di Mauro Meschini – La Sicilia è lontana, anche la Mafia dovrebbe esserlo, dovrebbe non essere una preoccupazione per i nostri territori. Ma da tempo viene ripetuto che ormai i confini regionali sono stati largamente superati dalle organizzazioni criminali e che, ovunque ci sia possibilità di «fare affari», di accaparrare denaro, magari pubblico e legato a qualche ricco appalto, di mettere in piedi attività illegali; lì arriva la Mafia. Un’organizzazione che spesso ora si presenta in giacca e cravatta, sotto le rassicuranti vesti di facoltosi uomini d’affari che si propongono quasi come dei benefattori impegnati nel promuovere imprese e far girare l’economia. Ma la benzina che fa girare questa giostra, le incredibili somme di denaro che sono in grado di mettere sul piatto, poi si scopre che, come la mela di Cappuccetto Rosso, sono avvelenate e frutto dei peggiori traffici. Sono il risultato di attività caratterizzate in ogni momento da violenza, paura, sopraffazione.
Ma perché, parlare di Mafia in queste pagine? Cosa c’entra tutto questo con il Casentino? La risposta a questa domanda è arrivata a metà del mese di gennaio ed è stata diffusa da tanti canali di informazione. Stiamo facendo riferimento all’esito e a quanto ha fatto emergere l’operazione antimafia «Oleandro», messa in atto dal Comando provinciale della Guardia di Finanza di Catania, su delega della procura di Catania e in collaborazione con il Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O. – reparto speciale della Guardia di Finanza che opera al fine di prevenire le infiltrazioni criminali nel tessuto economico, n.d.r.).
L’operazione, completamente gestita e portata avanti dalla Sicilia, ha prodotto effetti anche in Casentino e, più in generale, nelle province di Catania, Caltanisetta, Napoli, Arezzo e Udine. Il massiccio intervento della Guardia di Finanza ha portato in carcere 14 persone, mentre per un’altra sono stati disposti gli arresti domiciliari. Le accuse sono legate all’associazione a delinquere di stampo mafioso, oltre a usura, estorsione, traffico organizzato e spaccio di sostanze stupefacenti, riciclaggio di denaro nella forma del reimpiego dei proventi illeciti in attività economiche. Si è anche operato il sequestro, finalizzato alla confisca, di 9 attività commerciali a Catania operanti nel settore dell’edilizia, di 81 tra fabbricati e terreni siti in provincia di Catania e Arezzo, di 5 auto e di disponibilità finanziarie per un valore complessivo di oltre 12 milioni di euro.
Poco meno della metà degli immobili sequestrati, 38 su 81, si trovano a Bibbiena e sono la prova di una presenza concreta dell’organizzazione criminale nel nostro territorio. Per quello che si è potuto leggere e sapere su questa operazione, il Casentino dovrebbe rappresentare un territorio su cui si è andati a reinvestire denaro proveniente da attività illecite. Si tratta di attività tristemente conosciute che caratterizzano l’economia criminale, tra queste il gioco d’azzardo illegale; le estorsioni; il traffico di sostanze stupefacenti. Tutti questi traffici sono in grado di generare un gettito consistente di denaro che è possibile poi reinvestire, in particolare, in un’altrettanto redditizia impresa: l’erogazione di prestiti a tassi usurari. Senza risparmiare alle vittime minacce e violenze si usano tutti i mezzi e i modi per ottenere il rispetto dei pagamenti delle rate del capitale, praticando altissimi tassi di interesse, in questo caso si è saputo che potevano oscillare tra il 140% e il 350%. Questo il modo utilizzato per portare avanti e rendere redditizi gli affari delle organizzazioni mafiose, un quadro allarmante che è arrivato a interessare anche il Casentino, almeno per quanto riguarda il riciclaggio del denaro.
I tentacoli della Piovra hanno trovato modo di arrivare a toccare anche il nostro territorio, sotto forma di ricchi assegni che hanno permesso di reperire sul mercato immobiliare della vallata, affamato di acquirenti e di liquidità, un numero non trascurabile di appartamenti, garage e terreni. Leggendo nelle scorse settimane le notizie su questa operazione e i particolari che la riguardavano, ci eravamo inizialmente chiesti quali ragioni potevano aver spinto le organizzazioni criminali a spingersi in un territorio come il nostro, ricco certo di cultura e bellezze naturali, ma in una situazione economica non certo dinamica ed esaltante. Ma forse è proprio questo che lo rende appetibile, soprattutto per chi ha una ingente disponibilità finanziaria.
Il Casentino rischia di essere un territorio facilmente conquistabile e acquistabile, anche dalla Mafia. Quello che ha messo in luce l’operazione messa in atto dalla Guardia di Finanza ha reso palese un pericolo che, probabilmente, speravamo fosse lontano e invece le organizzazioni mafiose sono arrivate e hanno comprato pezzi di Casentino, creando anche nella nostra vallata un avamposto che è stato possibile concretizzare grazie alle loro incalcolabili ricchezze. Ora che è accaduto, ora che sappiamo, tutto rimane come prima? Si tratta di un caso, tra l’altro ormai scoperto e sventato, quindi non c’è niente di cui preoccuparsi? Speriamo sia effettivamente un caso, ma nonostante questo crediamo non sia certo un fatto da archiviare senza la dovuta attenzione. Non sarebbe opportuno promuovere una riflessione e un confronto su questo evento?
Non per fare allarmismi, ma per condividere, informare, creare attenzione e rendere pubblico un fatto che non può rimanere confinato solo ad una operazione di polizia. Per tenere lontani traffici e cultura mafiosa occorre anche che il tessuto sociale di questo territorio sia comunque preparato, coeso e vigile di fronte a fatti lontani anni luce dal comune sentire del Casentino.
Certo la situazione non è facile, a volte andare avanti richiede un di più di impegno e fatica, ma forse, se ci pensiamo bene, ci rendiamo conto che alla fine e considerato tutto è sicuramente meglio dire un «no» a chi potrebbe arrivare a offrire facili ricchezze, per avere la certezza di aver detto un convinto «si» al futuro.