di Denise Pantuso – I livelli di allarme sull’utilizzo dei videogiochi da parte dei giovani si stanno sempre più alzando mettendo scuola, famiglia e alcune figure sanitarie in uno stato di preoccupazione.
Anche in Italia si sente sempre più parlare di Hikikomori e di servizi che possano essere strutturati a livello domiciliare poiché i giovani coinvolti non vogliono in nessun modo uscire di casa, preferendo passare gran parte del tempo sui videogiochi e social.
Non voglio soffermarmi su che cosa porta un giovane a fare una scelta così introversa ma piuttosto sulla funzione, di non poco valore, che certi videogiochi stanno avendo sui giovani. C’è ormai una lunga bibliografia psicologica e neuropsichiatrica che introduce i possibili danni di una esposizione prolungata ai videogiochi.
Le funzioni linguistiche, logiche, di percezione spazio-temporale e mnemoniche così come quelle relazionali subiscono delle alterazioni considerevoli quando non raggiungono estreme difficoltà che richiedono un intervento psicoterapeutico e/o educativo.
Stando alla bibliografia raccolta fino ad oggi si cade facilmente nel credere che il videogioco è di per sé dannoso, ma ad una più attenta analisi alcuni giochi sembrano essere interessanti e incuriosire i giovani poiché in grado di introdurre il giovane in un percorso di senso.
Cosa intendo dire? Siamo soliti conoscere videogiochi in cui la sfida è il superamento di livelli per raggiungere la vittoria o un obiettivo. Ma attualmente i giochi che prendono maggior interesse non sono solo questi ma quelli che riescono a richiedere capacità di storicizzare il videogioco e capacità mnestiche.
Che cosa intendo? Il gioco Dark Soul 3 è un gioco di cui sento raccontare molto e ciò che sembra accomunare l’interesse dei giovani è una particolarità: i livelli vengono superati sì con una serie di prove ma gli oggetti che appaiono in un livello possono ripresentarsi in un altro e avere una certa importanza nel videogioco.
Affinché il giocatore riesca a superare i livelli è richiesta una certa disponibilità a memorizzare le informazioni del gioco, ad individuare il senso che hanno certi oggetti in un certo livello, necessita di una capacità di attenzione sostanziale per poter ricordare elementi che potrebbero essere utili nei livelli successivi.
Ad esempio il giocatore può vedere gli oggetti ma gli avversari no, oppure un certo oggetto può permettere una certa azione e quindi può essere pensata la sua presenza nei livelli di gioco come possibile strategia di vittoria. La modalità con cui questi giochi sono sviluppati mostra quindi la necessità di storicizzare, di avviare una narrazione del gioco stesso.
Questa struttura sembra avere degli effetti sulla ricostruzione del linguaggio simbolico, del pensare e valutare prima di agire, del poter scegliere tra più azioni piuttosto che averne una, tutte funzioni psichiche che la moda sull’importanza delle emozioni e lo “scegliere di pancia” avevano fatto scomparire.
Il recupero di questi aspetti simbolici sta portando alcuni giovani a conoscere i complessi processi della costruzione del pensiero e dei valori, processi necessari all’essere umano per sentirsi parte della vita, come frutto della storia di se stessi vissuta e da vivere ancora.
Dott.ssa Denise Pantuso – Psicologa e psicoterapeuta individuo, coppia e famiglia
www.denisepantuso.it – tel. 393.4079178