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sabato, 3 Maggio 2025
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Un importante sabato di cultura a Bibbiena: inaugurazione dell’Edicola di Piazzolina e della mostra per i 20 anni del CIFA

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EDICOLA DI PIAZZOLINA “Un bel progetto di rilancio di un pezzo importante del centro storico fatto grazie a un accordo tra privato, pubblico e associazionismo attivo. L’amministrazione ha voluto sostenere questo progetto per sostenere tutto il centro storico, visto il valore culturale di questa realtà e la sua centralità nel contesto del tessuto sociale. Il nostro grazie va all’azienda che ha reso possibile questa operazione, all’associazione Il Podestà, alla società Fruska, che si occuperanno della gestione dell’edicola. Un ringraziamento va anche a Michele, il proprietario dell’edicola, che continuerà a essere parte attiva di questo progetto. Oggi questa realtà inizierà a promuovere cultura nel centro storico e a Bibbiena, a essere presenza attiva, luogo dove nascono collaborazioni virtuose e nuove idee”, commenta il Sindaco Filippo Vagnoli che invita tutti i cittadini a prendere parte a questa inaugurazione

 L’Edicola di Piazzolina è il nome che è stato scelto per riaprire lo storico locale che rimanda al senso di appartenenza dei bibbienesi ad uno dei luoghi simbolo del paese – Piazzolina, appunto – dove ogni anno si tiene il momento più bello della tradizione della Mea.

Vagnoli conclude: “Questa cordata di solidarietà e amicizia, che vede impegnate varie realtà nella riapertura e varie anime del centro storico per la gestione, volontari dell’associazione, secondo me, è un momento altissimo di civismo e di impegno che ci piace festeggiare come merita. L’inaugurazione dell’edicola è quindi un momento della comunità che si vuole ritrovare nella cultura e nella condivisione”.

CIFA La casa ella fotografia di autore, il CIFA, compie 20 anni. Istituito nel 2005 per volontà della Federazione Italiana Associazioni Fotografiche (FIAF), con l’obiettivo di evitare la dispersione della produzione più significativa degli autori italiani e valorizzare il patrimonio della fotografia italiana non professionale, da sempre al centro dell’attività della Federazione, fondata nel 1948 e oggi presente con oltre 500 circoli affiliati e decine di migliaia di soci attivi su tutto il territorio nazionale.

Il CIFA rappresenta oggi un esempio unico nel panorama culturale italiano: un centro espositivo permanente, un archivio attivo, un motore culturale diffuso, profondamente radicato nel territorio e, al tempo stesso, proiettato in una visione nazionale e internazionale della fotografia.

Per celebrare questo importante traguardo, il CIFA apre i propri archivi, la propria memoria e il proprio sguardo sul futuro con una mostra che racconta e onora questo straordinario percorso culturale.

Le tante sfumature della Cultura Fotografica – 20 anni del CIFA | 2005 -2025 è

un’esposizione che invita il pubblico a intraprendere un viaggio attraverso i progetti, gli autori, le immagini e le idee che hanno segnato due decenni di attività. Un’occasione non solo per ripercorrere quanto realizzato, ma anche per riflettere sul ruolo della fotografia nella costruzione del nostro immaginario collettivo.

La mostra – visitabile dal 12 aprile al 2 giugno 2025, con inaugurazione sabato 12 aprile alle ore 17.00 – propone un articolato percorso espositivo che racconta vent’anni di progettualità e visione della FIAF attraverso linguaggi, generazioni e memorie fotografiche.

Saranno esposte otto delle mostre più curatoriali realizzate dalla FIAF in questi anni

accanto a una selezione di immagini tratte dai Progetti Nazionali, dall’archivio storico del CIFA, dalle Biennali dei Giovani Autori e dal progetto “Crediamo ai tuoi occhi”.

Uno spazio sarà dedicato anche ai tredici Grandi Autori che la FIAF ha celebrato nel corso del tempo, mentre una sezione speciale renderà omaggio ai vincitori di “Portfolio Italia”.

Completano il percorso una serie di tavoli tematici con l’esposizione delle pubblicazioni storiche e recenti edite dalla FIAF, a disposizione del pubblico per la consultazione.

Il CIFA era nell’ottocentesco un carcere mandamentale e la mostra è anche un’occasione preziosa per scoprire lo straordinario contenitore architettonico, un edificio ottocentesco di grande fascino, recuperato con un accurato intervento di restauro conservativo che ne ha mantenuto intatta la struttura originaria, reinterpretandola in chiave culturale.

Costruito nella seconda metà del XIX secolo e dismesso negli anni ’60, il complesso è stato oggetto di un importante progetto di rigenerazione urbana che ha saputo restituire alla comunità uno spazio dalla forte identità storica, trasformandolo in un luogo di incontro, studio e produzione culturale. Le sue sedici celle originali, distribuite su due livelli, oggi accolgono mostre fotografiche ed esposizioni temporanee, mentre gli spazi comuni – tra cui un suggestivo ballatoio affacciato sul

corridoio centrale e una corte interna protetta da alte mura perimetrali – conservano il carattere austero dell’antica destinazione d’uso.

Il risultato è un unicum nel panorama italiano: un museo della fotografia che dialoga ogni giorno con l’architettura che lo contiene, capace di evocare memorie, suscitare riflessioni e offrire una fruizione culturale intensa e immersiva.

 

Il Sindaco Filippo Vagnoli commenta: “Grazie al grandissimo lavoro della FIAF, di Roberto Rossi e degli appassionati di fotografia siamo arrivati a festeggiare questo bel traguardo. Questo è il luogo che ha dato impulso alla galleria Fotografica a Cielo aperto, a Bibbiena città della fotografia, al Festival internazionale di fotografia del Casentino. E’ un luogo che, soprattutto negli ultimi anni, è diventato un punto di riferimento importante del nostro territorio, dove i cittadini e le cittadine si rispecchiano e si ritrovano a celebrare la cultura come bene di tutti. Ringrazio le tante persone che ogni giorno, da venti anni, hanno lavorato in maniera profonda per arrivare a questi risultati che, oggi, vogliamo celebrare tutti insieme”.

Ponte a Poppi: nuovo assetto del mercato

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Il mercato storico di Ponte a Poppi torna in piazza Garibaldi al completo. Soddisfazione di Confesercenti che in più occasioni ha sollecitato l’amministrazione comunale a tornare all’assetto  originale come richiesto dalla maggioranza degli ambulanti.

“Da martedì scorso“ spiega Marco Alterini, presidente Confesercenti Casentino e storico commerciante di Ponte a Poppi “il mercato settimanale è tornato alla normalità riposizionandosi come nel periodo pre Covid”.
La pandemia aveva imposto per consentire il rispetto delle normative sul distanziamento, la divisione tra settore alimentare  e non, creando di fatto due mercati: uno non alimentare in piazza Garibaldi e l’altro alimentare, in una parte del parcheggio della Casa di Comunità.

