direttrice del Teatro do Sopro. Luca Mauceri: musicista, attore teatrale e formatore. Damiana Luzzi: consulente ICT e GDPR. Paola Baracchi Crespi: Dottoressa in fisioterapia. Vania Giovenali, Deborah Giunti e Mirko Brigidi: volontari clown del gruppo clown “I Giulivi”».

Chi ha finanziato il progetto? «Tesar, Freschi & Vangelisti e un’altra importante azienda del territorio sono stati tra i finanziatori. Oltre al loro contributo, abbiamo ricevuto un’importante donazione da una coppia di volontari a noi molto legata».

Come si svolgerà la serata finale del 20 giugno? «Ci sarà la presentazione del libro di Flavia Marco intitolato “Una bella visita – Interazione con gli anziani affetti da demenza”; si tratta di qualcosa di extra al corso. È una serata che abbiamo deciso di organizzare per dare la possibilità a Flavia di far conoscere il proprio libro. Ma ci tengo a precisare che non è legato al corso. Diciamo che il libro affronta un tema di cui avremo modo di parlare durante il corso in quel fine settimana».

Fischio finale: Casentino Academy fuori ai playoff, lo Strada chiude quarto

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di Mirko Goretti – Per il Casentino Academy sfuma il sogno Eccellenza: sul neutro di Pontassieve, i ragazzi di Maurizio Bonini si arrendono 2-1 al Fiesole nella finale playoff del Girone C di Promozione. Non è bastata la rete di Tommaso Lunghi per ribaltare il risultato: i fiorentini, con questa vittoria, accedono alla Final Four regionale. I gialloverdi, però, possono comunque guardare con orgoglio al loro cammino: hanno chiuso la regular season al secondo posto con 57 punti, dietro soltanto alla corazzata Sansovino, peraltro battuta sia all’andata che al ritorno.

Sconfitta anche per l’altra rappresentante casentinese impegnata nel weekend: lo Strada cede 3-2 in casa contro il Tregozzano nell’ultima giornata del campionato di Terza Categoria, nonostante le reti di Samuele Spignoli e Samuele Ciabatti. I ragazzi di Michele Mazzone chiudono così la stagione al quarto posto con 49 punti, dietro a Faellese, Sangiustinese e Tuscar.

Facendo un bilancio complessivo della stagione delle altre squadre casentinesi, spicca il trionfo dello Stia, protagonista assoluto del campionato di Seconda Categoria con la vittoria finale e la meritata promozione in Prima Categoria. Nello stesso girone, il Pratovecchio ha chiuso al quarto posto con 53 punti, uscendo poi in semifinale playoff contro la Fratta Santa Caterina. Buoni piazzamenti anche per il Rassina, sesto a 41 punti, e per il Montemignaio, nono con 40 punti. Salvezza sofferta ma raggiunta per il Poppi, che si è classificato dodicesimo con 36 punti, evitando i playout grazie al margine di dieci punti sul San Marco La Sella.

In Prima Categoria il Bibbiena ha terminato al quinto posto con 48 punti, venendo poi eliminato nella semifinale playoff sul campo dell’Atletico Piancastagnaio. Salvezza conquistata anche dal Capolona Quarata, nono con 39 punti.

Si chiude invece con amarezza la stagione dell’altra casentinese in Promozione: il Subbiano è retrocesso in Prima Categoria dopo essersi classificato tredicesimo con 31 punti e aver perso lo spareggio playout contro il Dicomano.

La stagione delle casentinesi adesso può dirsi ufficialmente conclusa: ora è tempo di ricaricare le energie e prepararsi per la prossima stagione, in un movimento che continua a crescere, sempre più vivo, appassionato e competitivo.

«Donne, è arrivato l’arrotino…»

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di Lara Vannini – «Donne è arrivato l’arrotino e l’ombrellaio, affiliamo coltelli, forbici, forbicine…ripariamo cucine a gas…». Come non ricordare quella voce metallica, nettamente scandita, ed estremamente allegra che arrivava nei paesi da ogni dove, e richiamava le persone che potevano così affilare i loro strumenti da lavoro più preziosi o riparare un oggetto quasi di lusso come l’ombrello.

