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domenica, 19 Gennaio 2025

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Meno tablet e più natura!

di Fiorenzo Rossetti – Ragazze e ragazzi riversi su schermi dalle dimensioni più varie; dallo smartphone al grande schermo TV, passando da tablet a console di videogiochi. Case silenziose e condomini in cui non si litiga più per il rumore della palla giocata dai bambini. Questa è ormai la triste realtà che attanaglia le giovani generazioni (e non solo!).

Vi è un continuo vivere on line, connessi ad altri apparati informatici, in un contesto esterno e parallelo alla vita reale. Pare che per ogni cosa da fare ci sia una App appositamente creata che ci possa aiutare e che per ogni luogo da visitare un video illustrativo che possa appagare la nostra sete di viaggio e visita. In pochissimo tempo siamo passati da generazioni che usava le mani per produrre ogni sorta di cosa che ci serviva, a quella attuale che usa le mani solamente al fine di portarci in giro le dita che servono per strisciare uno schermo.

I nostri ragazzi non vivono: stanno appesi per il cervello a fili di rame e fibre ottiche. A questo dato occorre aggiungere il fatto che questa continua ossessione da device elettronico si accompagna ad una generale immobilità fisica, riluttanza per tutto quello che è relazione sociale in presenza, avversione alla variazione di confort climatico, repulsione per ogni forma di vita naturale (a favore dell’asetticità), mancanza di fantasia e degli stimoli ad esplorare il mondo, perdita di autosufficienza.

Siamo di fronte ad un uso delle tecnologie smart molto pericoloso, che ci porta alla deriva sociale, economica e culturale. In campo pedagogico ed educativo, da anni, si sono sviluppati dei programmi chiamati “outdoor education”, dedicati all’infanzia e alla popolazione scolastica che, partendo proprio dalle considerazioni appena fatte, tenta di riportare i nostri ragazzi ad una visione inclusiva anche del mondo fisico che ci circonda. Programmi che mirano a considerare il fango e lo sporco di erba sui pantaloni qualcosa di positivo, ad incentivare il gioco all’area aperta stimolando la creatività, l’uso delle mani e il contatto con gli elementi naturali.

In questo contesto al Parco delle Foreste Casentinesi può essere assegnata una nuova valenza, una ulteriore motivazione a testimonianza del valore di questa area protetta, non più solo come spazio dallo straordinario capitale naturale e culturale, ma anche luogo dalle grandi potenzialità sociali, formative ed educative. C’è bisogno di natura per i nostri ragazzi! Il Parco potrebbe offrire l’occasione per far comprendere il valore della disconnessione dalla linea internet. Anche una semplice escursione sui sentieri dell’area protetta può rivelarsi molto utile per assaporare la sensazione di misurarsi con gli elementi naturali, con la fisicità del cammino, con la curiosità dell’esplorazione e la conoscenza dei viventi che ci accompagnano.

Occorrerebbe strutturare questo aspetto delle aree naturali protette, formalizzare i Parchi come luoghi di alfabetizzazione dello stare all’area aperta, dell’usare il corpo per spostarsi, della mente per orientarsi e navigare sul territorio, delle mani per costruire e dello stare vicini per socializzare.

In questo Natale spero che si siano regalati ai propri figli meno tablet e più esperienze in natura. Eh già, non è certamente semplice convincere i nostri ragazzi a prendere delle pause dalla loro strumentazione elettronica a favore del freddo pungente, della neve che si infila negli scarponi, della fatica di camminare senza un (apparente) senso, di centellinare e dar valore all’acqua e al cibo che abbiamo con noi, risolvere ogni problema che si può presentare utilizzando l’aggregazione, l’ingegno, le tecniche e le doti manuali.

L’importante è che noi genitori ci mettiamo in gioco; dobbiamo essere i primi a comprendere l’urgenza di assistere i nostri figli, oramai da considerare ammalati di social media e orfani di natura, proponendo una visione diversa, correttiva, che possa aiutare le giovani generazioni.

Si auspica che il Parco (e il Ministero competente) comprenda il potenziale dell’ambiente che custodisce in questa speciale chiave pedagogica e che si possa adoperare per strutturare un piano (comprensivo di apporti di altri soggetti coinvolgibili) che possa definirsi una sorta di “NaturaTerapia” contro l’uso distorto e l’eccessiva tecnologia da parte delle cosiddette generazioni Z.

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