Pubblichiamo questo bellissimo racconto scritto da Carlo Brezzi sulla grande nevicata che colpì Stia e il Casentino a fine autunno di 38 anni fa. Se capitate a Stia, il paese dove abito da sempre, vi renderete conto che si respira un’aria diversa rispetto agli altri paesi di fondovalle posti alla stessa altitudine (450 m.), qui anche d’estate l’aria è fresca e la sera anche in luglio ci vuole il maglioncino per stare fuori, d’inverno si respira invece aria di montagna, forse perché è posto alla confluenza di 2 fiumi l’Arno e lo Staggia e perché è circondato da montagne come il Falterona, il Falco, Poggio Scali e i monti della Consuma.
Pensate negli anni ’20 vi venivano disputati i campionati provinciali di sci (discesa libera) dalla chiesa di Coffia al Ponte d’Arno. I dati riportati dall’amico Simone nei suoi puntigliosi articoli di temperature minime e altezze della neve lo dimostrano, qui difficilmente si trascorre l’inverno senza neve e per merito del famoso effetto “cuscinetto freddo”, anche se la perturbazione viene da sud, spesso qui la temperatura scende sotto lo ”0” e succede che fino a Porrena di Poppi piove e oltre imbianca, specialmente da Pratovecchio a Stia la differenza spesso è notevole perché la valle si stringe e le montagne si innalzano, creando un effetto frigorifero che porta alla “BUFERA PERFETTA”.
Proprio questo vi voglio raccontare, ciò che accadde precisamente 34 anni indietro, quando tutto era diverso, c’era il boom economico, trovare lavoro era uno scherzo, si costruivano abitazioni nuove con riscaldamenti a gasolio perché i carburanti costavano poco, le stufe a legna venivano buttate via perché sporcavano e la legna era pesante da maneggiare. Io avevo 16 anni e frequentavo l’Istituto Tecnico per Geometri ad Arezzo in via Leone Leoni dove adesso dovrebbe esserci un’altra scuola e facevo la vita da pendolare, partivo la mattina alle 6 e tornavo il pomeriggio alle 15,30 a casa poi mangiavo, studiavo fino a tardi, poi dopo cena a nanna presto. Quello fu un novembre piovoso e umido, ci si avvicinava a dicembre e pioveva sempre e fu così anche la mattina del 28, poi al ritorno arrivati a Porrena le cose cambiarono: l’acqua si trasformò in neve e a Stia c’erano già 15 centimetri di neve umida e cadevano fiocchi grandi come una mano. Era uno spettacolo, tutti a testa in su a vedere e sentire il rumore della neve che cadeva a terra. Alla stazione venne la mia mamma a prendermi con la mitica NSU PRINZ 600, utilitaria comoda ma che assomigliava a un portasaponette, in moto fischiava, andava abbastanza forte, consumava poco, in quegli anni una valida alternativa alle solite 500 scomode e rumorose.
Partimmo dalla stazione con le catene e arrivammo a casa mia posta a circa 500 m di quota, li la neve era già molto più alta. Dopo le 16 la situazione peggiorò parecchio perchè alla neve si aggiunse un vento pazzesco, assordante, che rendeva impossibile stare fuori di casa, il manto continuava ad aumentare e la corrente elettrica andava e veniva. Alle 18 i centimetri erano circa 60 con masse di 100 e la corrente era andata, noi con il riscaldamento a gasolio e senza gruppo elettrogeno (a quei tempi non esistevano ancora quelli piccoli di adesso) e senza stufa a legna ci rassegnammo alle coperte. Mia madre e mio fratello tornarono a piedi da Stia facendosi 1,5 km con la neve che arrivava all’ombellico, mezzi congelati e senza riscaldamento cenammo a lume di candela e a nanna. Non chiuse occhio nessuno per la bufera che imperversava fuori, con la torcia verso le 22 guardai fuori dalla finestra e non vedevo niente, solo un turbinio di neve e vento che fischiava come non avevo mai sentito.
La notte trascorse lentissima, solo verso le 6 della mattina il vento si calmò, mi alzai per aprire la porta ma tutto era bloccato, passai dalla finestra e vidi che la porta non c’era più, una massa di neve impressionante aveva ricoperto tutta la facciata nord-ovest della casa, saltai dalla finestra posta al primo piano feci un salto di 4 metri e affondai nella neve senza farmi niente, in quel punto c’erano circa 160 cm di manto.
