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venerdì, 29 Marzo 2024

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Dibattito sulla provincia e falsi scopi

La nostra economia va a scatafascio. In provincia di Arezzo continuano a chiudere o ad andare in crisi molte imprese, abbiamo un numero enorme di cassintegrati per non parlare dei disoccupati.

In questa situazione che cosa fa la politica? Non ha trovato di meglio che “brandir l’ armi” per le nuove battaglie di Campaldino, in un rigurgito di feudalesimo degno d’altri tempi.

“Arezzo capitale”, “mai servi di Siena” ( o di Firenze a seconda delle vallate), “padroni a casa nostra”: da ogni canto s’ode il grido!.

Il bello è che i protagonisti di questa battaglia a difesa di Arezzo capitale o di Arezzo provincia autonoma sono gli stessi che fino a ieri sguazzavano nel teorizzare di “area vasta” . Il buon Vasai continuava a far riunioni con Siena e Grosseto perché le tre province dovevano lavorare insieme perché questo era l’ambito ottimale poter programmare in modo serio. Il prode Fanfani minaccia le dimissioni per difendere la sua città (Oh! come gli piacerebbe, dimettersi immolandosi per Arezzo capitale! Finalmente il suo sogno: si liberebbe del Comune, che gli sta stretto e fa fatica a gestire, e d’un colpo sarebbe pronto ad immolarsi a furor di popolo per le prossime elezioni politiche!). Ma finora nessuno si era lamentato che le decisioni sull’inceneritore, sui trasporti ecc fossero prese nell’area vasta (Arezzo-Siena- Grosseto) e, a dir la verità, non si sa da chi! (Anzi, si sa)

In tutto questo bailamme di discussione strapaesana, sfugge forse la cosa più importante:

la nuova legge non solo accorpa le province, ma le trasforma in ente di secondo livello. Cioè a dire enti nominati dai Comuni, non più eletti direttamente dai cittadini. Questo il vero vulnus alla democrazia, ed il rischio più grosso per Arezzo. Abbiamo già visto alla prova le assemblee di più di cento comuni! Cosa potranno i 39 comuni aretini in un’assemblea di quel genere? Chi comanderà davvero in un assemblea di quel genere? Servirà poi davvero avere la capitale ad Arezzo, ed avere poi il Presidente di Siena o Grosseto, nominato, non eletto? Ma anche se mantenessimo Arezzo da sola: che forza potrebbe avere una provincia di Arezzo di secondo livello, con un Presidente ed un Consiglio eletti dai trentanove sindaci, sia rispetto alla regione, sia anche rispetto alla sua capacità di indirizzo e coordinamento del territorio?

E guadando la nuova proposta delle cinque province, con Arezzo da sola, mi viene un altro dubbio: siamo proprio sicuri che una provincia aretina da sola, che sarebbe una delle più piccole (se non la più piccola della Toscana) sarebbe un grande successo per noi?! Conteremo di più o di meno?

La Costituzione prevederebbe che il riordino delle province dovrebbe partire dal basso, dai Comuni. Perché per anni, mentre si blaterava di eliminazione della provincia, non si è elaborato uno straccio di proposta da parte dei Comuni? Da quegli stessi che oggi si ergono a paladini dell’aretinità? Anzi, su una proposta, bipartisan, si è lavorato: quella dell’area vasta Arezzo Siena Grosseto, che oggi all’improvviso sembra scandalizzare gli stessi suoi promotori e difensori, non che utilizzatori.

Perché non mettiamo la stessa foga nel riorganizzare il sistema dei comuni, che così come è ora non può garantire ormai più niente, nella maggior parte dei casi, ai propri cittadini? Guarda caso, molti di quelli che oggi brandiscono la spada a difesa dell’aretinità sono gli stessi che nel referendum sul Comune unico del Casentino hanno (ri)coniato il motto “padroni a casa nostra”. Bisognerà prima o poi stabilire qual è la nostra casa! Se è una monade senza porte e finestre, o uno spazio aperto, fatto di relazioni.

Se oggi avessimo un sistema dei comuni semplificato, con comuni di dimensioni maggiori, forse anche una provincia di secondo livello potrebbe essere gestibile. Ma, indipendentemente dal tipo di accorpamento e di capoluogo, una provincia di secondo livello, con questo sistema parcellizzato dei comuni, è destinato, come al solito, ad essere un ente etero diretto, magari in mano a quelle stesse partitocrazie che oggi si vorrebbero contestare, ma che di fatto vengono rafforzate con queste scelte.

Il problema non è tanto con chi e se accorparci o dove mettere il capoluogo. Il problema è il tipo di democrazia che vogliamo, se pretendiamo essere governati da persone elette, o da nominati, se delegare il potere a chi è eletto, o ad oligarchie esterne che manovrano i poveri sindaci eletti dei micro comuni, lasciati a prendere le sberle nella trincea del territorio e poi portati ad alzare la mano nelle assemblee di area più o meno vasta.

Ho l’impressione, invece, che la scelta dell’ente di secondo livello, piaccia, in modo trasversale!

Giorgio Renzi (già assessore provinciale)

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