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sabato, 21 Giugno 2025

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I vantaggi degli alimenti a filiera

di Marco Roselli – Secondo le stime della Banca Mondiale circa 700 milioni di persone al mondo (di cui 300 milioni di bambini) vivono in condizioni di povertà estrema, ovvero con meno di 2,15 dollari al giorno. Si tratta di una soglia estremamente bassa, un livello di reddito che non basta neppure a garantire a una persona il cibo necessario per sostenersi e l’accesso all’acqua potabile. Ciò nonostante, i paesi ricchi sprecano quantitativi immensi di alimenti che potrebbero sfamare milioni di persone, ridurre l’impatto ambientale e creare le condizioni affinché non si abbiano esodi biblici dal Sud del mondo verso il Nord. In questo articolo proveremo a dare informazioni su ciò che significa spreco di alimenti e cosa si può fare per ridurre i danni che questo comporta.

Lo spreco alimentare La bocca del mondo si sta trasformando in un pozzo senza fondo, in quanto finisce per inghiottire il cibo dimenticato senza distribuirlo a chi non ce l’ha. Secondo gli studi effettuati sulla base dei dati FAO (anno 2023), un terzo del cibo globale viene sprecato per un totale di 1,3 miliardi di tonnellate sulle 5 disponibili, un fatto assolutamente non più accettabile se vogliamo mitigare i fenomeni migratori e quelli climatici, dato che lo spreco di cibo ha un impatto anche a livello di impronta di carbonio, come vedremo in seguito. Stando ai dati dell’Istituto Europeo di Statistica (Eurostat) l’Europa lascia deteriorare 58,5 milioni di tonnellate di cibo. Il picco in Germania, con quasi 11 milioni di tonnellate, a seguire Francia (9 milioni di tonnellate) e Italia (8,7 milioni di tonnellate); nel nostro Paese questo equivale a 146 kg/ pro-capite, un dato al di sopra della media comunitaria (siamo medaglia di bronzo). A livello economico significa che ogni abitante dell’Unione rinuncia a 333 euro di alimenti deteriorati, per un totale di 149 miliardi. La risacca si crea soprattutto nei consumi domestici a cui è riconducibile un dissipato del 61%. Il resto degli sprechi è attribuibile alla filiera, dove il fenomeno impatta già a monte, anche per necessità fisiologiche delle materie prime, ma cresce nei servizi di somministrazione (il 26% del totale) e nella rete di distribuzione e vendita dei prodotti (il 13% degli sprechi).

Conseguenze climatiche dello spreco alimentare E’ intuitivo comprendere che sprecare alimenti comporta anche un dispendio di energia che ha un impatto sulle emissioni clima alteranti. Per quanto le produzioni possano essere state fatte con metodi sostenibili, si hanno comunque delle emissioni di anidride carbonica. L’impronta di carbonio (carbon foot print), conosciuta anche come impronta climatica è un indicatore ambientale che misura la quantità di emissioni di gas serra generate da un prodotto, da un servizio, un’attività o un’organizzazione la cui riduzione determina un miglioramento dell’efficienza energetica. Il cibo sprecato ha una impronta di carbonio pari a 3,3 miliardi di tonnellate di CO2.

Filiere più eque e solidali Agli alimenti prodotti nelle vicinanze dei mercati sono associati numerosi e indiscutibili vantaggi, sia per i consumatori che per tutti gli operatori della filiera. Le ragioni che definiscono questi vantaggi non sono una novità, in quanto conosciute e praticate dall’uomo da tempo immemorabile. Dopo la seconda guerra mondiale, con l’affermarsi della grande distribuzione e di differenti stili di vita, le modalità di approvvigionamento alimentare si sono profondamente modificate. E’ aumentata la necessità, ad esempio, di raccogliere gli ortofrutticoli in una fase molto lontana dalla maturazione di consumo – quella che assicura la presenza dei nutrienti più nobili, quali le vitamine e gli antiossidanti – e si sono dovute “inventare” nuove definizioni, come quella di “maturazione di raccolta”. Questa consistente in un momento fisiologico degli ortofrutticoli in grado di sopportare la catena del freddo e le ripetute manipolazioni, quando in sostanza i prodotti non sono affatto maturi e duri come sassi. Questa modalità di gestione della filiera riserva spesso delusioni ai consumatori: alzi la mano chi non si è mai ritrovato con pesche o albicocche le quali, una volta acquistate, hanno resistito uno, massimo due giorni fuori dalla cella frigorifera e oltretutto erano insipide. Contestualmente sono aumentati gli scambi internazionali, costringendo gli alimenti a percorrere lunghissime distanze, con la necessità di stabilizzare la catena distributiva, anche attraverso sostanze conservanti.