L’arrotino con la sua inconfondibile attrezzatura si posizionava nei punti più strategici dei paesi e iniziava il proprio lavoro, per certi aspetti ipnotico e frutto di tanta esperienza. Dalla casa colonica alle strade acciottolate, quando arrivava l’arrotino e l’ombrellaio, i bambini correvano immediatamente ad avvisare chi di dovere e ripetevano all’infinito il popolare slogan pubblicitario che diventava come una filastrocca da canticchiare in allegria.

L’arrotino era un ambulante, e si spostava generalmente con un carretto sul quale erano montati gli strumenti da lavoro, in particolare le mole da affilatura che, come altri preziosi strumenti del passato, venivano tramandate di padre in figlio diventando uniche custodi della sapienza manuale del proprietario.

Su e giù tra stradine assolate e cattivo tempo Come tutti i lavori itineranti del passato, quello dell’arrotino era un mestiere molto usurante anche perché era un lavoro ambulante e quindi l’arrotino doveva girare da un paese all’altro in cerca di clienti.

Inoltre doveva difendere la propria clientela dalla concorrenza. Su e giù per stradine irte, acciottolate, fangose, con il sole o il brutto tempo, l’arrotino non poteva permettersi il lusso di fermarsi, ma era una figura quasi magica, capace di conoscere un’infinità di persone e di intrecciare la propria vita con quella di tutti i suoi “utenti”.

Oggi difficilmente ci sono case aperte per gli sconosciuti e purtroppo la diffidenza ha preso il sopravvento a causa dei numerosi fatti di cronaca che ogni giorno ci vengono raccontati, ma nel passato, sostare, pranzare o addirittura pernottare a casa di altri era una pratica molto comune perché i mezzi pubblici erano scarsi, molti chilometri si facevano a piedi o a dorso di qualche animale e spesso se c’era molta distanza dall’abitazione non si rientrava a casa per dormire. Su queste basi l’arrotino erano l’amico di tutti, una figura che viveva la propria vita girando il suo piccolo mondo e intessendo numerose relazioni.

L’arrotino se era sapiente e competitivo aveva lavoro tutto l’anno perché un tempo avere strumenti da lavoro affilati, significava lavorare veloce e bene. Dai coltelli alle lame degli attrezzi agricoli, lame per tosare gli animali, la potatura, la vita lavorativa del contadino ruotava intorno al concetto del “taglio” e quindi alla necessità di avere a portata di mano una serie importante di strumenti. Oggi il lavoro manuale è minoritario rispetto a quello d’intelletto e ci serviamo di innumerevoli figure professionali per svolgere le attività che ci occorrono.

Un tempo non era così e ogni nucleo familiare era estremamente autonomo in tutto, dal lavoro alle riparazioni domestiche, alla cura dei campi, orti e giardini. È chiaro che nelle stalle e nelle cantine era necessario avere “lame affilate” e pronte ad ogni incombenza.

La tecnica per una affilatura perfetta Trovato l’angolo di paese più strategico da cui attrarre la clientela, l’arrotino iniziava il proprio lavoro. Generalmente l’attrezzatura dell’arrotino era costituita da una mola più grande per affilare e una più piccola per lucidare. Per l’affilatura dei coltelli serviva anche l’acqua. Il carretto dell’arrotino era dotato di una grossa ruota di legno, rivestita da un cerchione in ferro e collegata ad una ruota più piccola di pietra abrasiva su cui si affilavano i coltelli. L’affilatura doveva seguire precisi criteri che solo l’artigiano esperto sapeva mettere in pratica come ad esempio l’inclinazione della lama sulla mola per non sciuparla e portarla sapientemente “a taglio”.

L’ombrellaio In genere arrotino e ombrellaio erano la stessa figura professionale anche perché il mestiere dell’ombrellaio era stagionale e relegato ai mesi più piovosi. Oggi in questa epoca di usa e getta fa quasi sorridere pensare di riparare un ombrello, ma come abbiamo già detto, un tempo possedere un ombrello era già di per se stesso un bene di lusso. Esistevano generalmente due tipi di ombrelli: “da pecoraio” e civile.

