di Matteo Bertelli – Se l’avvocato Gianni Agnelli arrivò a dire che la sua vita coincideva «per tre quarti con quella della Fiat», allora per Nicola Francioni deve valere lo stesso concetto. Un ragazzo nato a Bibbiena 35 anni fa, sposato da ormai tre con Lucia, un impiego in banca e una passione. Fin qui, magari, niente di eccezionale. Ma – molti che leggeranno già lo sanno – quella di Nicola non la si può neanche più chiamare passione.
Passione è andare allo stadio a seguire la propria squadra, anche quando non vince. Passione è suonare uno strumento e trovarsi una volta a settimana in una sala prove. Passione è sacrificare ore ed ore di ozio per dedicare anima e corpo a una coreografia.
Ma possedere 31 Panda è qualcosa di più, trascende il concetto stesso, in senso positivo. Fino a diventare un qualcosa che non ha forse neanche una reale traduzione in questa nostra lingua che porta il peccato di rendere negativo ciò a cui si dedica anima e corpo, banalizzandolo con sostantivi quali “ossessione”.
Ecco, forse, a voler dilatare il concetto, tra Nicola e la Panda c’è, da anni, una vera e propria storia d’amore. Una di quelle da film degli anni andati, in bianco e nero, che ha un inizio ma non è credibile vederci una fine.
Nicola, la tua collezione è veramente disarmante, non credo esistano altre parole per descriverla. Ma ci puoi dire quando è scoccata la scintilla? È stato un colpo di fulmine o vi siete innamorati a poco a poco, scoprendo lati nuovi e inaspettati?
«Direi decisamente entrambe le cose! Questa passione credo sia nata insieme a me o, comunque, al massimo qualche mese dopo: lo possono testimoniare anche le videocassette dove sono stato immortalato, a poco più di due anni, con un modellino della Panda.
Il passaggio poi ad una vera auto è stato praticamente consequenziale, complice anche la mia famiglia. Prima il mio nonno paterno, nel 1988, poi quello materno, tre anni dopo, decisero di comprarsi una Panda, seguiti a ruota dalla mia famiglia.
Vendemmo la Citroen 2CV per comprare una Panda 750 usata. E da lì fu amore vero: in quei sedili, seduto sulle gambe dei nonni e sostenuto dall’effetto di mio padre, imparai a guidare vivendoci tutta l’infanzia e l’adolescenza».
Diciamo che un po’ è stato anche il destino a volerlo… Ma, senza voler scomodare la metafisica, la domanda sorge spontanea: perché tra i tanti bimbi che hanno giocato con modellini di automobili, tra te e la Panda è nato proprio questo legame?
«È una cosa che rimane difficile da spiegare anche a me, a distanza di anni. La Panda, oggi soprattutto, è diventata un simbolo riconosciuto mondialmente. L’immaginario comune la ricorda come una vettura che ha fatto la storia in Italia e non solo, complice la sua semplicità e robustezza, che l’hanno resa in poche parole “simpatica”. Ma cosa ne poteva sapere quel bambino che ero trent’anni fa?
Probabilmente la risposta più scontata è anche quella più corretta: tornando alla domanda iniziale, questa passione è nata con un colpo di fulmine ma si è sviluppata anche nel tempo, consolidandosi. È sempre stata presente in ogni momento importante della mia vita, dai migliori ai peggiori, legandosi a me in una maniera indissolubile, costruendo di riflesso le basi per una passione che potesse raggiungere questa portata».
Al netto di questa passione, che abbiamo capito avere delle radici profonde e in parte anche insondabili, come mai hai deciso di renderla “reale” con una collezione di questa portata? Non bastava semplicemente avere una Panda per viaggiare nelle strade casentinesi? O proseguire con i modellini?
«Parte della risposta a questa domanda è in un mio personale obiettivo che ho deciso di perseguire: condividere la gioia di vivere questa auto ogni giorno con tutti i miei cari. È per questo, principalmente, che è nato in me il desiderio di ricercare e possedere quante più Panda possibile, soprattutto le versioni speciali! Da qui a voler creare un museo dove contenerle e goderne appieno con famiglia e amici il passo è stato veramente breve. E a 35 anni posso dire di aver quasi coronato questo sogno! Posseggo 31 Panda, una collezione che, per stato di conservazione e rarità dei modelli, si può dire unica in tutto il mondo!».
Parliamo allora brevemente di questa collezione. Ci potremmo fermare al numero di auto da te possedute, già strabiliante di per sé, ma hai accennato anche all’importanza che per te hanno i modelli più rari: ce ne puoi fare qualche esempio?
«Delle trentuno vetture ce ne sono alcune veramente speciali, oltre ad altre a cui sono particolarmente legato per motivi affettivi. Se vogliamo fare un rapido tour tra i pezzi di pregio della collezione, possiamo trovare l’unica Panda Palber prodotta: un’automobile allestita come una Rolls Royce sia internamente che esternamente. Un vero e proprio capolavoro.
Posseggo inoltre una Panda Cabrio, prodotta in Germania, di cui ne esistono solamente tre esemplari al mondo. Ancora, una 4X4 Ambulanza e una 100% elettrica, costruita d’avanguardia dalla Fiat nei primi Anni ’90.
Le ho scelte una ad una perché interessato a quei particolari modelli, ma al momento dell’acquisto mi sono trovato davanti a proprietari che avevano amato quella vettura così tanto da trasformare la trattativa in un “passaggio di consegne”. Loro affidavano a me qualcosa che non andava perduto, con la certezza che io, al contrario, avrei cercato in ogni modo di farlo apprezzare ancora di più.
Insomma, una collezione che comprende pezzi veramente unici, ma che ha un ulteriore pregio: ognuno dei 31 pezzi ha una storia a sé che varrebbe la pena raccontare».
Per chiudere questa chiacchierata così come è iniziata, parlando di emozioni e non di oggetti, vorrei chiederti un aneddoto, una chicca che possa farci brevemente capire cosa intendi quando dici che ognuna delle tue 31 auto ha una storia.
«Allora ti racconto la storia della Panda Top Ten, Matteo. Un modello in edizione numerata, con soli 1000 esemplari, lanciato per festeggiare i 10 anni dalla messa in produzione.
È di un colore fantastico, indefinito, che la Fiat ha usato solo per questa vettura, con i profili e tutti i dettagli color oro… Non si sa neanche con esattezza quante di queste mille esistano ancora, ma andiamo ai fatti.
Era la sera di Capodanno 2015, passeggiando per le strade di Bolzano noto questo modello parcheggiato lungo la via, fotografo la targa e mi metto in cerca della proprietaria.
Una volta rintracciata, però, le cose non vanno nel verso in cui avevo sperato: lei è innamorata di quella Panda, la prima e unica auto che avesse mai posseduto. Non avrebbe mai voluto separarvisi. Prima di salutarla, quindi, decido di raccontargli la mia storia e di farle capire la mia passione, smuovendo qualcosa in lei. Torno a casa senza aver concluso l’affare ma rimaniamo in contatto e, senza accorgersene, diventiamo veri e propri amici a distanza.
Solamente cinque anni dopo riceverò una chiamata in cui mi comunica la scelta di voler vendere la propria auto e io parto subito, assieme a mia moglie, pronto ad aggiungere alla collezione un pezzo pregiato. Ma non solo: quando ci incontriamo ci sembra di conoscerla da sempre e, insieme a suo marito, adesso sono praticamente parte della mia famiglia!
In fondo, forse, la Panda per me è stata sempre questo: il mezzo per conoscere belle persone che mi fanno apprezzare ancora di più questa vita!».