Con difficoltà raggiunsi il garage aprii la saracinesca presi la pala e cominciai a spalare, ma mi resi subito conto che la cosa era difficile, la neve era pesa e troppo alta; intanto il mio babbo e i miei fratelli erano riusciti ad aprire la porta, sfondare la massa di neve e scendere le scale, insieme cominciammo a spalare un viottolo per andare in paese. Tutto era bloccato, il paesaggio completamente trasformato, alcune case poste in buca erano parzialmente sepolte, masse di neve alte anche 200 cm si susseguivano come dune del deserto. Insieme ai vicini di casa raggiungemmo Stia dopo 7 ore di pala e tanta fatica, in paese c’erano circa 100 cm di neve andante. Solo nel pomeriggio cominciarono a passare gli spalaneve che però pulirono le strade principali, la nostra venne pulita la sera a buio. Intanto velocemente con il mio babbo si ritirò fuori la vecchia stufa “warm morning” vorace di legna ma che scaldava tantissimo.
A Stia la luce tornò dopo 5 giorni, da noi dopo 7, il pane veniva portato da Arezzo dai Pompieri e le frazioni più alte come Papiano, Coffia, Porciano, Vallucciole, Campolombardo sommerse da metri di neve vennero raggiunte dopo alcuni giorni. La strada della Calla rimase chiusa per tre giorni, era un andirivieni di elicotteri che portavano presse di fieno e viveri vari alle fattorie isolate. I capannoni industriali furono tutti danneggiati dalla neve pesante, alcuni crollarono, quello nuovo del Lanificio era stato inaugurato da poco e il tetto andò giù schiacciando tutti i macchinari, le pensiline sopra i parcheggi cedettero schiacciando diverse auto. Io tornai a scuola dopo 7 giorni, ma per rimarginare la ferita di quella “bufera perfetta” ci vollero dei mesi. Tutti noi ci rendemmo conto che quello che non succede in tanti anni può accadere improvvisamente e lasciare una tremenda scia di danni.
Dicembre trascorse veloce e fu freddissimo, si instaurò un regime di alta pressione che con tutta la neve caduta trasformò l’alto Casentino in un enorme congelatore, la mattina andavo a piedi alla stazione alle 6 e passando davanti al bar Roma vedevo il grosso termometro della Cinzano segnare -16°, -18°, addirittura una mattina -20°C. Le enormi masse di neve si erano trasformate in ghiaccio, che non si voleva sciogliere. Prima di Natale rinevicò ne fece altri 30 cm che si aggiunse a quel ghiaccio maledetto che ci circondava e che la notte faceva sprofondare la temperatura.
Tra il Natale e l’ultimo dell’anno fu tutto tranquillo, poi il 31 pomeriggio ricominciò a nevicare forte, io andai a ballare con gli amici a Ponte a Poppi, quando alle 2 uscimmo dalla discoteca c’erano 30 cm di neve, toccò telefonare a un nostro amico di Pratovecchio con la Fiat 850 che avendo le catene venne a prenderci, dello spalaneve neppure l’ombra. Da Stia a casa mia andai a piedi, la neve mi arrivava al ginocchio, alle 4 andai a letto. Quando mi alzai a mezzogiorno era smesso di nevicare, ne erano caduti altri 50 cm, poi nei giorni successivi girò il vento, arrivò lo scirocco che piano piano si portò via la neve ma non i danni subiti e le conseguenti polemiche.
Da quell’anno il Comune intensificò la pulizia delle strade con altri spalaneve, intanto erano arrivate le prime gomme “TERMICHE” che avevano il battistrada bianco, impressionarono tutti per le loro prestazioni soprattutto sulla neve ghiacciata. L’inverno successivo le montarono quasi tutte le auto anche se nevicò molto meno, tutti avevano paura che tornasse la ”TREMENDA BUFERA“ del ’78. Quella precipitazione eccezionale interessò tutta la catena appenninica che va dall’Alto Mugello, Romagna, Catenaia fino alla Val Tiberina.
Un ringraziamento particolare va all’Associazione Rione Antico di Stia, al Sig. Adelio Innocenti e al Sig. Francesco Ricci (il piccolo sciatore) che mi hanno fornito le rare foto dell’evento. Un pensiero commosso va a mio padre e mia madre che non ci sono più, ma che con me che hanno condiviso questo episodio della mia vita.
(tratto da CASENTINO2000 | n. 276 | Novembre 2016)