di Francesco Benucci – Ci sono delle attività, degli esercizi commerciali, delle botteghe che, col passare degli anni, attraverso la qualità di quanto offerto, il rapporto instaurato con i clienti e la conseguente familiarità allargata agli avventori, acquisiscono un’anima, non vendono solo un prodotto ma dispensano un servizio, assumono lo status di patrimonio affettivo del luogo in cui si trovano, si stagliano nella memoria anche dopo l’eventuale chiusura, diventano, in sostanza, un bene…di tutti.
È il caso del Forno Fratelli Brezzi di Stia che il 30 dicembre scorso ha abbassato definitivamente la saracinesca dopo 40 anni in cui, accanto alla fragranza del pane, ha sempre distribuito il calore umano di una conduzione familiare che lo ha reso un tassello indimenticabile della vita di molti compaesani… e non solo!
Ripercorriamo allora una storia che è anche la nostra storia, quella della nostra comunità e dei mutamenti dei tempi: tutto inizia nell’agosto del 1984 quando Carlo e Sergio Brezzi vengono a sapere che il Forno Raggioli è in vendita; contattano allora i titolari Gigi e Remo, trovano l’accordo sull’acquisto, firmano il contratto il 31 dicembre e già dal 1 gennaio 1985 Carlo è dietro il bancone, soprattutto per imparare il mestiere grazie agli insegnamenti di Remo che, in una sorta di accompagnamento, gli dà una prima infarinatura a partire dagli ultimi mesi della precedente gestione per poi restargli a fianco circa fino a Pasqua. Nel frattempo, a febbraio, si uniscono Sergio e Giovanna, in precedenza occupati nella bottega di frutta e verdura condotta con mamma Tomasina. Nella primavera del 1985, oltre ai 3 citati sopra, viene assunto Paolo, un operaio che lavorava già prima nella vecchia conduzione e fino al 1989 resta questa “composizione”, composizione che successivamente lascia il posto a un susseguirsi di varie addette alla pasticceria e, al contempo, commesse nel negozio, tra cui si segnala l’arrivo, nel 1995, della moglie di Carlo, Claudia, il cui ingresso conferisce un aspetto ancor più familiare all’impresa.
Nei primi tempi non è semplice, per i nostri, adattarsi all’orario del nuovo lavoro (dalle 2.30 di mattina fino alle 19.30 – 20.00 di sera, con solo la pausa pranzo e 2 ore di riposo ad intervallare) ma il suddetto sacrificio è ampiamente ripagato dal consolidarsi di una clientela che, da subito, apprezza la qualità dei prodotti e il clima familiare creatosi all’interno della bottega: sono anni in cui il consumo del pane è molto elevato, con circa 2 quintali, a cui pensa sempre Carlo, sfornati al giorno, in ossequio al fatto che i prodotti da forno sono più del 50 per cento dell’alimentazione quotidiana e più del 70 per cento del venduto è pane da 1 chilo e da 1 chilo e 300, mentre il resto è pane con pezzature più piccole. Ben presto i tenutari dell’attività incrementano altresì il settore pasticceria, secca e fresca, con le prime torte da cerimonia, e parimenti il comparto degli alimenti salati con pizze e schiacciate varie, semplici e con verdure.
E non è finita qui visto che, nel corso del tempo, ai prodotti classici, se ne aggiungono altri più tipici, esclusivi, in grado di attirare avventori persino da luoghi più lontani, Firenze in primis: si va dai panini fritti (pasta di pane fritta e sale) alla torta di ceci, senza dimenticare il baldino o castagnaccio; come se non bastasse, dalla primavera del 1985 cominciano a realizzare le panine, con l’uvetta e salate, e le ciambelline con l’anice, mentre dal Natale, sempre del 1985, iniziano a fare i tipici prodotti natalizi, infine, il 1991 vede “l’esordio” delle colombe e dei panettoni, entrambi a lievitazione naturale, il tutto ovviamente creato con quel tocco artigianale che ormai è diventato come un certificato di garanzia circa la bontà di tutte queste specialità e, analogamente, fonte del successo riscosso. A conferma del suddetto successo basti pensare alle diverse forniture esterne, circa una quindicina nel periodo d’oro, alle numerose, e richieste, consegne a domicilio, a una clientela in costante aumento, come testimoniato sia dalle opinioni “dal vivo”, sia, più recentemente, dalle recensioni, praticamente tutte positive, sul web, al fatto che il Forno Brezzi era ormai un luogo di ritrovo dove il contatto, il calore umano prevalevano sul semplice esercizio commerciale. Un ulteriore attestato a proposito del valore di quanto offerto dai nostri, arriva quando la Camera di Commercio, l’ente preposto a vigilare sull’attività di panificazione a livello di igiene e qualità del prodotto finito, indice annualmente una sorta di campionato provinciale, per cui un loro addetto si reca anonimamente in ogni bottega, preleva un pane di 1 chilo o mezzo chilo e ne controlla tutte le qualità, compresa quella estetica; ebbene, nel 1988, arrivano primi in provincia di Arezzo, a pari merito col fornaio di Chiusi della Verna, premiati, con un attestato e una medaglia d’oro, proprio alla Camera di Commercio, davanti a tutti i panificatori della provincia medesima, insomma, una grande soddisfazione!
Intanto, nel corso di questi 40 anni di attività, si registra tuttavia un’evidente trasformazione nel sistema di mangiare: dai 200 chili di pane giornalieri dei primi anni si passa a un po’ più della metà, segno del cambiamento di abitudini alimentari, a dispetto del fatto che una volta pasta e pane erano la base della tavola, dalle nonne… ai nipoti; una famiglia di 4 persone negli anni ’80 mangiava un chilo di pane al giorno circa, oggi siamo sui 300 grammi, anche perché una volta il consumo calorico era più alto, dato che i lavori manuali erano prevalenti; inoltre, quando i nostri iniziano la loro “avventura” non c’è un fondo artigianale o commerciale vuoto, mentre ora molti sono dismessi, conseguentemente a un mutamento economico che soffoca le piccole attività a favore dei grandi centri commerciali.
In virtù di quanto sopra, considerando che gli anni sono passati quasi senza accorgersene, che i vari familiari Brezzi sono giunti alla pensione (come Sergio e Giovanna) o sono prossimi ad essa (come Carlo che, oltretutto, non se l’è sentita di continuare un lavoro bellissimo ma altrettanto impegnativo) e constatando che i figli hanno imboccato altre strade, nel gennaio 2023 mettono in vendita la bottega; tuttavia, non trovando acquirenti anche a causa di una legislazione che rende più complesso reperire le persone con i requisiti richiesti per legge, decidono di chiudere l’attività il 30 dicembre 2023: quella data si rivela un momento di enorme soddisfazione, una grande dimostrazione di stima e attaccamento da parte dell’intera comunità, giunta a rendere omaggio, con tanto di attestato di ringraziamento consegnato dal Comune di Stia, in quanto storica testimonianza della tradizione artigianale e commerciale.
E in questo clima di ringraziamenti va segnalato, al contempo, quello dei nostri alla clientela, sia all’ingrosso che al dettaglio, che in questi anni ha contribuito al successo della ditta, in un circuito affettivo che lega memoria e gusto, calore e costume, ritrovo e umanità, nella cornice di un forno, davvero, di tutti.