Adesso che il periodo emergenziale è lontano, finalmente la scelta amministrativa, come da tempo richiesta da Confesercenti e dalla maggioranza degli operatori, di tornare alla normalità con la disposizione dei concessionari.

“Finalmente l’amministrazione comunale” continua Marco Alterini “ha accolto una richiesta di cui a più riprese ci eravamo fatti interpreti nella convinzione di migliorare la fruibilità e l’accessibilità di un evento di grande interesse grazie alla varietà merceologica e all’offerta commerciale di 30 banchi protagonisti di un appuntamento settimanale tra i migliori a livello provinciale. A Ponte a Poppi il mercato storico del martedì è infatti ben radicato tra le abitudini dei consumatori e resta attrattivo per la clientela non solo locale ma di tutta la vallata”.

Il ringraziamento di Confesercenti va quindi all’amministrazione comunale. “Grazie al comune di Poppi” ribatte il presidente di Confesercenti Casentino “per la soluzione adottata. Per il futuro, restano ancora alcuni aggiustamenti da apportare per renderlo maggiormente equilibrato e funzionale. L’auspicio è quindi che al termine del breve periodo di sperimentazione di questo nuovo assetto, si possa entro l’estate, adottare formalmente in consiglio comunale la nuova planimetria”.

“Ed in un’ottica più ampia” conclude Alterini “invitiamo le amministrazioni comunali dell’intera vallata del Casentino a porre maggiore attenzione ai mercati affrontando la riorganizzazione e prevedendo, dove necessario, anche tagli funzionali di posteggi per renderli maggiormente compatti in modo da poter rilanciare l’immagine anche grazie alla promozione”.

Campaldino Tennis, tesoro di Poppi

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di Eleonora Boschi – Di voci, si sa, ne girano sempre tante, ma se anche voi avete sentito dire che il Tennis di Poppi verrà spostato… beh, forse avete sentito bene. Lucio Valeri, presidente del Campaldino Tennis da ormai più di dieci anni, ci racconta la storia di quei campi da tennis che tutti ormai conosciamo e quello che potrebbe succedere in un futuro non troppo lontano a una società che oggi accoglie tanti bambini e adulti da tutto il Casentino.

Ci racconti qualcosa del Campaldino Tennis, la sua storia, le attività svolte e i servizi offerti? «La Campaldino Tennis è nata nel 1965 e proprio quest’anno festeggiamo i 60 anni dell’attività. Per questo motivo, il 14 giugno, faremo una grande festa. Stiamo organizzando un convegno al Castello dei Conti Guidi di Poppi dal titolo “Il tennis ieri, oggi e domani”, che sarà seguito da una festa al circolo del tennis con un evento sociale. Ci saranno anche degli ospiti, dei quali adesso però non posso ancora fare i nomi. Il tennis è nato all’interno della polisportiva omonima e, all’epoca, era l’unica società del comune di Poppi che proponeva vari sport quali calcio, tennis, basket e bocce. Venne fondata dal Dottor Mario Carlo Magno che aveva preso spunto dalla sua attività a Firenze presso il Circolo Tennis Firenze, uno dei più antichi in Italia. Dalla sua idea iniziale l’attività ha continuato a svilupparsi fino ad arrivare ai nostri giorni. All’inizio la struttura era composta solo da un campo di calcio, poi subito dopo pochi anni dalla costituzione furono creati i campi in terra rossa da tennis, un campo da basket e una piccolissima palazzina che ancora oggi è simbolo principale della struttura. Negli Anni ’80 sono stati costruiti poi ulteriori campi da tennis e da lì ci siamo evoluti fino ad arrivare a oggi. L’attività ha visto un grande sviluppo perché i consiglieri e l’allora presidente Giuseppe Valeri decisero di costruire una scuola tennis; questo comportava la necessità di avere un maestro, e il primo, che è ancora con noi oggi, è stato Gino Lucci. Da li siamo diventati una vera scuola di insegnamento. Negli Anni Ottanta avevamo circa 110 bambini iscritti alla scuola e l’attività iniziò ad allargarsi creando squadre, competizioni e tornei fino ad arrivare nel tempo a numerosi risultati anche agonistici sia di carattere regionale che nazionale. Arrivando ai nostri giorni e soprattutto dopo il Covid il tennis ha avuto uno slancio sotto tutti i punti di vista. Già prima della pandemia il nostro era uno sport in netta crescita, dopo un po’ di crisi avuta negli anni precedenti. Oggi, vantando l’Italia di alcuni dei giocatori migliori del mondo, possiamo dire che il tennis e la nostra attività sono in forte crescita. Negli anni, la voglia di far conoscere il nostro sport ci ha permesso di costruire una bella azienda.

Ad oggi siamo un ASD senza scopo di lucro, ma con esigenza di staff tecnico, una custodia e una segreteria. Oggi la Campaldino Tennis conta 5 persone quasi a tempo pieno e quindi può essere considerato come una vera azienda. Avendo a che fare con bambini, che sono la nostra priorità, la gestione di tutto non è semplice, dovendo rispettare normative sempre più esigenti. Si tratta di un’attività molto legata al rapporto col territorio e con i bambini, ma è importante ricordare che il circolo sportivo fa anche molta attività sociale: si tratta di punto di ritrovo, che organizza eventi cercando di ramificare le attività di un comune dove non ci sono soltanto giovani. Negli ultimi anni abbiamo iniziato a fare anche delle attività fuori dal circolo, andando a Badia Prataglia, Talla e Chitignano. A seguito di varie richieste abbiamo messo a disposizione il nostro staff tecnico ad altre realtà che sono poi cresciute con noi. A Chitignano, per esempio, contiamo circa 35 persone che hanno iniziato a giocare a tennis alla Pro Loco».

Abbiamo saputo che c’è in programma di trasferire i campi da tennis per costruire un parcheggio sotto il castello, è vero? Cosa può dirci al riguardo? «Abbiamo parlato in modo tranquillo con l’Amministrazione comunale subentrata all’ex sindaco Toni e ci hanno prospettato un probabile spostamento del circolo. Non credo che, se la cosa riuscirà, sarà fatto in tempi brevi. La scelta dell’Amministrazione può essere condivisibile come no, ma io ad oggi non ho una risposta. La nostra problematica a fronte di uno spostamento è che Campaldino Tennis necessità della struttura che ha. Se ci sposteranno, dato che la proprietà del terreno è del comune, noi abbiamo l’esigenza di almeno replicare la struttura che abbiamo oggi a Bramasole e quindi vorremmo una struttura che possa garantirci di andare avanti con un certo tipo di attività. Abbiamo bisogno dei campi, di una palazzina, dei servizi.

Abbiamo in mente di ampliare le offerte creando anche un campo da padel, uno da pikleball, una piccola palestra, dei campi tribuna dove poter svolgere manifestazioni e tornei importanti, quindi se il comune ha esigenza di spostarci, deve assecondare anche le nostre richieste progettando insieme qualcosa che sia utile anche a ciò che vogliamo fare noi. Non ho molte notizie al riguardo però. Abbiamo parlato di questa ipotesi nel nostro consiglio; noi valuteremo tutto a tempo debito.

