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sabato, 17 Maggio 2025
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Rassina ricerca la sua storia

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di Sara D’Alessandro – Le immagini di una volta alla portata di tutti. La storia di Rassina torna a rivivere, almeno virtualmente, intorno ad una pagina Facebook, un viaggio nel passato per riscoprire il presente e non dimenticare le nostre radici.

Mentre sono sempre di meno i momenti di aggregazione sociale e di incontro sono, invece, sempre in aumento, le persone che si “ritrovano” nella grande Rete per scambiarsi notizie, appuntamenti ed informazioni tra le più varie.

Qualche tempo fa nessuno avrebbe mai immaginato, tantomeno i due ideatori, che il desiderio di rivedere com’è cambiata “Rassina nel tempo” potesse contare in appena un mese quattrocento amici virtuali, intorno ad una pagina Facebook nella quale poter “postare” foto d’epoca scovate nei cassetti e nei ricordi dei nonni. Nato a marzo già ad aprile le foto pubblicate erano più di mille, un clamoroso successo, che ha scatenato tra i compaesani una vera e propria ricerca alla foto d’epoca.

Scatti in bianco e nero di piazza Mazzini e dintorni, le strade con pochissime auto, le insegne dei negozi, gli amici fuori dal bar, ricordi che si nascondono dietro ogni angolo del paese e che non possono fare a meno di far riflettere sulle evoluzioni non sempre positive subite nel corso degli anni. Una full-immersion nel passato prossimo e remoto di Rassina realizzato grazie all’impegno di Giuliano Pietrini e Lorenzo Remo Ricci ed allo slancio di molte persone che in questo modo si sono rese partecipi di una grande raccolta da consegnare alle generazioni future affinché la nostra memoria storica, non venga perduta per sempre.

«L’idea di creare una raccolta fotografica sul social network più diffuso al mondo – afferma Pietrini – è nata dal cuore e dalla passione perché riguarda il nostro paese e si propone di proseguire il lavoro intrapreso dall’Associazione culturale presieduta da Vittorio Vannini “Castel Focognano Società per la storia”, costituitasi nel 2004 con l’obiettivo di favorire l’approfondimento, lo studio e la diffusione delle conoscenze storiche relative al territorio in sé e alla sua storia più ampia. La nostra intenzione è quella di creare più che un gruppo un archivio storico, dove chiunque può inserire foto di Rassina e dei suoi personaggi, che racchiudano in sé testimonianze ricche di storia e di cultura. Questa iniziativa è solo l’inizio di un progetto più esteso in quanto con il materiale a disposizione vorremmo un giorno poter realizzare una mostra fotografica».

Come spiega Remo Ricci: «È un successo inaspettato, in tanti hanno contribuito cercando scatti del passato nelle proprie soffitte, nei cassetti dei nonni e spargendo la voce tra amici e parenti, facendo attenzione a evitare doppioni.

È un vero piacere condividere queste gallerie di immagini, alcune delle quali gentilmente concesse dal Comitato Carnevale dei Ragazzi di Rassina, con coloro che mossi dall’interesse per le proprie tradizioni, o dalla semplice curiosità vogliono vedere la trasformazione del paese che a mano a mano che le pagine scorrono, acuisce la nostalgia per i tempi che furono, risvegliando una serie di ricordi che parevano assolutamente dimenticati e allo stesso tempo permette ai giovani di accrescere la memoria e la consapevolezza sulla loro terra.

Ognuno a suo modo –  prosegue – soffermandosi sulle immagini non potrà non scoprire angoli familiari che lo emozioneranno, suggestivi panorami in bianco e nero che permettono una specie di ricostruzione di quasi un secolo di urbanistica del paese».

“Rassina nel tempo” oltre ad essere un affascinante viaggio a ritroso, che si snoda tra frammenti di vita, attimi di gioia sottratti al duro lavoro, vecchi mestieri ed atmosfere antiche, è un progetto ambizioso che ha riunito “amici” vicini e lontani, che nasce innanzitutto dalla voglia di far rivivere un’emozione. Le foto in particolare hanno un elevato valore affettivo, non se ne avverte l’importanza storica, se non quando, confrontandole con la realtà presente ci rendiamo conto di ciò che siamo e di come siamo cambiati. Le immagini di luoghi, di lavori, di ricorrenze, di persone, molte delle quali non ci sono più, raccontano la nostra storia, facendoci capire che è proprio in quei volti, in quei nomi, in quei luoghi che sta la nostra identità e dunque anche il nostro futuro. E come diceva Cesare Pavese: «A che serve passare dei giorni se non si ricordano?».

“Sobrio” anche il 2 giugno… ora basta!

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di Mauro Meschini – Sembrano lontani i festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Evento che solo per un attimo aveva portato una ventata di fiducia su questo Paese. La parentesi è però stata breve, si è subito tornati alla realtà dei danni provocati dal Governo Berlusconi, ad una situazione politica inqualificabile e, conseguenza logica, ad un nuovo Governo di “tecnici sobri” che ha commissariato i partiti e ha intrapreso una strada di rigore senza capire niente di quello che sta succedendo in Italia.

Così quest’anno, dopo tutto il resto, avremo anche una Festa della Repubblica sobria. Giorgio Napolitano, sponsor dei tecnici e di questa decisione tanto criticata, si è dimostrato veramente degno rappresentante di una classe politica che ormai viaggia su una linea parallela alle reali esigenze del Paese.

Ci siamo davvero stancati di sobrietà, che si dimostra ogni giorno di più una parola vuota e insignificante, qui abbiamo bisogno di decisioni vere e utili a tutti!