L’ombrellaio aveva il compito di: rattoppare la tela dell’ombrello, riparare le stecche, e riparare o sostituire il manico. Come è facile pensare di soli ombrelli riparati non si poteva campare perché chiaramente chi riparava il proprio ombrello non aveva soldi per comprarne uno nuovo e quindi questo tipo di servizio non era molto remunerativo, per questo spesso si legava a quello dell’arrotino.

Curiosamente, come suggerisce anche l’etimologia del termine ombrello, questo strumento è stato inventato per riparare dal calore solare e per questo sembra sia nato in Estremo Oriente dove il sole è sempre molto forte e dannoso.

Le rose non bastano

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di Melissa Frulloni – Mi ricordo quanto era importante il mese di maggio per la mia nonna Lidia. Devota alla Madonna com’era, lo aspettava con grande trepidazione. Per tanti anni è uscita la sera per andare a dire il rosario nella chiesina davanti casa; negli ultimi tempi invece lo ascoltava a Tele San Domenico perché era stanca e non aveva voglia di fare le scale.

Con i miei occhi di bambina, maggio, era un mese magico, quello in cui la primavera era più tangibile e il verde aveva preso il posto del grigiume degli alberi dell’inverno. La finestra poteva rimanere aperta, le rondini erano arrivate e ogni maggio era un segno di speranza e rinascita. Non per ultimo è il mese del mio compleanno che da bambina (ma anche da adulta) era ed è sempre un momento speciale.

E sempre grazie alla mia nonna, nella mia testa, maggio è anche il mese delle rose. Le coglieva in giro, insieme ad altri fiori, e faceva dei centri tavola bellissimi. La tavola poi si riempiva di formiche e anche se per lei erano fastidiose, per me era il segno che quei fiori erano “veri”, colti da lei, per la sua casa e per me.

Ma forse oggi, per il maggio di questo anno, le rose non bastano a portare un po’ di serenità. Non bastano per noi donne (casentinesi e non) perché, nonostante in molti siano restii ad ammetterlo, nel nostro Paese il numero di femminicidi e atti di violenza contro le donne è realmente un problema.

Aprile è stato un mese drammatico e siamo convinti che l’inasprimento delle pene da solo non possa bastare ad arginare il fenomeno. Quello che serve è un lungo e complesso ripensamento culturale, da mettere in atto quanto prima… Ma le rose non bastano neppure per noi mamme (e per le famiglie in generale, anche per i babbi!): la genitorialità pare essere ancora un tema “settoriale”, visto come quasi di nicchia e finché sarà così non potrà esserci un cambiamento consistente. La genitorialità non riguarda solamente chi è incinta o chi fa parte del nucleo in cui arriva un neonato. Riguarda tutta la società!

Maggio è anche la festa della mamma e per quanto sia piacevole essere festeggiate con un fiore (con una rosa magari…), sarebbe molto più giusto essere celebrate (ripeto, sia noi che i babbi!) con politiche volte a tutelare le nostre famiglie, la maternità, il fare figli, la possibilità comunque di avere una carriera; pratiche tanto esaltate, ma per nulla facilitate da nessuna politica governativa.

No, le rose non bastano se in alcune parti del mondo l’aborto è illegale, se ci vengono negati i diritti sessuali e riproduttivi, se c’è una limitazione di accesso al diritto sanitario…

Come sempre il Casentino riesce a proteggerci da tutto questo (e molto di più!) e certe cose (nonostante il Punto Nascita sia chiuso e il nostro Ospedale che resiste come può e che, lo ribadiamo, vogliamo tenerci stretto), sembrano un incubo che non ci appartiene.

Ma come sempre le montagne che ci separano dal resto del mondo, non lo faranno per sempre e quindi è opportuno impegnarsi subito, anche in Casentino, per pretendere molto di più di una rosa di maggio!

Le offerte di lavoro in Casentino del Centro per l’Impiego

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Le nuove offerte settimanali di lavoro in Casentino del Centro per l’Impiego. Anche questa settimana gli incentivi e le opportunità regionali per i datori di lavoro e le persone fisiche, oltre le chiamate dirette al lavoro. I tirocini curriculari retribuiti 2023/24. Gli Avvisi Pubblici per la concessione di contributi a imprese e/o datori di lavoro finalizzati a garantire incentivi all’assunzione degli iscritti alla legge 68/1999 con disabilità di natura psichica. Il bando per servizi innovativi delle imprese di GiovaniSì. E l’avviso pubblico per il finanziamento di piani di Welfare Aziendale per la conciliazione di vita-lavoro 2023-2025.