Se lo spostamento avverrà tutto dovrà essere programmato con attenzione, perché noi non possiamo permetterci di fermare le attività ed è per questo che ho chiesto massima collaborazione all’amministrazione. A tal proposito, so che stanno cercando delle risorse e soluzioni per gestire lo spostamento mettendoci in condizioni di iniziare subito da un’altra parte. Noi siamo molto disponibili al dialogo e a cercare di capire cosa si può fare insieme, ma dobbiamo aspettare e vedere quelle che saranno le proposte più concrete perché ad oggi non ho niente in mano. Siamo in continuo contatto con il nostro referente che è l’Assessore Maggi che devo dire si sta veramente prodigando e con il quale stiamo lavorando ottimamente».

La società ha ancora una convenzione per la gestione dello spazio per altri 4-5 anni: cosa succederà dopo la scadenza? «Si, c’è una convenzione in atto, e per il momento continua ad essere valida. La convenzione dovrebbe scadere tra qualche anno, vedremo cosa succederà. Ad oggi, realizzare un impianto sportivo che rispetti le normative vigenti e le nostre esigenze non è facile. Non si tratta quindi di uno spostamento che avverrà dall’oggi al domani ed è importante che venga comunicato per tempo, anche perché, un circolo come lo vorremmo noi, comporta almeno un anno di lavori e una programmazione molto attenta».

Quali sarebbero le conseguenze di una riduzione dei campi da 4 a 2 per il circolo e per chi lo frequenta? «Questa è una voce che si è sentita dire in giro per il Paese ma non è una strada percorribile. La nostra intenzione è quella di ampliare l’attività e dimezzare i campi sarebbe quindi una grande perdita. Oggi la nostra attività si basa su quattro campi che, in alcuni casi, sono già pochi. Inoltre sarebbe una perdita anche economica, perché con 80 bambini, 5 dipendenti e le utenze da gestire, è fondamentale per noi mantenere i ritmi attuali».

Qualora dovesse avvenire questo spostamento, il nuovo impianto sarà sempre a Poppi o c’è la possibilità che cambi anche luogo? «Sicuramente sarà a Poppi, anche perché ci sono già altre realtà in Casentino, vedi Bibbiena e Stia, anche se con attività diverse. Noi siamo la società più antica di Poppi e vorremmo rimanere qua. Se la posizione cambierà da Poppi Alto a Ponte a Poppi non so, ma ciò che conta è rimanere qua assolutamente nel nostro Comune».

C’è un messaggio particolare che vuole lasciare in questa situazione di incertezze? «Vorrei far capire alle persone, in generale, che molti non si rendono conto della nostra importanza a livello sociale all’interno di una comunità. Un genitore affida i propri figli a una società e crescono insieme a noi, giocano, vincono, si ritrovano. Inoltre, non si percepisce molto lo sforzo che anche noi facciamo. A parte i cinque dipendenti regolarmente contrattualizzati, noi siamo tutti volontari e per mandare avanti tutto ci sono nove persone in aggiunta alle altre che ogni giorno si ritrovano, risolvono problemi, affrontano spese. Noi viviamo del nostro lavoro e della nostra attività e non possiamo permetterci di sbagliare. Molti dovrebbero cercare capire meglio cosa vuol dire gestire un’attività sportiva dove si ha a che fare con tante persone, soprattutto con bambini, e con tutti i rischi che ne seguono. Aldilà della gestione di per sé, le normative stringenti introdotte negli ultimi anni negli ambienti simili al nostro, ci impongono di far osservare dei regolamenti che per molti sono scontati.

Ci sono problemi legati a responsabilità oggettiva o medica, per esempio, e quindi non si può accedere ai campi senza certificato medico non agonistico. Questo meccanismo che ci impone di essere normativamente in regola viene spesso sottovalutato dagli altri. Vorrei anche però menzionare alcune persone all’interno della Campaldino Tennis che insieme a me dedicano gran parte della giornata al fine di portare avanti il nostro concetto di Sport. Il mio Vice Presidente Davide Martone che insieme a me è cresciuto fin da piccolo qui a Bramasole; Cristiano Alterini che ormai è diventato il punto di riferimento di tutti i nostri Atleti; Giuseppe Valeri, uno dei Fondatori e Presidente per tantissimi anni, il quale sta dedicando tutto il suo tempo a questa gloriosa Società. Vorrei ringraziare Patrizio Ricci e Michela Martelli i nostri gestori, Matteo Lucci il nostro giovane Maestro Nazionale e Direttore della Scuola, Gino Lucci il nostro Maestro storico, Rita Gori la nostra Maestra Giocatrice, Andrea Ferro Preparatore Atletico, Fabrizio Gargiani il nostro arbitro e poi Giuliano Brunelli, Luca Fortino, Francesco Barbanti e Pierpaolo Cipriani i nuovi consiglieri da poco eletti».

Ci salutiamo così, senza sapere bene quale sarà il futuro del Campaldino Tennis di Poppi, ma con la grande speranza che, ovunque sarà, questa grande società possa continuare ad arricchire la nostra vallata come fa da tanto tempo.

La Toro si ritira, la Hsg continua a lavorare

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“E’ una grande gioia”. Alessandro Mugnai, dirigente Filctem Cgil, la butta sul personale ed evita il sindacale.  “E’ stato garantito il futuro a 13 lavoratori e alle loro famiglie”.

La Toro Wood ha comunicato la sua rinuncia alla nuova asta per lo stabilimento di Castel San Niccolò che andrà quindi alla Hsg, l’impresa che attualmente lo occupa per la sue lavorazioni tessili. La Toro Wood ha dichiarato di non volere “essere in qualsiasi modo complice del licenziamento dei dipendenti”.

Oggi pomeriggio nuovo incontro il Prefettura che, a questo punto, non dovrà far altro che prendere atto della nuova situazione. “Ed è quella per la quale ci stiamo battendo da settimane – commenta Mugnai. La Hsg sarà proprietaria dell’immobile e potrà quindi proseguire l’attività garantendo l’occupazione. Per noi è una grande gioia perché si è garantito il futuro a 14 persone e alle loro famiglie. E saranno proprio i dipendenti della Hsg ad apriire il corteo per i 5 referendum che sabato partità da Bibbiena per raggiungere Soci. Quella che abbiamo ottenuto è una vittoria di tutti”.

Mugnai ringrazia la Hsg per aver creduto in questa vertenza e la Toro Wood per avere compreso a quale rischio avrebbe esposto i lavoratori. Un ringraziamento speciale al Prefetto di Arezzo che  si è impegnato al massimo, con i suoi uffici, per il raggiungimento di questa positiva soluzione. Un ringraziamento ai Comuni della vallata per il loro impegno e ai media per la professionalità e l’attenzione che hanno dedicato a questa vertenza.

