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venerdì, 29 Marzo 2024

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Ottobre in cantina

di Lara Vannini – Il vino seduce da sempre, quasi come un elisir di buon auspicio riesce a mettere tutti d’accordo: produttori, enologi, venditori e soprattutto bevitori! Un buon bicchiere di vino non è solo un’ottima bevanda da degustazione o accompagnamento, è la rappresentazione di secoli di storia, di antico sapere che unisce la trasformazione dell’uva all’utilizzo di tutti gli strumenti ed i luoghi necessari alla sua corretta conservazione.

Da sempre il vino ha un ruolo di primo piano sulle tavole imbandite di quasi tutto il mondo e come è ormai risaputo, le sue qualità e proprietà organolettiche non dipendono solo dall’uva ma anche dal processo di lavorazione e dalla conservazione. Infatti dopo l’imbottigliamento il vino tende naturalmente ad “invecchiare” ovvero a trasformare le proprie peculiarità iniziali e per questo è da sempre indispensabile utilizzare luoghi e recipienti ad hoc per il corretto stoccaggio. Botti, damigiane, fiaschi impagliati e bottiglie sono solo alcuni tra i più noti contenitori da vino che noi tutti conosciamo e che i nostri nonni ci hanno mostrato fin da quando eravamo piccoli.

Chi è stato fortunato ha potuto vedere con i propri occhi la lavorazione dell’uva in una piccola produzione familiare oppure ricorda la famosa gita fuori porta alla ricerca di una cantina dal vino genuino. Un tempo, durante la vendemmia, tutti i vicoli dei paesi odoravano di mosto d’uva, un profumo inconfondibile che come ci insegna Carducci, rallegrava l’anima ma anche indicava che la bella stagione era finita. Il cosiddetto “vino del contadino” era una bevanda sicuramente meno raffinata, ma non priva di sapere, cura e dedizione, a partire dalla cantina che ieri come oggi è la custode indiscussa del prezioso nettare di Bacco. Era opinione comune che a volte il “vino del contadino” potesse avere un retrogusto di “acetino”, o di bisolfito, soprattutto quando le botti non venivano pulite bene e c’era il rischio di proliferazioni batteriche.

Oppure esisteva una bevanda chiamata “mezzo vino”, ottenuto da vinacce fermentate per breve tempo o addizionate con acqua. Certamente i nostri nonni avevano i palati più che abituati a queste particolarità del vino visto che la necessità obbligava a consumare ciò che era disponibile, ma certamente il vino migliore veniva conservato per occasioni particolari e festività. Un tempo avere il fiasco impagliato sulla tavola era la normalità, non esisteva pasto senza un bel bicchiere di vino e spesso il vino era anche offerto durante la giornata come gesto di cordialità e accoglienza. I liquori come il Vermut erano per occasioni rare o palati sopraffini, e comunemente venivano sostituiti da un normale bicchiere di vino. Come già detto la cantina era il luogo fisico della casa colonica dove l’uva veniva lavorata e avveniva la conservazione del vino. Essa era generalmente un locale sotterraneo o seminterrato, adiacente o parte integrante della casa colonica, areato, fresco ma con la giusta dose di umidità.

La cantina doveva essere necessariamente un luogo buio e al riparo da fonti di calore, e soprattutto dove stavano le botti non dovevano esserci alimenti o sostanze non commestibili che potessero sprigionare odori e contaminare il vino. La cantina spesso non era pavimentata “per scelta”. Infatti il terreno battuto o uno strato di ghiaia permetteva al locale di essere “vivo” ed elastico a variazioni di umidità e temperatura. In un’altra parte della cantina veniva messo anche il formaggio stagionato soprattutto nel periodo estivo mentre d’inverno si preferiva conservarlo nella “caciaia”, generalmente un’area a mensole dove poteva conservarsi tranquillamente tutto l’anno. In cantina stavano le classiche botti di legno di grandi dimensioni. Spesso di quercia ma anche di castagno, questi recipienti erano costituiti da doghe di legno curvate e tenute insieme da cerchi di metallo. Il legno è un materiale perfetto per garantire gli scambi con l’esterno anche se il contadino doveva essere molto accorto soprattutto quando la botte era vuota e potevano generarsi proliferazioni batteriche.

Il contadino quando voleva trasferire il vino nella bottiglia o altro contenitore, lo spillava da una cannellina inserita nella botte. L’apertura era poi chiusa attraverso lo “zipolo” ovvero un bastoncino di legno appuntito che serviva appunto per chiudere il foro. Un tempo esistevano precise figure professionali dedite alla costruzione delle botti: i bottai. I bottai non costruivano solamente le botti ma ne curavano la manutenzione e fabbricavano anche altri utensili minori che venivano usati nella vendemmia: tinozze e bigonce. I bottai, erano custodi di un sapere antico che univa la conoscenza ad una giusta dose di esperienza e rendeva il legno della botte perfetto per essere utilizzato. In passato i contadini raramente infiascavano i vini, più spesso li spillavano con delle brocche per portarli in tavola dalle botti e dalle damigiane.

Il vino imbottigliato era quello minoritario dedicato alle festività o quello da vendere. Anche le damigiane stavano in cantina, erano generalmente in vetro rivestite di paglia e di varie dimensioni. Sulla tavola o nelle botteghe facevano bella mostra di sé i fiaschi toscani o fiaschi impagliati, recipienti di vetro bianco o verde, dalla caratteristica forma allungata e rivestiti di paglia. Il fiasco toscano è da sempre l’emblema del contenitore da vino. Oggi è diventato quasi un oggetto da collezione ma un tempo era un contenitore molto comune. In origine costituito solo da vetro, successivamente venne deciso di dotarlo di una impagliatura, sia per renderlo più stabile che per preservarne il contenuto dalla luce solare. L’uva in realtà non era protagonista solamente durante la vendemmia ma veniva conservata in casa tutto l’anno per più di un utilizzo. Spesso i grappoli d’uva venivano attaccati alle travi di cucina ma anche di camera, pronti per essere essiccati. L’uva infatti è facilissima da conservare anche in inverno e rappresenta una preziosa fonte di energia e sali minerali. Durante l’anno poteva essere semplicemente “spiluccata”, utilizzata come ingrediente o parte di una colazione energetica rigorosamente alle prime luci dell’alba!

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