Scarica la newsletter: Offerte Lavoro Casentino 02 05

Gli orari dei Centri per l’Impiego della Toscana sono i seguenti:

lunedì 9:00 – 13:00

martedì 9:00 – 13:00 pomeriggio 15:00 – 17:00

mercoledì 9:00 – 13:00

giovedì: (dalle 9 alle 13 su appuntamento) e 15:00 – 17:00

venerdì 9:00 – 13:00

Un messaggio di pace portato dal vento

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di Terenzio Biondi – Sabato 31 maggio 2008. La settimana è stata dura, ma per fortuna ce l’ho fatta: è sabato! Una puntata veloce, la mattina presto, al bar per il solito caffè (e le immancabili chiacchiere con gli amici per sapere in anteprima tutte le novità e i pettegolezzi paesani); una rapida lettura del giornale e poi… via col fuoristrada verso la Vallesanta per una pescata alla trota in uno dei tanti torrentelli della zona. Ma sì, ho deciso, farò il Fosso del Baccio, quel fossiciattolo che nasce proprio ai piedi del Monte Penna, dalla cui cima – così raccontano le leggende locali – San Francesco ancora vigila e protegge gli abitanti della valle. Lascio l’auto presso la Pievina di Montefatucchio e comincio a risalire quella che i pescatori della zona chiamano “Gola del Fosso del Baccio”.

Giornata fantastica! Temperatura quasi estiva, acqua abbondante grazie alle piogge dei giorni passati, esche eccezionali (mi riferisco ai “portasassi” e alle “scimmiette”, in questo periodo numerose sotto tutti i sassi del torrente). Ho messo un amo senza ardiglione e in tal modo riesco a liberare facilmente le trote agganciate. Quasi in ogni pozza catturo una trota. Fantastico! Verso l’ora di pranzo mi fermo su uno spiazzo ombreggiato per fare uno spuntino e riposarmi un po’. Mi distendo sull’erba e mi metto a seguire con lo sguardo qualche candida nuvoletta che corre veloce nel cielo azzurro verso il Monte Penna e il Santuario della Verna. Che pace!

Tiro fuori la mia macchina fotografica e scatto qualche foto al cielo, al torrente, ai fiori lungo la riva, alle fragoline di bosco… Che pace! Poi con calma riprendo a risalire il torrente, di pozza in pozza, di cascata in cascata, fino ad arrivare ai grandi prati ai piedi del Monte Penna.

Che spettacolo! Erba verdissima e miriadi di fiori dai mille colori… e profumi a tratti intensi e a tratti delicati portati dal vento… e farfalle che svolazzano e si posano di fiore in fiore… e il canto dei grilli… e laggiù, lontano, il canto degli uccelli della foresta… Mi distendo sul prato a occhi chiusi e mi sembra di sognare.

Apro gli occhi e solo allora noto a pochi metri da me, adagiato tra due meravigliose orchidee spontanee, un biglietto legato a quel che resta di un palloncino giallo. Mi precipito a leggerlo incuriosito. Viene da Bientina, in quel di Pisa, dove i ragazzi delle scuole hanno stamani festeggiato la Festa della Pace. Ognuno di loro ha scritto un “messaggio di pace” in un biglietto che è stato poi legato a un palloncino e affidato al vento.

Anche Simone ha scritto il suo messaggio di pace: “Giocare insieme”. Lo leggo e mi commuovo. Lo porto a casa e lo mostro ai miei figli. Io ho due figli, caro Simone, molto più grandi di te. Hanno letto il tuo messaggio di pace e si sono commossi. Forse non è stato solo un caso che il vento oggi, Festa della Pace, abbia portato il tuo messaggio nei prati fioriti ai piedi del Santuario della Verna, dove per tanto tempo visse San Francesco, il fraticello che nei secoli bui dell’odio e delle guerre predicava la pace e l’amore fra i popoli.

