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venerdì, 19 Aprile 2024

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Al Parco girano le pale

di Fiorenzo Rossetti – Siamo a 6 km dai confini del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, precisamente di fronte alla celeberrima cascata dell’Acquacheta. Il Monte Giogo domina, coperto da verdi boschi, la valle del Mugello. Ci troviamo a circa 1.000 metri di altitudine.

Il progetto è quello di erigere su questo crinale otto aerogeneratori, volgarmente definiti “pale eoliche”, dell’altezza di circa 160 metri ciascuno (e con cemento pari a un condominio sotto il terreno). Secondo alcune valutazioni lo sfruttamento del vento consentirà di soddisfare le esigenze elettriche di circa 30 mila famiglie.
Per questo tipo di progetti la norma dispone una serie di procedimenti amministrativi pubblici atti a verificare la possibilità di concedere l’autorizzazione alla costruzione di queste torri eoliche. Tutto già visto: elaborati, studi, relazioni, conferenze di servizi, pareri, contestazioni, dubbi, integrazioni, osservazioni, altri pareri….
Senza dimenticare le osservazioni delle associazioni ambientaliste, dei portatori di interesse, dei cittadini, degli abitanti delle aree interessate, di chi lavora in questi luoghi e di una parte della politica.

Il tema è molto delicato: se da una parte le politiche energetiche del pianeta dovrebbero investire sulle energie rinnovabili (come l’eolico), dall’altra vi sono divergenze d’opinione sull’individuazione dei luoghi adatti ad accogliere questi giganti dell’industria del vento.
Talvolta si è assistito a vicende “di giramenti di pale” andati male, per lo più nell’entroterra d’Italia (molte volte al sud). Non va tralasciato che la concessione di finanziamenti pubblici, in barba al dato oggettivo dell’insufficienza del vento, rischia di lasciare (e talvolta è capitato), su territori di pregio ambientale e paesaggistico, dei veri e propri eco-mostri praticamente inservibili.

Opere che vengono autorizzate anche sfruttando l’assenso dei Comuni interessati, illusi di essere investiti dai benefici della cosiddetta “transizione ecologica” e, soprattutto, da una piccola rendita monetaria annua come forma di compensazione per il “disturbo” arrecato.
Le certezze di alcuni e i dubbi di altri sono leciti. Di fronte ad un pianeta che richiede sempre più energia, ad un passo dalla catastrofe ecologica e sull’orlo della crisi climatica, otto mega rotori su un crinale appaiono sicuramente un piccolo passo per risollevarsi da questi mali. Non vi è dubbio circa il valore di questo tipo di energia, ma dove posizionare queste torri?

Pochi, credo, vorrebbero davanti agli occhi, o sulle proprie teste, questi giganti di cemento e ferro. La propensione è, quindi, quella di rigettarli dai propri “cortili” e piazzarli in quelli dei vicini. Spesso si pensa di realizzare le torri eoliche in territori apparentemente inservibili, lontano dai centri di aggregazione della società odierna che conta, in luoghi estremi che nulla (a giudizio di qualcuno) potranno dare al futuro della nostra civiltà; ecco, appunto, i crinali.

Sui vari social legati al Parco nazionale si registra una netta spaccatura nelle opinioni degli utenti, una sorta di dimostrazione del caos informativo regnante nel campo delle tecnologie delle energie rinnovabili. Caos ancor più evidente se si prende in considerazione la divergente visione degli enti coinvolti nel procedimento, cui spetta la formulazione dei pareri.

Una buona soluzione potrebbe essere quella del cosiddetto micro eolico, sicuramente meno impattante. Tuttavia, volendo parlare di “industria del vento”, una valida alternativa consiste nella realizzazione di parchi eolici off-shore, costruiti in mare, lontano dalle coste: certamente più vantaggiosi dal punto di vista della resa del vento, di impatto visivo praticamente nullo e dall’incidenza sugli ecosistemi molto meno significativa. Perché in Italia i progetti off-shore (a differenza di altre nazioni) non sono nelle corde dei governi?
Qualche decisore politico, guardando il mare davanti alla propria abitazione, non deve aver mancato di esprimere, preoccupato, il proprio dissenso: un rotore eolico, seppur in lontananza, sul filo del mare, parrebbe poter determinare la fine dell’industria del turismo balneare!

Anche l’Ente Parco Foreste Casentinesi è stato chiamato ad esprimersi nel procedimento relativo alla valutazione dell’impianto progettato sul crinale del Monte Giogo, rilasciando un parere alla Regione Toscana.
L’Ente, su invito della stessa Regione (che ha l’obbligo di raccogliere il parere), ha già espresso parere negativo ben due volte. Parere che non è comunque vincolante: spetterà alla Regione il compito di approvare o meno la realizzazione del parco… eolico, in questo caso.

Parere da ritenersi non troppo scontato di questi tempi. Risultano apprezzabili le dichiarazioni del Direttore del Parco nazionale in proposito, che mettono finalmente in risalto il Parco per le sue connessioni ecologiche (impatto su alcuni gruppi di animali), nel contesto di un territorio più ampio, ribadendo il ruolo di ente esperto nelle politiche della conservazione dei valori ambientali-naturalistici (impatto sulla circolazione delle acque, riduzione della biomassa arborea per la produzione di ossigeno e accumulo di CO2) e della sostenibilità economica e sociale (compromissione della economia del bosco e del turismo verde).

Insomma questa vicenda al Parco sta facendo “girare le pale”: un’occasione che sta insegnando che politiche ad “effetto isola”, autoreferenziali, non portano a nulla di buono, che occorre avventurarsi nel contesto allargato dei territori, negli ambiti legati alla sostenibilità e offrire la propria competenza e autorevolezza per risolvere le problematiche d’ambiente e di sviluppo che affliggono il pianeta.
La natura la si protegge in tanti modi, ora più che mai anche varcando i limiti dei propri confini, cercando connessioni con le genti, le istituzioni e con il circostante tessuto socio-economico.

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