Il paradosso Eclatante è stato il caso, evidenziato anche dai media circa un anno fa, di una confettura di pere fatta con frutti coltivati in Argentina, trasformati in purea nel Sud Est Asiatico e commercializzata in nord America. Come possiamo parlare di ridurre l’inquinamento con delle filiere strutturate in questo modo? I prodotti realizzati in ambito locale o comunque nazionale ed esitati nei mercati in vendita diretta sono freschi, raccolti al tempo giusto e senza necessità di conservanti, in quanto il tragitto dalla terra alla tavola è generalmente breve. Se poi le materie prime o i trasformati sono ottenuti seguendo le buone pratiche di coltivazione allora gli alimenti contengono le sostanze più utili alla crescita dei giovani, in quanto contribuiscono non solo al loro sviluppo, ma apportano anche tutte quelle sostanze che favoriscono un robusto sistema immunitario. L’agricoltura biologica è un metodo di coltivazione molto valido purché venga effettivamente seguito secondo le prescrizioni e non sia fatto solo sulla carta. A questo proposito, infatti, sopra ogni certificazione il valore più importante è determinato dal rapporto fiduciario che si instaura tra chi coltiva e chi acquista, in quanto il primo “ci mette la faccia” e il secondo risulta essere il controllore più attento.

Le filiere a confronto La filiera lunga Far viaggiare materie prime ed alimenti molto a lungo comporta:  Elevate necessità di condizionamento e/o aggiunta conservanti;  Acquisizione da parte degli intermediari di materie prime in una fase lontana dalla maturazione ottimale (ortofrutta), determinandosi in tal modo un minore valore nutritivo;  Notevole impatto ambientale, dovuto ai trasporti da lunghe distanze ed alle necessità di proteggere i prodotti con materie plastiche. Ma sarebbe riduttivo non menzionare l’ingresso nel nostro Paese di una quantità di semilavorati quali prodotti lattiero caseari, ma anche prodotti da forno e salumi, che magicamente diventano formaggi, pane e prosciutti 100% italiani che nel territorio del Belpaese hanno fatto solo un giro turistico.

I vantaggi della filiera corta  Scarse o nulle necessità di condizionamento (al massimo basse temperature in estate) o aggiunta conservanti;  Acquisizione e commercializzazione del prodotto al giusto grado di maturazione, quindi prodotti con valore nutritivo più elevato;  Minore inquinamento dovuto a trasporti minimi;  Imballaggio ridotto o addirittura assente;  Redistribuzione del reddito nel percorso dal campo alla tavola Questo ultimo aspetto può sembrare di scarso interesse pubblico ma non è così, infatti, una più equa ripartizione del reddito a favore dei produttori locali permette di dare spazio all’economia in quanto il denaro viene speso sul territorio, sia in fase coltivazione (per i mezzi tecnici), che dopo aver conseguito una giusta remunerazione, da parte delle imprese agricole le quali hanno tutto l’interesse a soddisfare gli acquirenti del luogo.

La mappa della filiera corta in provincia di Arezzo Mercati di Campagna Amica Coldiretti L’Italia è un Paese all’avanguardia grazie alla rete dei Mercati di Campagna Amica che oggi conta più di mille mercati di vendita diretta dei quali 50 coperti nei principali centri urbani. Arezzo – via Giotto (mercoledì dalle 8.00 alle 13.30); via Spallanzani (venerdì dalle 8.00 alle 13.30) e via Mincio (mercato coperto) – aperto il martedì, giovedì e sabato dalle 8.00 alle 14.00. Bibbiena stazione, piazza Sacconi – Sabato dalle 8.00 alle 13.30 Sansepolcro – piazza Gramsci – Giovedì dalle 8.00 alle 13.30 San Giovanni Valdarno, piazza Repubblica – Martedì dalle 8.00 alle 13.30 Cortona – Camucia – Piazza Segardi – Lunedì mattina dalle 8.00 alle 13.30 Mercato contadino del Casentino – Poppi, Piazza Garibaldi – Secondo e quarto sabato del mese. Marcatale di Arezzo – Arezzo, via Roma – Ogni primo sabato del mese dalle 9.00 alle 19.00 Mercato delle terra del Valdarno – Montevarchi, via Trieste – Aperto dal lunedì al sabato. Associazione produttori Valteggina, mercato della terra slowfood Valteggina – Ortignano – Raggiolo, località San Piero (martedì venerdì e sabato mattina).

Considerazioni finali Le famiglie sono determinanti non solo per le abitudini domestiche ma anche in quanto consumatori. Sugli scaffali tutti cercano prodotti esteticamente perfetti, in cui specchiarsi ma bisogna far comprendere che le imperfezioni nell’aspetto di un alimento possono indicarne anche la qualità e la freschezza. Tuttavia la contraddizione è anche strutturale, in quanto tendiamo a pensare che il mondo abbia poche risorse per sfamare tutti, ma questo concetto è spesso strumentalizzato infatti, è necessario aumentare la produttività dove questa è bassa ed è imperativo ridurre gli sprechi.

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