“Un ringraziamento particolare – conclude Mugnai – va al livello confederale della Cgil che con Alessandro Tracchi ha sostenuto con determinazione la categoria. Infine grazie ai lavoratori che non hanno mai mollato la presa e hanno difeso con grande coraggio e decisione non solo il loro posto di lavoro ma un pezzo importante dell’economia casentinese”.

Il Montemignaio vince e si salva, il Casentino Academy è in finale playoff

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di Mirko Goretti – Termina con un pareggio per 1-1 il big match dell’ultima giornata di Promozione tra Casentino Academy e Audax Rufina. Un risultato che consente ai gialloverdi di chiudere al secondo posto ma che non basta per attivare il cosiddetto “meccanismo della forbice”. Secondo il regolamento FIGC, infatti, se il distacco tra seconda e terza classificata è pari o superiore a 10 punti, i playoff di girone non vengono disputati e la seconda accede direttamente alla Final Four regionale.

In questo caso, il margine tra Casentino Academy e Audax Rufina è rimasto a 8 punti, rendendo necessaria la disputa della semifinale playoff tra la terza (Audax Rufina) e la quarta (Fiesole). Il Casentino Academy, forte del +10 sul Montagnano (quinto), grazie alla stessa regola sopra citata salta la semifinale e vola direttamente alla finale playoff del girone C, dove attenderà la vincente della sfida tra Rufina e Fiesole. Pareggia 1-1 anche il Subbiano sul campo del Viciomaggio (gol di Samuel Steccato). Un punto che vale oro, perché garantirà ai gialloblù di disputare il playout salvezza tra le mura amiche: appuntamento fissato per il 27 aprile, contro il Dicomano.

In Prima Categoria, doppio 0-0 per le casentinesi impegnate in trasferta: il Bibbiena impatta contro l’MC Valdichiana, mentre il Capolona Quarata chiude a reti inviolate contro il Montalcino. Con una sola giornata al termine, i rossoblù di mister Bazzarini si mantengono quinti a 45 punti, ma per accedere ai playoff dovranno battere il Montalcino o sperare in un passo falso del Torrenieri (secondo con 9 lunghezze di vantaggio sul Bibbiena), impegnato contro l’Atletico Piancastagnaio. Un eventuale arrivo a 10 punti di distacco escluderebbe automaticamente il Bibbiena dagli spareggi. Il Capolona Quarata, invece, è atteso da un’ultima sfida fondamentale in chiave salvezza: servirà una vittoria contro l’Amiata per evitare i playout e conquistare la permanenza diretta in categoria.

Scendendo in Seconda Categoria, la più rappresentata dalle squadre casentinesi, è missione compiuta per il Montemignaio (nella foto), che regala una delle prove più convincenti della stagione nel momento decisivo: netto 3-0 interno al Rassina, con doppietta di Parise e sigillo di Castri. Vittoria che vale la salvezza matematica con un turno d’anticipo e la certezza di disputare anche la stagione 2025/2026 in Seconda Categoria. Sconfitta comunque indolore per il Rassina, già salvo da una settimana e ora nono con 38 punti, uno in più proprio del Montemignaio. Battuta d’arresto per il Poppi, che esce sconfitto per 3-1 dal campo della Fratta Santa Caterina. A nulla è servita la rete di Yannik Koffi. Ai ragazzi di Roberto Gnassi domenica prossima servirà almeno un punto contro il Terontola, già retrocesso, per evitare i playout, a patto che il Laterina venga sconfitto dal Badia Agnano. Se il Laterina dovesse pareggiare, al Poppi servirebbe invece una vittoria. Terzo pareggio consecutivo per il Pratovecchio, che non va oltre l’1-1 a Terontola con gol di Luca Ciabatti. Ai rossoneri basterà un punto nell’ultima giornata contro la Fortis Arezzo per blindare il quarto posto e accedere ai playoff. Lo Stia, già campione, cade 3-1 in casa contro l’Indicatore, con rete di Lorenzo Vangelisti, all’ottava marcatura stagionale.

Lo Strada, squadra valligiana impegnata in Terza Categoria, esce sconfitta per 2-0 dal campo di Faella. Nonostante il ko, i biancoblù restano quarti in classifica con 46 punti e pienamente in corsa per un posto nei playoff. Con tre partite ancora da giocare, la sfida del 27 aprile contro la Sangiustinese, attualmente seconda, si preannuncia già decisiva per il cammino finale dei ragazzi di Michele Mazzone.

 

 

Benvenuta Luce del Sole

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libro 23

testo e foto di Andrea Barghi Goaskim – Lentamente la stella di fuoco emerge tra le nebbie mattutine, e con le sue lame di luce si affaccia alla porta del tempo, annunciando la Primavera. È una benedizione divina essere inondati dalla luce del sole che, dopo il lungo inverno, torna a movimentare il mondo. La sua luce ci ricarica di energia e migliora il nostro umore, ci fa diventare più creativi aprendo la nostra mente al cambiamento. Rinsalda il nostro equilibrio psicologico “obbligandoci” a sorridere, permettendoci di vedere le cose con positività.

Il mondo naturale è consapevole di questi benefici e il Casentino e le sue foreste sono privilegiati, poiché appena la stella dispensatrice di luce sorge dal mar Adriatico velocemente sale… sale… sale… per giungere allo Zenith, e inviare i suoi emissari vestiti da lame dorate a illuminare il cupo sottobosco ridandogli vita. Nella nostra foresta è tutto un sussurrare di eventi, i caprioli salutano quel momento con un lungo e rauco abbaio, uscendo nelle radure in compagnia di daini e cervi, le gemme degli alberi diventano foglie e tappezzano di verde bosco le faggete, le cui sfumature variano dal profondo al brillante e offrono una ricchezza cromatica che va oltre i classici neutri, richiamando le tonalità intense della natura.

I brusii, presto inondano la foresta, il canto degli uccelli è un’armonia celestiale e il tamburellare del picchio ne cura il background… è tutto un ribollire di vita. Persino all’eremo di Camaldoli, la porta della cella del priore generale si apre, e permette alla luce del sole di penetrare, attraverso la corona di abeti che custodisce quelle mura millenarie sin dalla notte dei tempi, quel luogo spirituale.

I crocus sono i primi fiori che si avventurano sui prati e si moltiplicano con festosa creatività sui prati nei vialetti della clausura e, guidati dall’energia che la luce del sole dona loro, si avventurano nel sottobosco, colonizzandolo. Evviva la luce del sole, sembrano applaudire le abetine indorate da quell’essenza, che fa sentire noi umani in modo speciale e ci invoglia a innamorarci nuovamente della vita, a fare passeggiate e corse sfrenate, tra prati e faggete, mentre torrenti impetuosi ed esuberanti, gridano di gioia precipitando da cascate rinvigorite dallo sciogliersi della neve.

Quel grido di gioia, echeggia tra le antiche e ancestrali foreste casentinesi, grazie al calore degli emissari della grande stella. È un momento esaltante che ci induce ad alzare gli occhi al cielo e gridare con quanto fiato abbiamo: «Benvenuta Luce del Sole!».