No, non è stato un caso, Simone, che il tuo messaggio di pace sia atterrato nei prati fioriti ai piedi della Verna. I ragazzi di tutte le nazioni del mondo devono giocare insieme, tutti, sempre. Viva la Pace!

I RACCONTI DEL TORRENTE Storie vere, leggende, incontri… nei torrenti del Casentino

 

È in edicola CASENTINO2000 di maggio

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Il mese di maggio, con il numero 378, è il mese delle rose, ma forse oggi, per il maggio di questo anno, le rose non bastano a portare un po’ di serenità. Sicuramente non bastano per le donne (casentinesi e non), quindi – come si legge nell’editoriale di questo numero in edicola – è opportuno impegnarsi subito, anche in Casentino, per pretendere molto di più di una rosa di maggio!

Il giornale continua, partendo da Chiusi della Verna e dal tema dell’accesso agli atti, con una riflessione sul Potere e sulla trasparenza spesso negata delle amministrazioni pubbliche. Altro tema importante trattato è quello della raccolta differenziata che sta lentamente crescendo anche in Casentino. Ci spostiamo poi a Bibbiena per parlare del Ranger 2025, il robot a supporto dei soccorsi e dei soccorritori, il nuovo prodotto realizzato da studenti e professori dell’ISIS. Poi a Soci per ricordare la figura, l’impegno e l’opera dell’industriale che guidò la modernizzazione del lanificio di Soci; Sisto Bocci.

E ancora tantissimi sono gli articoli che potete trovare nel giornale di maggio.  Dal corso di clowterapia per volontari della Pubblica Assistenza Casentino, al viaggio verso il campo base dell’Everest di un giovane casentinese, fino alle pagine dello sport con il mondiale di pesca, il rafting a Capolona e il progetto di salute e movimento proposto da Giacomo Giovenali.

Anche questo mese troverete inoltre in CASENTINO2000 l’immancabile la rubrica del Canile del Casentino; le vostre lettere e idee sulla rubrica Blocknotes e ancora Cosa Bolle in Pentola che ci propone un piatto con un protagonista della tavola di maggio; il carciofo. Gli interventi medici e nutrizionali di Essere, la pagina Agroalimentare a 360° curata dalla Coldiretti di Arezzo in cui si parla di agricoltura sociale, le pagine sull’ambiente che si occupano del principe dei boschi; l’abete bianco, Sguardi Oltre il Crinale sull’attesa di sapere di più sulla elezione del nuovo Presidente del Parco nazionale, Il Giro in Bici, con un giro nell’alto Casentino che ci porta fino al bellissimo e suggestivo borgo di Porciano.

CASENTINO2000 di maggio è in edicola, oppure potete acquistarlo online nel nostro shop: scopritelo subito!

Premio Industria Felix, Intertec srl unica azienda aretina premiata tra le 13 eccellenze toscane

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Intertec Srl è stata insignita dell’Alta Onorificenza di Bilancio nell’ambito del Premio Industria Felix. L’azienda di Bibbiena, attiva da oltre 30 anni nel settore dei fertilizzanti speciali per l’agricoltura (biostimolanti, induttori di resistenza, microrganismi, ecc.), è stata l’unica realtà della provincia di Arezzo a essere premiata tra le 100 imprese più competitive, affidabili e sostenibili del Centro Italia e delle Isole.

Il riconoscimento è stato conferito durante la cerimonia ospitata nell’aula magna dell’Università LUISS Guido Carli di Roma, che ha visto la partecipazione delle eccellenze imprenditoriali del Paese. Le imprese sono state selezionate sulla base di un’indagine condotta da Cerved e Industria Felix Magazine, trimestrale di economia e finanza in collaborazione con Il Sole 24 Ore, analizzando i bilanci di oltre 70.000 società di capitali con fatturato superiore al milione di euro. Le 100 imprese premiate sono risultate, tramite algoritmo di bilancio, oggettivamente più performanti a livello gestionale e affidabili sotto il profilo finanziario.

