di Marco Alterini – Come tutti sappiamo, anche se spesso fingiamo di non ricordarlo, i mercati rionali, soprattutto quelli a scadenza settimanale, contribuiscono a mantenere vivi e in vita i nostri centri storici, insieme ai negozi di vicinato, contribuendo anche a sostenere il turismo, in particolar modo quello straniero, che vede i nostri borghi, quando vitali e ben conservati, come autentica espressione del made in Italy e rappresentazione di cosa vuol dire qualità della vita.
Oggi i nostri mercati sono in estrema difficoltà, dopo avere per anni combattuto una battaglia impari contro le abitudini sociali che cambiavano velocemente e che vedevano il consumatore, sempre più spesso, preferire i capannoni periferici della grande distribuzione e successivamente le vendite online dal divano di casa, hanno dovuto anche subire i vari lockdown della pandemia e quando questo sembrava essere giunto alla fine e gli ambulanti, come i piccoli commercianti, erano pronti a ripartire, è arrivata questa maledetta guerra che, insieme all’aumento sconsiderato e ingiustificato dei prezzi, ha bloccato nuovamente i consumi.
Il mercato del martedì a Poppi è uno dei meglio riusciti appuntamenti settimanali della vallata del Casentino e direi della provincia, sono numerosi i banchi che storicamente riempiono piazza Garibaldi a rappresentare tutti i settori merceologici, con eccellenze che spaziano dall’alimentare all’abbigliamento, senza dimenticare frutta e verdura, casalingo, biancheria e quant’altro.
Per analizzare al meglio la situazione attuale di questo storico mercato ho chiesto a Silvano Amatucci (nella foto qui sopra) di fare un bilancio realistico ed oggettivo. Silvano è ambulante dal 1976 e dal 2006 detiene una postazione a Poppi; già presidente Anva negli anni passati, il sindacato di riferimento Confesercenti, è sicuramente personaggio competente nel settore, in grado, meglio di tanti altri, grazie anche alla lunga esperienza, di presentare al meglio la situazione.
Silvano mi conferma che anche il nostro mercato del martedì rispecchia l’andamento negativo generale, ha perso posizioni e rischia di non rivestire più quel ruolo di eccellenza che ha avuto fino ad oggi.
Del resto, continua Amatucci, ogni 100 attività 80 chiudono e solo 20 ne aprono di nuove, fra l’altro le nuove aperture sono generalmente imprese di bassa qualità, senza considerare che è sempre più difficile cedere l’azienda, con l’operatore che si vede costretto a svendere, se non a riconsegnare la licenza, perdendo così quella che, storicamente, era la sua liquidazione, esattamente quello che succede nei piccoli negozi.
Il nostro storico ambulante continua dicendo che la prima cosa da fare a Poppi è riportare il mercato a come era prima del Covid. La pandemia ha costretto gli organi di controllo a dilatare gli spazi fra i banchi e a raggruppare il settore alimentare, che rimane settore trainante, tutto da una parte, rendendo l’offerta commerciale dispersiva e disomogenea e penalizzando soprattutto i settori non alimentari.
I banchi vanno riposizionati in modo razionale, in modo che chi si reca a fare spesa debba passare anche di fronte a quei settori che non sono nelle sue priorità, come del resto era prima della pandemia e come ci insegna la stessa grande distribuzione organizzata, gli spazi tra le postazioni vanno ridotti, occupando metà piazza Garibaldi e la piazza antistante la “casa della salute”, lasciando l’altra metà della piazza Garibaldi a parcheggio, come già doveva essere fatto prima del 2019. Su tutto questo si sono già accordati Anva e Comune di Poppi, ci auguriamo solo che il tutto venga fatto in tempi brevi e non a fine estate, le aziende non possono aspettare quando è in gioco la loro stessa sopravvivenza.
Queste, sempre secondo Amatucci, sono le prime cose da fare a Poppi, più in generale mi dice che al mercato non funziona più l’offerta del prezzo più basso e questo nonostante gli stipendi siano divenuti sempre più corti, il consumatore ha oggi infinite opportunità di trovare offerte al ribasso, ma l’ambulante deve puntare oggi sulla qualità, offrendo varietà di articoli di pregio pronta consegna, sì al giusto prezzo, ma anche con la possibilità di toccarli con mano e di provarli, per quanto riguarda l’abbigliamento, il tutto unito alla professionalità dell’operatore che è in grado di consigliare anche il cliente più indeciso.
È necessario far riscoprire al consumatore il piacere e la gioia di fare spesa in un centro storico, dove spesso si gode anche della vista di quelle opere artistiche e architettoniche che ci ha lasciato la nostra storia e che rendono unico il “belpaese”.
Andare in un mercato rionale, nei nostri borghi, dove gli ambulanti operano in sinergia con i negozi di vicinato, deve essere una festa e in questo ci possiamo aiutare spingendo, per esempio, il settore alimentare, sia ambulante che stanziale, a creare uno street food tutte le volte che si fa mercato, unito anche, perché no, a spettacoli di vario genere, dal culturale al musicale.
La vitalità dei nostri borghi va salvata e per fare questo vanno salvati i mercati rionali e i negozi di vicinato, le pubbliche amministrazioni non possono voltarsi dall’altra parte, queste attività vanno salvate e per essere salvate, in questo momento, hanno bisogno anche di sostegni economici, i comuni devono investire delle risorse per salvaguardare le attività economiche che operano nei centri storici, vogliamo o no che i nostri figli, domani, possano guardare anche qualcosa di diverso e di vero, oltre agli schermi dei lori smartphone?