Quando riapre un’edicola

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di Melissa Frulloni – “Quando siamo venuti a conoscenza della chiusura dell’edicola di Piazzolina siamo rimasti veramente male. Non solo perché Michele Luciello (nella foto sotto a sinistra), il titolare, è un caro amico che conosciamo da anni, ma anche perché l’edicola è da sempre stata un punto fermo per il centro storico di Bibbiena; un luogo in cui ritrovarsi, oltre che per comprare il giornale.

Esordisce così Franca Biancucci, Segretaria dell’Associazione “Il Podestà per l’arte e la cultura”, quando la incontriamo proprio davanti alla porta chiusa dell’edicola di Piazzolina. Il nostro incontro con lei e altri membri dell’associazione però non è casuale; sì perché grazie a loro e ad altre realtà del Casentino l’edicola potrà presto riaprire i battenti. È successo tutto per caso, un sabato mattina, davanti alla saracinesca abbassata; un’idea nata spontaneamente da Stefano Brami, Presidente dell’associazione, Marco Roselli, apprezzato autore casentinese e Roberto Frulloni, Presidente della casa editrice Fruska.

Per tutti era impensabile non fare qualcosa per riaprire l’edicola; l’abbiamo sempre vista come un punto di ritrovo, una certezza; anche per le persone anziane che vivono nel borgo si tratta di un servizio quasi essenziale, perché per molte di loro andare a comprare il giornale, uscire e fare quattro chiacchiere, aiuta a scandire le giornate. Ma anche per persone meno in là con gli anni è un presidio che crea comunità.” Ha continuato Franca. Ma come ogni buona idea, anche questa aveva bisogno di essere strutturata e serviva chi poteva supportarla (soprattutto economicamente) per essere trasformata in progetto e poi in realtà.

Grazie al contributo di Aruba e del Comune di Bibbiena, che hanno abbracciato con entusiasmo l’idea di riaprire un luogo così simbolico per il paese, sarà veramente possibile tornare in Piazzolina a comprare il giornale… e non solo! A questo fondamentale contributo economico si unirà quello di braccia, gambe, teste e cuori dei volontari dell’associazione, della casa editrice Fruska, del nostro giornale e di tutti quelli che vorranno dare il loro aiuto per far vivere ancora l’edicola del centro storico di Bibbiena.

«La riapertura della storica edicola di Piazzolina rappresenta un traguardo significativo per Bibbiena e per il nostro centro storico. In un periodo in cui le edicole stanno affrontando grandi difficoltà, siamo riusciti a dare nuova vita a un presidio culturale essenziale grazie a una straordinaria sinergia tra istituzioni, associazioni e aziende del territorio. Voglio esprimere un ringraziamento sentito alla società Fruska e all’Associazione “Il Podestà per l’arte e la cultura” che con grande impegno e dedizione si occuperà della gestione dell’edicola, garantendone la continuità e trasformandola in un punto di riferimento per la comunità. Un grazie speciale va anche ad Aruba S.p.A., che ha deciso di credere in questo progetto, sostenendolo insieme al Comune con un contributo economico fondamentale per rendere possibile questa riapertura. Un ringraziamento va anche a Michele, storico proprietario dell’edicola, che continuerà a essere parte attiva di questo progetto.

Senza questa grande collaborazione, tutto questo non sarebbe stato realizzabile.» Ha tenuto a precisare il Sindaco Vagnoli, che ha continuato: «Le edicole non sono solo luoghi di vendita di giornali, ma veri e propri spazi di cultura, informazione e socialità. Per questo, come amministrazione, abbiamo scelto di investire con convinzione in questo progetto, così come abbiamo fatto con il Festival del Libro, che ha riscosso un grande successo, dimostrando quanto la lettura e la cultura siano elementi centrali per la crescita della nostra comunità. Bibbiena dimostra ancora una volta che, unendo le forze, si possono raggiungere risultati straordinari.»

L’Edicola di Piazzolina è il nome che è stato scelto per riaprire la storica “Cinecittà” di Michele e vuole far leva sul senso di appartenenza dei bibbienesi ad uno dei luoghi simbolo del paese.

Come funziona il progetto La gestione dell’edicola sarà in mano a Michele che coprirà il “turno” della mattina, occupandosi dei quotidiani e dei resi del giorno precedente. Riprenderà anche il suo consueto giro nei bar del paese a cui, come ha fatto per tanti anni, porterà ogni mattina i quotidiani. “Si tratta di un servizio che nessun’altra edicola svolge!” Ci ha detto Michele: “L’ho sempre fatto e adesso che riapriremo l’edicola riprenderò con il mio solito giro; è un plus a cui ormai molti bar e lettori sono abituati e in questi mesi che sono stato chiuso è mancato a molti.” Il pomeriggio invece L’Edicola di Piazzolina sarà nelle mani dei volontari dell’associazione che, calendario alla mano, si divideranno in una turnazione che vuole coprire le ore pomeridiane. In questo momento della giornata l’edicola sarà aperta per rispondere alle esigenze della comunità; sarà sempre possibile acquistare giornali e riviste, ma la porta aperta e la luce accesa al suo interno saranno anche simbolo di scambio, di condivisione, di spazio libero e aperto appunto in cui potersi fermare, fare due chiacchiere, incontrarsi.

Oltre l’edicola L’idea di tutte le persone coinvolte nel progetto de L’Edicola di Piazzolina è quella di creare in questo luogo qualcosa che vada oltre la mera attività commerciale. Per chi non lo sapesse, all’interno del locale, pochi scalini conducono ad una seconda sala. È proprio qui che verrà creato un salotto letterario e culturale; dalla presentazione dei libri, ai book club; la saletta dell’edicola potrà essere utilizzata per diversi scopi, per mettere in relazione le persone, per aprire un luogo di confronto. E non pensate al salotto come a qualcosa di elitario; qui siamo tra amici, come seduti sul divano di casa… “All’Edicola di Piazzolina troverete, oltre a quotidiani e riviste, anche libri locali e prodotti del Casentino, ma non solo… Ci piacerebbe che le persone vedessero l’edicola come una seconda casa; un luogo in cui incontrare amici e conoscenti, ma anche in cui poter lasciare il “doppione” delle chiavi propria abitazione… Sì, avete letto bene; questo dovrebbe essere il grado di familiarità che si respira in edicola. Diventeremo anche un punto di ritiro per corrieri e qui potrete far arrivare i vostri pacchi. Abbiamo tante idee che presto metteremo in cantiere, ma siamo aperti a tutto e non vediamo l’ora di ascoltare e accogliere le proposte dei bibbienesi, visto che questo dovrà diventare un luogo di tutti e per tutti.” Ci ha spiegato Franca.

