testo e foto di Andrea Barghi Goaskim – Le foreste del Casentino e della Romagna, lo sappiamo tutti, ospitano alberi secolari, alcuni monumentali, altri famosi. Sarebbe troppo facile raccontar di loro. Visto la mia quarantennale esperienza di girovago nelle foreste d’Europa, voglio raccontarvi la storia di tre alberi sconosciuti ai più, e forse a tutti.
Silenziosi, seminascosti da faggete o abetaie, se ne stanno tranquilli a gustarsi il paesaggio o il torrente o le rocce sulle quali alcuni di loro sono nati. C’è persino chi è nato e cresciuto in foreste così fitte da impedirgli di vedere il mondo che li circonda e dove la luce del sole fatica a entrare, ma questo non gli importa, sanno di contribuire alla bellezza del paesaggio che li ospita. Sono modesti, umili, non invidiano i secolari e loro maestosi compagni che vivono nelle selve di Sassofratino, né tantomeno il vecchio e saggio Castagno Miraglia, ormai stufo di vedersi fotografare da miriadi di fotografi dell’ultima ora che, dopo lo scatto, neanche si ricordano di lui.
E che dire dell’Abete Policormico che viveva nelle selve di Sassofratino, scomparso anni fa? Non possono certo invidiare il Carpino bianco, che vive sulla strada che da Prato Penna, porta al villaggio di Badia Prataglia. Deforme e annichilito dallo scarico di auto che a frotte gli passano davanti senza degnarlo di uno sguardo. Loro amano stare nascosti ed esser scoperti da chi li ammira, li accarezza e si siede accanto a loro.
Uno degli abeti che circondano le antiche mura dell’Eremo di Camaldoli con il suo braccio teso al viandante sembra dirgli: “Fermo forestiero, dove credi di andare; sei in grado di amare e rispettare la foresta?” Il problema è che neanche lo vede… se non alza gli occhi al cielo, ed è una cosa molto difficile di questi tempi, poiché gli occhi sono fissi sul cellulare intenti a leggere le scemenze che propinano i furbetti di turno.
E cosa dire del possente faggio abbarbicato su una delle rocce che vivono nella faggeta dell’antica foresta di Camaldoli. È un chiaro esempio di chi non vuol lasciare per nessun motivo il suo luogo di nascita, anche se impervio, lo ama talmente che non può farne a meno.
L’esempio più eclatante c’è dato dall’esemplare di faggio bitorsoluto e deforme che vive nella faggeta di Cavola dove, bellissimi e giovani faggi, lo circondano intenti a fargli la riverenza perché né riconoscono la saggezza e sanno che la bellezza non è tutto a questo mondo, se non si ha un cuore pulsante d’amore. Sono convinti che la forza della natura sta nell’invisibilità, il loro motto è: meno mi conoscono, meno danno mi apportano e più posso meravigliare l’attento viandante dal cuore intriso di poesia; ed è questa la filosofia di vita degli “Sconosciuti” come amano esser definiti i tre alberi che vedete in queste foto.