di Anna Franca Rinaldelli – Fabrizio, come figlio più piccolo di una famiglia molto unita, ha mantenuto forti rapporti con la sorella ed i genitori, che oggi sono molto anziani.
Il nonno era casentinese, ma il babbo, per ragioni di lavoro, si trasferì a Firenze negli anni 60, ed a Firenze Fabrizio è nato ed ha vissuto la sua giovinezza.
Lì ha frequentato una scuola tecnica e poi ha lavorato in un negozio di fotografia. Con il suo primo stipendio comperò una macchina fotografica: una Nikon G 25, con la quale si avviò nella difficile arte della fotografia. Ebbe anche l’occasione, con un amico, di viaggiare in giro per l’Europa ed i due, invece di fotografare le città, preferirono immortalare la vita semplice della natura che incontravano: piccoli animali, fiori, piante.
Fabrizio, giovane, preferiva le cose pratiche, la costruzione di oggetti, la concretezza delle cose che si toccano con le mani e si trasformano.
I genitori, negli anni 90, ritornarono in Casentino, proprio nella vecchia casa del nonno, e naturalmente Fabrizio era con loro. In Casentino Fabrizio riuscì a coltivare due passioni:
-Il tennis, frequentando la scuola tennis di Bibbiena (dove insegnava anche il mitico “Stecche” ) e dove conobbe Stefano Ristori e Massimo Zavagli, maestri apprezzati. In questo contesto Fabrizio partecipò anche a tornei locali (che però, dice: “ho sempre perso”). Ma a lui soprattutto interessavano i rapporti con gli altri, cercava di rendersi utile, di assistere i più piccoli, sempre con un atteggiamento di altruismo e gentilezza.
-L’altra passione che Fabrizio coltivò in questo nuovo contesto di vita, è stata quella del teatro, con la nota compagnia NATA. Anche in questo ambito, sviluppò rapporti positivi e capacità che non sapeva di possedere. Lui dice “ho imparato a creare parole, mentre pensavo di non saper creare parole, ma solo oggetti”.
Quindi nella vita di Fabrizio si succedono due fasi; una prima fase: costruire oggetti con le cose ed una seconda: costruire parole e costruire con le parole.
Sviluppò anche la sua vena originale ironica, con una ironia fine e poetica, che esprime anche attraverso semplici poesie e prose. Collaborò con i maestri del teatro casentinese:
Andrea Vitali e Cinzia Corazzesi dai quali, dice, “ho imparato molto ad usare le parole”.
Oggi Fabrizio è del tutto inserito nella nostra vallata anche se conserva, nel suo linguaggio, un sottofondo di dialetto fiorentino.
Qui infine ha trovato la sua strada che aveva già iniziato a percorrere a Firenze, quando lavorava in un negozio di fotografia.
La sua grande passione di oggi è infatti questa: la fotografia del paesaggio e degli elementi dello stesso: piante, fiori, animali che lui esprime con una sottile vena di poesia, con uno sguardo delicato e leggero, ricercando particolari, atteggiamenti e sfondi che raccontano la vita della nostra vallata.
Fabrizio racconta con le sue parole, che sono immagini; racconta di una vita agreste, fuori del nostro tempo, fatta di cose semplici che molti di noi hanno dimenticato.
Questa è la sua forza, che esprime anche la sua personalità: una personalità piena di rispetto, di semplicità, di attenzione, molto rara nel nostro tempo dove prevale l’arrivismo e l’individualismo senza il rispetto dell’altro.
Nelle sue foto lui rispetta ciò che fotografa, piante, fiori ed animali; non c’è aggressività, rancore, prepotenza. E quindi i suoi ritratti della natura e delle cose semplici che ci circondano esprimono pace, tranquillità, poesia.
Io ritrovo il tempo e la delicatezza di un Pascoli, di un Montale e lo sguardo di alcuni impressionisti. Forse proprio per questo le sue fotografie sono fuori del nostro tempo, nel quale molti fotografi esprimono sentimenti forti, contraddizioni, problemi sociali, violenza: cioè i mali del nostro tempo.
La mostra che ha fatto a Bibbiena è stata promossa dall’Associazione di volontariato “Vivere Insieme Casentino”, con un volantino nel quale l’ineffabile amico Mario Cavigli parla di “codice dell’infinito”; potrebbe sembrare eccessivo, ma se riflettiamo, spesso la bellezza è legata alla semplicità, alla genuinità, alla naturalità. Siamo noi che rendiamo tutto più difficile, contorto, siamo noi che sporchiamo e roviniamo questa semplicità e questa bellezza delicata. Che abbandoniamo il “Codice” che ha originato la nostra vita nell’universo.
Però il nostro mondo si regge su un equilibrio molto instabile: l’inquinamento, la violenza sugli altri e sulle cose minacciano di distruggere questa bellezza semplice e quindi il nostro mondo.
Dobbiamo perciò privilegiare tutti quei messaggi che parlano di pace, di semplicità, di ritorno alla natura, alle nostre origini, alle radici della nostra cultura.
Fabrizio fa appunto questo, forse inconsapevolmente, con la sua cortesia rispettosa, parlando sottovoce, dove gli altri urlano. Ma spesso il gridare è il risultato della nostra impotenza, debolezza ed incapacità.
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La mostra, inaugurata sabato 11 Giugno a Bibbiena, in piazza Tarlati, è ospitata, grazie alla Misericordia, in un suo locale. La stessa è stata inserita nell’ambito della grande manifestazione nazionale “AMBIENTE CLIMA FUTURO” della CIFA, iniziata il 18 Giugno e che resterà aperta fino al prossimo settembre. E’ stata presentata dall’Associazione “Vivere Insieme Casentino ODV” ed Enrico Gori, il primo”maestro”di fotografia di Fabrizio ed ha visto la partecipazione di Francesca Nassini per il Comune di Bibbiena di Roberto Rossi, Presidente del Centro della Fotografia d’Autore e dell’Associazione “Amica Rete odv” .
Ho parlato con Fabrizio…
Ho parlato con Fabrizio e, dopo pochi commenti sulle sue fotografie, ho scritto in poche righe, tutto ciò che lui mi ha spiegato e trasmesso a riguardo.
“…mi guardo intorno. Osservo e penso. Ci sono grandi fotografi che riescono a chiudere dentro una cornice un momento, uno spicchio di mondo, fatti quotidiani e tratti di storia.
Sentimenti, sensazioni, emozioni, tragedie e montagne di felicita.
Ogni volta, qualcosa del nostro quotidiano, viene fissato in una foto che ci racconta ciò che non sempre riusciamo a vedere o sentire.
Loro vanno alla ricerca di nuove storie, inedite, situazioni al di fuori del normale, fatti estremi e toccanti, eppure, a ben guardare, il quotidiano con tutto quello che ci circonda, è di per se una delle cose più straordinarie che si possano immaginare. Nulla di più delle cose normali è straordinario! Quello che ci appare normale non lo è affatto: un miracolo! Ecco cos’è la normalità. Uno straordinario miracolo! Cerco anch’ io di fissare in una semplice foto una parte di questa sensazione. La sensazione di far parte di un immenso miracolo: un albero, le sue radici, gli animali nel solito ambiente, semplici fiori e poi… noi. Ci siamo anche noi e ora siamo dalla parte dell’obiettivo e guardiamo queste semplici cose come codici dell’infinito… e restiamo estasiati da questa meraviglia.”
Le mie parole per i suoi pensieri. Mario Cavigli