Regala il tuo tempo Se vuoi contribuire a questo progetto puoi offrirti come volontario e dedicare un po’ del tuo tempo all’edicola, a tenerla aperta; oppure se hai una proposta da fare, un evento culturale che vorresti organizzare proprio all’Edicola di Piazzolina, contatta i responsabili del progetto tramite i profili social! “Saremo felici di dare spazio a tutti e soprattutto di accogliere chiunque abbia a cuore come noi questo luogo che, ormai lo avrete capito, non è solo un’edicola ma un esempio di come fare realmente rete possa portare a qualcosa di buono per tutta la comunità.” Ha concluso Franca.

L’Edicola di Piazzolina riaprirà nel mese di aprile. Sabato 12 aprile ci sarà l’inaugurazione e vi aspettiamo per brindare insieme al nuovo corso di questa storica attività bibbienese.

Tel. 339 888 5550 – Facebook: L’Edicola di Piazzolina – Instagram: ledicola_di_piazzolina

Le offerte di lavoro in Casentino del Centro per l’Impiego

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Le nuove offerte settimanali di lavoro in Casentino del Centro per l’Impiego. Anche questa settimana gli incentivi e le opportunità regionali per i datori di lavoro e le persone fisiche, oltre le chiamate dirette al lavoro. I tirocini curriculari retribuiti 2023/24. Gli Avvisi Pubblici per la concessione di contributi a imprese e/o datori di lavoro finalizzati a garantire incentivi all’assunzione degli iscritti alla legge 68/1999 con disabilità di natura psichica. Il bando per servizi innovativi delle imprese di GiovaniSì. E l’avviso pubblico per il finanziamento di piani di Welfare Aziendale per la conciliazione di vita-lavoro 2023-2025.

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Gli orari dei Centri per l’Impiego della Toscana sono i seguenti:

lunedì 9:00 – 13:00

martedì 9:00 – 13:00 pomeriggio 15:00 – 17:00

mercoledì 9:00 – 13:00

Giovedì: (dalle 9 alle 13 su appuntamento) e 15:00 – 17:00

venerdì 9:00 – 13:00

Ammazzo il tempo!

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di Denise Pantuso – Ammazzare il tempo è un modo dire e come tale unisce due parole che prese nel suo significato concreto non direbbero ciò che intendono dire. Ad esempio “tagliare la corda” descrive un’azione completamente diversa dal senso figurato per cui viene usata, ovvero scappare. La caratteristica dei modi di dire è infatti proprio quella di rimandare ad un senso figurato della realtà, prevede una capacità di astrazione necessaria a figurarsi mentalmente un significato diverso e a cogliere il senso metaforico del dire. Nel caso specifico di “ammazzare il tempo” l’interpretazione che ne è stata data nel corso del tempo porta con sé due significati.

Il primo indica quelle situazioni in cui le persone non avendo niente da fare devono inventarsi qualcosa per far trascorrere il tempo: leggere, camminare, pulire casa, consultare un amico. Questa prima modalità di intendere “ammazzare il tempo” prevede l’attesa di qualcosa, si fa qualcosa adesso per attendere un momento futuro. Di fronte al tempo morto, ovvero al non aver da fare niente, ciascuno si adopera per trovare qualcosa che sia più o meno piacevole o interessante e che lo porti in un futuro prossimo. C’è una posizione attiva e propositiva del fare.

Nel secondo caso ammazzare il tempo indica una sorta di indolenza nel vivere, la noia di vivere che feriva l’eternità secondo alcuni pensatori poiché la dimensione temporale come progetto per il futuro è completamente interrotta.

Ammazzare il tempo in questo caso è visto come interruzione della possibilità di pensarsi nel futuro, annullandosi nel presente e spesso rimanendo a lungo nella noia. Recentemente, parlando con un giovane, sono rimasta sorpresa dall’uso che ha fatto di questo modo di dire. Ho intuito che l’uso che ne stava facendo non era l’uso conosciuto, ma qualcosa che rimandava ad un altro sentimento di essere nel mondo. Lui stesso mi ha detto “ammazzo il tempo nel vero senso della parola!”. Questo nuovo uso del modo di dire descrive un fenomeno molto comune che si trova nei giovani e, ahimè, sempre più anche nei bambini seppur in modalità diversa.

Il tempo è realmente ammazzato, ucciso. La dimensione propulsiva della vita collassa sul gesto dello “scrollare”. Scrollare significa far scorrere in maniera continuativa, senza particolare attenzione, le pagine di Facebook, Instragram e qualsiasi elemento digitale che possa dare informazioni, proporre immagini e contenuti. Lo scrollare indica quell’azione per cui si scorre in maniera continuativa sul cellulare senza ragione alcuna. Questo gesto non è accompagnato da una particolare ricerca di contenuti, dal piacere di vedere che cosa succede, non è accompagnato dall’attesa di un tempo futuro, ma è un puro “ammazzare il tempo” ovvero rimanere incollati, rapiti, con uno stato un po’ soporifero e imbambolato alle pagine digitali.

“Passano le ore e io non mi accorgo, a fine giornata mi dico – ma cosa ho fatto oggi? – Niente mi rispondo, anzi non ho fatto quello che avrei voluto fare!”. In questo ho intravisto la dimensione concreta della parola, un uso di ammazzare il tempo che non è figurativo ma reale e che si rappresenta nel modo stesso di fare una cosa. Lo scrollare è un movimento automatico su cui un soggetto si eclissa, vive fuori dal tempo e senza tempo.

Non solo non c’è più il tempo morto da riempire, non c’è più come tempo perso per la progettazione del futuro, ma c’è un tempo che annulla l’esistere come viventi. Questa dimensione concreta dell’ammazzare il tempo è quello stato che si vede anche nei bambini che, ahimè sempre più spesso, siedono in maniera passiva fin dalla tenerissima età di fronte a video animati su cellulari o I pad.

Dott.ssa Denise Pantuso Psicologa e psicoterapeuta individuo, coppia e famiglia www.denisepantuso.it – tel. 393.4079178

(Rubrica ESSERE L’Equilibrio tra Benessere, Salute e Società)

Sacci: scriviamo la parola fine

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di Mauro Meschini – È sempre lì! Maestosa e ingombrante presenza, ormai eletta sul campo a simbolo, suo malgrado, della vallata, al pari dei castelli di Poppi, di Romena o di Porciano. Non ha la stessa bellezza, né tantomeno la secolare storia, ma probabilmente negli ultimi decenni è stata, più dei prestigiosi manieri, sotto i riflettori, al centro delle discussioni, ostaggio di dispute e scontri che non si sono svolti sul campo di battaglia, ma che hanno avuto visibilità e risalto sulle pagine dei giornali, nelle aule dei tribunali e in tanti atti e decisioni che si sono susseguite per un lunghissimo tempo.

Nelle ultime settimane e mesi ci sono state occasioni che hanno permesso di tornare più volte sull’argomento ex SACCI, ma senza che tutto questo «movimento» permettesse di giungere, finalmente, ad una conclusione, alla parola «fine» di una storia infinita che ha, probabilmente, stancato.