Queste le parole dell’Amministratore e fondatore di Intertec, Giovanni Cordovani, che ha ritirato il premio: “Il settore in cui operiamo offre prospettive di crescita straordinarie per il futuro. Questo riconoscimento valorizza i molteplici sforzi che Intertec ha da sempre dedicato alla ricerca, all’innovazione e alla sostenibilità nel settore delle biotecnologie. Nel corso degli anni, grazie a partnership internazionali con centri di ricerca e allo studio della fisiologia e della genomica vegetale, abbiamo sviluppato e commercializzato prodotti innovativi, capaci di migliorare la qualità e la quantità delle produzioni agricole, preservando la biodiversità.

Risultati come questo non sarebbero possibili senza una squadra solida e appassionata, che desidero ringraziare, così come rivolgo un ringraziamento speciale a mia moglie, Maria Cristina Niccolini, co-fondatrice di Intertec, il cui supporto costante è stato ed è fondamentale.”

(Nella foto Giovanni Cordovani e Maria Cristina Niccolini, soci e fondatori di Intertec)

Alimentazione e longevità: i segreti dei centenari

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di Beatrice Boschi – Negli ultimi anni la ricerca scientifica ha acceso i riflettori su alcune aree geografiche del mondo note come zone blu, dove si registra un numero straordinario di centenari in buona salute. Tra queste spiccano Okinawa in Giappone, la Sardegna in Italia, Icaria in Grecia, Nicoya in Costa Rica e Loma Linda in California.

Ma qual è il segreto della loro longevità? Oltre a uno stile di vita attivo e a un forte senso di comunità, l’alimentazione gioca un ruolo fondamentale nel favorire un invecchiamento sano e nella prevenzione delle malattie croniche. Uno dei punti in comune tra le popolazioni longeve è il consumo abbondante di alimenti di origine vegetale. Frutta, verdura, legumi e cereali integrali rappresentano la base della loro dieta quotidiana fornendo fibre, vitamine, minerali e antiossidanti essenziali per contrastare lo stress ossidativo e l’infiammazione, due processi strettamente legati all’invecchiamento e alle malattie degenerative.

I legumi in particolare sono una costante nelle zone blu: fagioli neri in Costa Rica, ceci e lenticchie in Grecia, soia in Giappone, tutti alimenti ricchi di proteine vegetali, fibre e composti bioattivi che contribuiscono a mantenere basso il livello di colesterolo e a stabilizzare la glicemia. Le popolazioni longeve non eliminano i grassi dalla loro alimentazione ma li scelgono con attenzione. In Sardegna e Icaria per esempio l’olio extravergine di oliva è una delle principali fonti di grassi, ricco di acidi grassi monoinsaturi e polifenoli con proprietà antinfiammatorie e cardioprotettive, mentre a Okinawa il consumo di pesce e alghe fornisce un’elevata quantità di acidi grassi omega-3, noti per i loro benefici sulla salute cardiovascolare e cerebrale.

Nelle zone blu il consumo di zuccheri raffinati e cibi ultra-processati è estremamente ridotto. Gli abitanti di queste regioni prediligono dolcificanti naturali come il miele o lo zucchero della frutta ed evitano bevande zuccherate e prodotti industriali contribuendo così a mantenere un metabolismo sano e a prevenire patologie come il diabete di tipo 2, l’obesità e le malattie cardiovascolari, tutte strettamente legate a un eccessivo consumo di zuccheri aggiunti. Infine, un aspetto interessante delle popolazioni longeve è la pratica della restrizione calorica involontaria. A Okinawa per esempio è diffuso il principio dell’Hara Hachi Bu, che significa “mangiare fino a sentirsi sazi all’80%”. Questa abitudine riduce il rischio di sovraccaricare il metabolismo e aiuta a mantenere un peso corporeo sano.

L’alimentazione dei centenari delle zone blu non è basata su diete drastiche o regimi alimentari estremi, ma su un equilibrio tra cibi naturali, moderazione e qualità. Il modello che emerge è molto simile alla dieta mediterranea, riconosciuta come una delle più salutari al mondo. Adottare questi principi nella vita quotidiana può rappresentare una strategia efficace per migliorare la salute e aumentare le possibilità di vivere più a lungo in buona forma fisica e mentale.

Dott. SSA BEATRICE BOSCHI Biologa e nutrizionista, beatrice.boschi@virgilio.it – tel. 347 8482948

(Rubrica ESSERE L’Equilibrio tra Benessere, Salute e Società)

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