di Francesco Benucci – Virginia Checcacci, in arte comunicatrice. Sembra un’etichetta, di quelle che incasellano in una dimensione angusta e poco confortevole. E invece si tratta di uno scrigno denso di significato, di un accento posto sui contenuti e non sul mero contenitore, di una dimensione che rappresenta la natura polivalente della giovane stiana, di un attestato di stima per le peculiarità intrinseche dell’essere umano, primo vero mass medium della storia, capace, anche senza uno smartphone in mano, di trasmettere emozioni, tramite gesti, espressioni, parole, comportamenti, vestiario, contesti di vita. Virginia è molto altro ma quel “molto altro” prende le mosse da quanto poc’anzi evidenziato, dalla constatazione che è impossibile non comunicare e dalla conseguente tentazione di declinare questa osservazione in attitudini palesate, sin da piccola, nel leggere libri e nel guardare documentari, programmi su accessori, moda, quadri, arte in genere.
E ben presto le suddette passioni si traducono in percorso di studi: la frequentazione del liceo socio-psico-pedagogico, la conseguente iscrizione all’Università di Bologna, facoltà “culture e tecniche della moda”, classe di laurea sui Beni culturali, la scelta, nell’ambito della sociologia, di approfondire questo aspetto, rendendolo poi protagonista della sua tesi di laurea: come la società interpreta le tendenze della moda, divenuta un vero e proprio linguaggio, da un punto di vista sociologico, con particolare riferimento ai Millennial e alle modalità con cui, per la suddetta Generazione Y, nascono e si sviluppano, a seconda del contesto sociale, trend che creano propensioni verso un qualcosa da un punto di vista estetico che diventa a sua volta un vaso comunicante “indiretto”, non verbale ma molto espressivo nelle sue forme.
Il cammino formativo, ormai sfociato anche in propaggini professionali, di Virginia non si ferma tuttavia qui: ha conseguito un diploma tecnico per il design orafo, ha frequentato un corso di social media marketing per collegare comunicazione, moda ed accessorio, è stagista in marketing all’interno di un’azienda orafa aretina, coniugando, pertanto, moda e gioiello, nell’ambito di un distretto importante come quello nostrano, sta coronando il tutto con un Master in Storia, Design e Marketing del Gioiello presso l’Università degli Studi di Siena-Arezzo, tra parti teoriche, lezioni interessanti su fenomeni assai lontani nel tempo eppure ancora in grado di insegnarci tanto (come etruscologia), connessioni tra un aspetto artistico primigenio e aspetti più moderni legati al marketing, focus sui materiali utilizzati, etc.
Da questo coacervo di stimoli emerge un quadro poliedrico che ben riassume sogni ed aspettative di Virginia, il fascino per quella comunicazione che manifesta nelle sue creazioni (accessori, gioielli, quadri) e la consapevolezza di far parte di un mondo in cui certe definizioni, designer-artista-orafo, risultano complesse e fluide al contempo, racchiudono plurimi saperi, non si inquadrano in un unico albo o canale culturale, toccano molti background e molteplici conoscenze, hanno un lato ergonomico e uno artistico (pezzi unici, tirature limitate…) che esula dalla sola produzione industriale-commerciale. E forse il bello è proprio questo: uscire da ogni etichetta, entrare in contatto con altri stimoli, attraversare ulteriori competenze/nozioni, per poi farvi rientro, arricchiti, in attesa di nuovi “viaggi” e momenti formativi. A proposito di arricchimento, la figura di Virginia comprende anche una vena artistica che trova espressione nella pittura: la nostra ha sempre disegnato, prima sui banchi di scuola, ora, tra olio, acrilico e matita, “in cornice”; si tratta di una passione libera da schemi, che può sfociare in più ambiti, che in una fase iniziale ha privilegiato i paesaggi (anche sull’onda dell’amore per il territorio e la natura, fonte inesauribile di ispirazione) mentre negli ultimi tempi sta diventando più soggettiva, tramite ritratti familiari, derivanti da foto scattate dal bisnonno in contesti quotidiani, che denotano una maggior volontà di manifestare sé stessa.