Proviamo a ripercorrere i lunghi anni che hanno visto protagonista il «mostro», un modo per rispolverare le vicende che si sono susseguite e per arrivare a quello che accade oggi. Nel 2017 Marino Franceschi, proprietario dell’area dove sorge la ex SACCI, raccontò a questo giornale il suo punto di vista sull’intera vicenda, proponiamo parti di quell’articolo, invitando chi volesse il testo integrale ad andare a rileggerlo sul nostro sito internet («La versione di Marino» su www.casentino2000.it, n.d.r.).

«[…] Nel 2002 la Marino Fa Mercato Spa, nella persona di Marino Franceschi, acquista l’ex Cementificio Sacci, per una somma non indifferente. Tra le mani stringiamo un foglio datato 8 marzo 2013, con cui la Provincia di Arezzo trasmette ai Comuni di Bibbiena e Chiusi della Verna, alla Regione Toscana, al Dipartimento Arpat di Arezzo, all’Azienda USL 8, al Prefetto di Arezzo e alla stessa Marino Fa Mercato Spa, “di rilasciare la certificazione di mancata necessità di bonifica dell’area dell’ex Cementificio Sacci”. «Dopo 11 anni che mi hanno tenuto inchiodato, fermo, senza darmi la possibilità di fare nulla finalmente è arrivato questo provvedimento nel 2013 che, nonostante sia stato davvero importante, non ha ovviamente smosso niente! Anche i Comuni di Chiusi e Bibbiena hanno fatto il possibile per non farmi realizzare i miei progetti sulla Sacci. I due comuni chiamarono degli architetti esterni che allargarono il comparto della Sacci. In sostanza intervenire sull’ex Cementificio sarebbe stato possibile solo acquistando altri capannoni e terreni adiacenti la SACCI stessa che, a dire dell’architetto incaricato dal Comune di Chiusi, ne erano parte integrante, ma che però erano di altri proprietari che non erano intenzionati a vendere a me… Anche il Comune di Bibbiena incaricò un altro architetto che fece scrivere al geometra che la SACCI era un oggetto che doveva essere conservato; non solo era un tipico elemento di archeologia industriale, ma rappresentava anche la storia del Casentino, il suo passato e per questo non poteva essere demolita. Bella la SACCI… Ma ci pensate?! […]».

La nostra similitudine con i castelli, quindi, era già stata pensata e qualcuno aveva attribuito alla SACCI un qualche valore «storico»… ma andiamo avanti. Dopo questo primo decennio, che non vede interventi nell’area ex SACCI, viene demolita parte dell’edificio. «[…] Appena la parte della SACCI nel comune di Chiusi fu demolita, l’Arpat mi disse che tutti quei detriti li avrei dovuti macinare, indicandomi anche la ditta che avrebbe fatto il lavoro, perché le macerie di quelle dimensioni erano da considerarsi pericolose. Faccio esattamente quello che l’Arpat mi dice e dopo il loro benestare carico i detriti sul camion e li porto a Subbiano. Fatta la massicciata di tutta l’area, ancora l’Arpat mi dice che non va bene e che il materiale che ho trasportato è da cosiderarsi “rifiuti speciali non pericolosi (rifiuti misti da demolizione)”… Ma se la Provincia, nel 2013 aveva dichiarato che non era necessario bonificare l’area della SACCI come è possibile che il materiale da lì spostato, caricato in un camion e portato a Subbiano, sia diventato improvvisamente “rifiuto speciale”? Nessuno lo sa, resta il fatto che l’area di Castelnuovo è ancora ad oggi sotto sequestro![…]».

Arriviamo quindi al 22 settembre 2016 quando l’area viene sequestrata per la presunta presenza di materiale pericoloso e si apre un procedimento a carico proprio di Marino Franceschi che così commentò quei fatti.

«[…]«Avete presente l’ex spaccio, lo stabile adiacente alla SACCI; lì avevo messo una grossa serratura, lo avevo chiuso come si deve per non farci entrare nessuno… Quando hanno gridato alla “bomba ecologica” hanno detto una massa di stupidate… Io non ho mai buttato niente dentro alla SACCI, figuriamoci l’amianto! Piuttosto è stato qualcun altro a farlo! Hanno gettato nella mia proprietà il materiale tossico e pericoloso, poi mi hanno accusato di avercelo scaricato io. Pensate che quando ce lo hanno messo hanno scardinato la serratura, l’hanno rotta e nell’ex spaccio ci hanno messo 5 o 6 ballini di eternit spezzettato, più 32 lastre dove era l’appartamento del custode. Inoltre hanno spezzettato delle lastre, spargendole a terra guarda caso solo nel territorio del Comune di Bibbiena. Se erano stati dei delinquenti qualsiasi non si sarebbero certo preoccupati di rompere una serratura, avrebbero buttato tutto il materiale in terra, fuori, a casaccio.» […]».

In quel momento l’iter giudiziario era in corso ma oggi sappiamo che in realtà non c’era effettivamente nessuna «bomba ecologica» visto che il 22 dicembre 2022 il Tribunale ha deciso di assolvere Marino Franceschi nel procedimento a suo carico perché il fatto non sussiste e ha, allo stesso tempo, disposto «la restituzione all’avente diritto di quanto sottoposto a sequestro».

Particolarmente importante, nella sentenza, il riferimento alle analisi svolte sui campioni di terreno raccolti nell’area. «[…] in nessuno dei topsoil è stato rinvenuto amianto, quindi, tutte le analisi sono risultate negative […]». Con queste parole e decisioni si è così chiusa la vicenda giudiziaria, ma questo non ha cambiato molto per il futuro di questo angolo di Casentino, né tantomeno ha attenuato i toni della discussione.

Altro motivo di polemiche incrociate è stata la pubblicazione dell’Ordinanza dello scorso 19 febbraio del Sindaco di Bibbiena, Filippo Vagnoli, che sollecita lo stesso Marino Franceschi a procedere alla rimozione dei rifiuti presenti nell’area, cosa che probabilmente sarebbe comunque già stata fatta da tempo se non fosse stata posta sotto sequestro. In ogni caso nel documento emesso si ritiene: «[…] che l’ordinanza non abbia carattere contingibile e urgente, poiché non sono emersi elementi nuovi che indichino un aggravamento della situazione ambientale e sanitaria rispetto a quanto già valutato dal Tribunale nel 2022. che l’obbligo di rimozione dei rifiuti discenda dal principio di corretta gestione ambientale e della responsabilità del detentore del sito, ai sensi dell’art. 192 del D.Lgs. 152/2006, indipendentemente dalla pericolosità immediata dei materiali presenti. che la presenza di materiali contenenti amianto e fibre artificiali vetrose imponga comunque un’azione di rimozione conforme alle norme di sicurezza ambientale, pur non configurandosi un pericolo per la pubblica incolumità relativo alla popolazione residente nell’area limitrofa […]».

Quanto sopra sembra non sia stato condiviso da Vincenzo Ceccarelli, capogruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale, e da Lucia De Robertis, presidente della commissione Infrastrutture e ambiente, che sono intervenuti sull’argomento alla vigilia di un recente incontro sul tema organizzato al Corsalone.

