di Anselmo Fantoni – Cinquanta anni fa iniziò la moda delle sagre, forse retaggio delle vecchie battiture, un nuovo modo di stare insieme, un’alternativa ai ristoranti o solo la voglia italica di ritrovarsi a tavola. Negli anni il fenomeno ha avuto un’evoluzione, la tipicità di un prodotto, una maggiore attenzione al paese in cui si svolge l’evento, la costruzione di strutture atte ad ospitare nel migliore dei modi i commensali, fino ad arrivare alla creazione di centri culturali, ma anche attività produttive. Questo mese parleremo un po’ della festa del fungo porcino di Moggiona, o meglio di cosa si cela dietro le quinte, è Danilo Tassini, un tempo professore, oggi attivo consigliere della Proloco di Moggiona che ci racconta dell’evoluzione di una festa tra le più antiche della vallata e di cosa questa attività ha comportato per il piccolo paese del Parco Nazionale.
All’inizio i proventi sono stati reinvestiti nel miglioramento delle infrastrutture paesane fino ad arrivare a finanziare progetti culturali e imprenditoriali. Dal contributo di migliaia di visitatori che tutti gli anni si ritrovano a Moggiona per ferragosto, nasce l’Ecomuseo del bigonaio, seguito poi da quello sulla resistenza per arrivare poi a quello che ultimamente riscuote grande successo soprattutto da parte dei più piccoli: Il percorso del lupo. Attualmente il Presidente della Proloco è Vinicio Piombini che insieme a Patrizio Alberti, Presidente della Cooperativa di Comunità, formano col Prof. Danilo, allevato a schiacciata in quel di Camaldoli e moggionese di adozione, un triumvirato attivo ed efficiente, supportato egregiamente da tutti i consiglieri; ma la vera forza di Moggiona è rappresentata dai circa 250 volontari che tutti gli anni passano parte delle loro vacanze nella preparazione della festa e nell’accoglienza delle migliaia di ghiotti amanti del prodotto del bosco per eccellenza: il fungo porcino.
L’associazione di volontari ha fatto si che il paese riuscisse a sopportare la crisi per l’abbandono dei nuclei abitativi di montagna, è vero che i residenti stabili sono soltanto una sessantina, che d’estate molti originari del paese trasferitisi altrove per motivi di lavoro fanno ritorno in Casentino, ma grazie ad una festa di successo molto è stato fatto per mantenere vivo l’agglomerato urbano, soprattutto creando una vera comunità tra le persone che lo abitano, sia in maniera stabile che come ritorno alle radici in tempo feriale. Attualmente sono due i ristoranti attivi e sta aumentando la ricezione abitativa per chi voglia passare qualche giorno in un luogo tranquillo e spensierato nella nostra valle, ma questo non bastava agli abitanti, così anni fa hanno costituito una Cooperativa di comunità e hanno rilevato il Bar del paese, centro aggregativo e ricreativo ma anche punto di accoglienza per chi visita Moggiona.
La Cooperativa non si è fermata qui e c’è il progetto di aprire una pizzeria perché i visitatori non vengano soltanto per ferragosto a godere del panorama e della natura incontaminata, siamo sicuri che conoscendo la caparbietà degli abitanti il traguardo sarà sicuramente raggiunto. È questa la magia di una festa, è questo in fondo il vero principio delle sagre, ma soprattutto è questo un modo per mantenere viva una Comunità, o forse è meglio dire che una Comunità coesa e solidale può davvero raggiungere obbiettivi considerati spesso irrealizzabili. Moggiona ha anche un’altra piccola chicca, la Festa Saggia in onore dell’acquacotta di Moggiona, nata dalla volontà di conservare la memoria di un piatto tipico, arrivato da noi dalla Maremma, o trasportato in Maremma dai Casentinesi che li svernavano con le greggi, o con le accette a tagliar boschi, fino alla raccolta dei pinoli.
Non stupisce se nel 2024, con la 40° edizione, sia arrivato un premio importante, quello conferito da Italive – Il Territorio dal vivo, che una delegazione di Moggiona ha ritirato il 9 maggio scorso presso la sede in Piazza Navona a Roma. Il premio, sostenuto tra l’altro da Coldiretti, viene assegnato grazie ai turisti che segnalano alla commissione gli eventi più interessanti e in questo caso hanno scelto la Festa del fungo porcino tra oltre ventimila sagre. Un riconoscimento che ripaga tutti i volontari delle fatiche estive e non, si perché preparare una sagra comporta grande impegno anche prima e dopo l’evento, curare gli Ecomusei una costante applicazione e gestire un bar e una pizzeria anche una certa professionalità.
Ovviamente i paragoni con altre Proloco non hanno fondamento, proprio perché ogni comunità ha le sue dinamiche e le proprie necessità che rimangono uniche e irripetibili, ma quella di Moggiona sicuramente ci stupirà con nuove e mirabolanti avventure, l’inserimento di molti giovani nelle attività di volontariato fanno ben sperare per il futuro, non solo della storica sagra, ma anche e soprattutto per la tenuta della piccola Comunità.
Per far nascere una vera Comunità a volte basta un fungo, o forse è la Comunità esistente che ha bisogno di un fungo per gridare al mondo: si può fare.