E se, con le sue opere, vuole trasmettere quelli che erano i valori passati, osservandoli in un’ottica diversa, ingrandendo le foto, così da incentivarti a entrare in quel mondo e in quell’atmosfera, tuttavia, lo scoglio più grande che le si è frapposto innanzi è stato quello con la propria personalità, è stato superare la barriera che ti poni quando ti raffronti con chiunque e indossi la maschera pirandelliana; ma, dopo un “meeting con sé stessa”, ha buttato giù ogni ritrosia, ogni ostacolo emotivo e ha prima esposto i suoi quadri nel salone Hair Gallery di Maurizio Orlandi, quindi ha partecipato al concorso “Artkeys Prize”, ad Agropoli, e la sua opera, tra tantissime forme d’arte, è stata selezionata tra le finaliste ed esposta nella località sopra menzionata. Queste gratificazioni hanno contribuito a farle guadagnare la stima e il plauso di chi la circonda ma, a onor del vero, il sostegno, in primis, della famiglia, c’è sempre stato.
E non era affatto scontato, trattandosi di una realtà composita, tra moda, accessorio e pittura, a 360 gradi, che richiede una formazione continua a cui non è facile ottemperare ma che, d’altronde, è la chiave di lettura del design industriale e del prodotto, fra materiali innovativi, tecniche, trend in continua evoluzione e un confronto, talvolta arduo, con il mondo imprenditoriale e con gli input/diktat del mercato; a tal proposito, secondo Virginia, sarebbe bello comunicare, più spesso e con più convinzione, l’identità artistica o aziendale di un brand, sottolineare maggiormente la qualità della “mano” che realizza il prodotto, provare a scalfire alcune superfici di “vendita facile” col fine di conservare e valorizzare il Made in Italy.
In questa ottica propositiva, paradossalmente, la stessa pandemia, pur causando intoppi nel percorso di studi, ha tuttavia concesso tempistiche dilatate e maggiori spazi di riflessione che hanno messo a frutto sia alcuni trend generali, come testimonia la riscoperta dello slow, della sostenibilità, del consumo più consapevole, sia, nello specifico, la medesima Virginia: insieme a una collega di studi, Cristina Innocenti (che ha lavorato nella moda e ben conosce i meccanismi dell’indotto), si sono aperte una nuova strada condivisa, realizzando pezzi artistici, partecipando a contest ad hoc, per farsi conoscere e, aspetto embrionale ma impostato su una base decisamente futuribile, sviluppando collezioni finalizzate alla vendita; grazie a questo connubio hanno partecipato a due iniziative nel contesto della Roma Jewelry Week: all’Auditorium di Mecenate hanno esposto un pezzo di gioielleria, un collier, “Symposium”, nell’ambito dell’evento principale della manifestazione suddetta, mentre, in un altro concorso (“Percorsi della scuola orafa romana”) ad essa collegato, hanno elaborato una collana, “Metaphysical Touch”, da cui hanno tratto un primo prototipo per una tiratura limitata di una borsa, componibile/scomponibile, comprendente oltre alla borsa stessa, un accessorio originariamente sul davanti – il suo decoro – e il manico, con manico e accessorio che, staccati, compongono, appunto, la collana “di partenza”: il tutto è stato esposto all’atelier Xandrine in via Margutta sempre a Roma. E nel quadro delle occasioni pubbliche come non citare il fatto che la nostra, dal 3 dicembre 2021 al 13 marzo 2022, sarà presente ad Arezzo, alla Casa Museo Ivan Bruschi, con un suo pezzo di gioielleria, “Gravity”, l’anello oggetto della tesi del master, all’interno della mostra “Bruno Galoppi: il design orafo tra gli anni Cinquanta e Settanta ad Arezzo”?
Anche questi tasselli vanno a costituire il mosaico di Virginia, un mosaico che contempla tanti obiettivi, tanti sogni, tante aspettative: continuare a lavorare dentro aziende orafe per cementare/consolidare l’esperienza, rimanere all’interno di questo ambito, portare avanti il discorso della pittura, curare la linea aperta con la collega di studio. Un mosaico la cui grande bellezza, in una circolarità che, forse non casualmente, ricorda la forma classica di un gioiello, consiste proprio nel perseguire quel punto di partenza originario: comunicare emozioni.