“Bene ha fatto il comune di Chiusi della Verna a convocare un confronto sui temi della sicurezza e della salute pubblica dell’area Ex Sacci. Bastava leggere la sentenza del Tar, i verbali di Arpat ed Asl per capire la necessità di intervenire urgentemente. Invece si è cercato di negare l’evidenza dichiarando che tutto era a posto. Dopo circa 700 giorni, con grande ritardo, smentendo tutte le sue tranquillizzanti dichiarazioni il sindaco di Bibbiena, il 19 febbraio scorso, ha finalmente emesso l’ordinanza, anche perché nonostante le evidenze fornite da ARPAT e ASL sulla presenza di rifiuti pericolosi e cancerogeni, ancora nulla è stato fatto per la bonifica. È una situazione ormai insostenibile, che mette a rischio la salute dei cittadini. In questa ordinanza si individuano tempi e responsabilità su questo intervento. Speriamo che questa volta sia fatta bene e controlleremo che venga eseguita. Da parte sua la Regione Toscana ha già stanziato 32 milioni di euro per la realizzazione della variante viaria necessaria a mettere in sicurezza la SR71 e per sostenere il rilancio dell’area ex Sacci. È chiaro a tutti che non esiste alcun ostacolo economico alla realizzazione di quest’opera, ma è evidente che prima di qualsiasi progetto è necessario garantire la tutela della salute pubblica”.

In questa dichiarazione si aggiunge di nuovo un ulteriore tema che ha contribuito negli ultimi anni ad animare la discussione, l’ipotesi di realizzare la variante stradale del Corsalone, che andrebbe anche ad interessare l’area Sacci, con una previsione di spesa di 32 milioni di euro. In particolare l’effettiva disponibilità di queste ingenti risorse è stata al centro di più interventi. Ma una delibera approvata dal Comune di Bibbiena il 30 settembre 2024 aveva su questo indicato un percorso totalmente diverso introducendo un’ulteriore variabile nel confronto. Così il sindaco di Bibbiena, Filippo Vagnoli aveva presentato la decisione.

“La proposta che lanciamo alla Regione Toscana va proprio a valorizzare il loro impegno su questa zona che rappresenta da anni un problema importante per la vallata. La variante del Corsalone è una strada che dovrebbe essere realizzata dentro la ex SACCI con un investimento di circa 32 milioni di euro. Quello che il consiglio di Bibbiena chiede di destinare 15 dei 32 milioni a un progetto pubblico privato ovvero un centro di alta formazione professionale per i nostri giovani. Questo ci fa raggiungere vari obbiettivi. Innanzitutto un risparmio di fondi pubblici per un’opera che, alla luce dei fatti, è di dubbia utilità poiché copre poco più di 1 chilometro e mezzo e non prevede l’abbattimento del rudere SACCI. Allo stesso modo ci darebbe l’opportunità, come Casentino, di realizzare un progetto pubblico privato per l’alta formazione dei giovani e attrattivo per molti che provengono anche da fuori Casentino, attivando un modello di formazione post diploma di area interna che ci porterebbe nel futuro dando un sostegno a famiglie e imprese”.

Questo intervento del sindaco era sembrato andare a completare una sua precedente riflessione, rilasciata proprio a questo giornale nell’aprile del 2024, in un’intervista congiunta con Marino Franceschi. “La storia della variante ha bloccato il recupero dell’area perché sia noi, come Comune, che Marino, non abbiamo saputo come muoverci. La Regione ha sempre detto alla proprietà di demolire l’ex cementeria e quindi di riqualificare l’area; solo dopo loro avrebbero deciso se fare la strada o meno. Capite che è una posizione paradossale; ripeto, se l’ente era intenzionato a fare la variante bastava espropriare e realizzarla! Soprattutto, da un anno e mezzo a questa parte, da quando la SACCI è stata dissequestrata. Con il sequestro la situazione era bloccata e in stallo e la Regione utilizzava, forse anche con ragione, questa scusa per non intervenire. Ma una volta dissequestrata l’area, non ci sono più vincoli per non intervenire, ma, come detto, è sempre mancata la volontà”.

Ci fermiamo qui, non avendo certo esaurito le possibili citazioni che avremmo potuto fare. Quello che crediamo di aver capito, se possiamo permetterci, è che continuare con lanci e rilanci, frasi e contro frasi, denunce e ordinanze, sollecitazioni e critiche a distanza non siano le modalità che permetteranno di arrivare ad una soluzione e, per prima cosa, all’abbattimento della ex Sacci che, oltre ad essere l’ingombrante presenza di cui parlavamo all’inizio, crediamo possa diventare anche un vero e proprio pericolo, non per le ragioni dette finora, ma per il rischio di crolli o cedimenti che il degrado dovuto al tempo trascorso potrebbe provocare.

Riprendendo il titolo di questo articolo viene da ripetere: C’è la volontà di scrivere la parola fine sulla questione ex SACCI? Si vuole realmente cancellare questa presenza? Bene. Che tutte le parti interessate si siedano intorno ad un tavolo e facciano quello che non è stato fatto fino ad ora: si parlino apertamente senza pregiudizi e disponibili all’ascolto e al dialogo. Siamo consapevoli che arrivare ad un confronto non sarà facile, ma non vediamo davvero alternative.

Per una volta siamo d’accordo con il Sindaco di Chiusi della Verna Giampaolo Tellini che, sempre alla vigilia dell’incontro al Corsalone ha affermato: «[…] Io, per parte mia, riconfermo la piena disponibilità del Comune di Chiusi della Verna a collaborare con il collega di Bibbiena e con tutti gli altri primi cittadini, affinché si metta finalmente un punto a questa vicenda. Non possiamo permetterci di perdere altro tempo: l’area va bonificata subito, senza ulteriori ritardi”. Siamo d’accordo, e la miglior bonifica si potrà ottenere con l’abbattimento totale dell’edificio e il recupero di quell’immenso spazio.

Cosa farci poi, anche questo si potrà concordare, per adesso, permetteteci ancora due parole. Le prime per ricordare solo che la proposta originale di creare un polo formativo l’avevamo fatta su questo giornale e si trattava di far nascere lì la Scuola Secondaria Superiore del Casentino unendo gli istituti già presenti a Bibbiena e Poppi. La riteniamo ancora una proposta importante e ambiziosa che offrirebbe alle ragazze e ai ragazzi una struttura moderna e attrezzata dove studiare e crescere. Nelle due scuole sono presenti adesso circa 1080 studenti, una nuova sede unica in un luogo così centrale e raggiungibile sarebbe in grado di accrescere questo numero in maniera consistente. In più permetterebbe anche di ampliare l’offerta formativa e riproporre finalmente percorsi di studio non più presenti o mai previsti nella vallata, come il Liceo Classico o l’Istituto Agrario.

Altra riflessione riguarda l’ipotesi di destinare 32 milioni di euro per la variante del Corsalone, davvero si pensa sia una priorità?

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