Allora in un momento come questo, e per dirottare tutte le attenzioni sulle emergenze che viviamo, in primo luogo in Emilia, si doveva rinunciare alla sfilata del 2 giugno, anche perchè la “paratina militare” ridotta rischia di essere solo una brutta copia.

Si deve avere il coraggio di non andare a giocare gli europei, come ha ipotizzato Prandelli, perchè questo calcio non è degno di rappresentarci, soprattutto se in squadra c’è un personaggio, come Buffon, che ha ancora il coraggio di dire “con i miei soldi faccio quello che mi pare”, anche le scommesse clandestine, evidentemente.

Si deve ritrovare la dignità di un Paese laico e non continuare a spendere milioni di euro ogni volta che il Papa esce dal Vaticano, oggi a Milano ieri ad Arezzo. Soprattutto in un momento in cui la Chiesa si dimostra lontana anni luce dalla fede e dal suo compito evangelico.

Forse a qualcuno possono sembrare decisioni di poco valore, o addirittura che non è possibile fare, ma sarebbero segnali forti che restituirebbero un senso all’essere uno Stato.

Restituirebbero maggiore forza alla Costituzione, che tutti a parole dicono di difendere e che poi in pochi mesi hanno modificato inserendo una norma discutibile sull’obbligo del pareggio di bilancio e su cui, ancora oggi, si continua a discutere per apportare altri cambiamenti, ancora più sostanziali, che rischiano di stravolgere gli equilibri esistenti in quel testo senza introdurne di nuovi.

A proposito proprio nel pomeriggio del 2 giugno i giovani del PD distribuiranno a Poppi copie della Costituzione nel corso di una loro manifestazione, speriamo che siano a conoscenza del fatto che è proprio il PD uno dei partiti che, con PDL e UDC, sta pensando di fare questi pesanti interventi di modifica… se è così non vorremmo che questa distribuzione di copie fosse una specie di funerale “sobrio” ai principi su cui è nata la Repubblica!

Buon 2 giugno, per niente sobrio, ma molto indignato!

 

Treno del Casentino: con l’orario estivo pendolari a piedi

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La Regione si opponga a riduzioni sguaiate del servizio ferroviario che penalizzano Pratovecchio e l’alto Casentino come quelle previste con i nuovi orari: è questo ciò che in buona sostanza chiedono alla giunta toscana tramite interrogazione i Consiglieri regionali del Pdl Paolo Enrico Ammirati (Vicecapogruppo) e Stefano Mugnai insieme ai loro colleghi della Commissione Trasporti e Infrastrutture Giovanni Santini e Jacopo Ferri. Il caso è quello della tratta che va da Arezzo a Stia e viceversa passando per Pratovecchio. Ebbene, che succede? Che i nuovi orari in vigore dal 10 giugno prossimo da un lato tagliano la corsa 192 delle 19.48 da Arezzo in là, mentre dall’altro spostano da Pratovecchio a Subbiano la partenza della corsa 1.153 delle 5.32 del mattino. E Pratovecchio? A piedi, parrebbe. Non secondo il Pdl, che all’assessore regionale competente sulla materia Luca Ceccobao chiede, tra le altre cose, se sia «legittimo per l’azienda togliere due corse che da decenni sono garantite sia nell’orario estivo che in quello invernale e che consentono ai pendolari/lavoratori di recarsi e tornare dal luogo di lavoro». Poi c’è la perplessità: «Perché – domandano Ammirati, Mugnai e i loro colleghi, non sono state tagliate, al posto di quelle in oggetto, le corse che da anni servono solo un minimo numero di utenti, come quelle di metà mattina e metà pomeriggio»? Spetterà alla Regione verificarlo, oltre che appurare «se l’azienda intenda comunque ripristinare da settembre in poi la corsa 192 delle 19.48 da Arezzo per Pratov./Stia, e la corsa 1153 delle 5.32 da Pratovecchio per Arezzo».Ma ecco come gli esponenti del Pdl riassumono la questione nella premessa del loro documento: «TFT Spa (Gruppo LFI Spa) gestisce il trasporto ferroviario anche nella tratta Arezzo-Pratovecchio-Stia. Nell’orario estivo, che entrerà in vigore dal 10 giugno p.v., è stata eliminata una corsa, la n. 192 delle 19.48, da Arezzo per Pratovecchio-Stia, mentre la corsa n. 1153, delle 5.32 da Pratovecchio per Arezzo, partirà da Subbiano anziché da Pratovecchio, creando così disagi per i pendolari residenti nell’alto Casentino. Il disagio per i molti pendolari che utilizzano i due treni sopra citati – specificano i Consiglieri regionali – si concretizza» perché «la mancanza della corsa della sera obbligherà i pendolari a prendere la corsa successiva, cioè quella delle 20.20, così da far rientrare da lavoro a casa i residenti dell’alto Casentino anche alle 22».

Peggio che mai al mattino: «La mancanza della corsa n. 1153 delle 5.32 reca un danno maggiore, perché i pendolari che utilizzano il citato servizio (magari prendendo le coincidenze per Firenze o per Roma dalla stazione di Arezzo) non avranno alternative, visto che la corsa successiva è prevista quasi un’ora dopo, cioè alle 6.23». Ora, tutto ciò interviene come pioggia sul bagnato di una situazione già non rosea: «Nel periodo estivo – ricordano infatti Ammirati, Mugnai, Santini e Ferri a Ceccobao – TFT ha programmato significativi interventi di manutenzione straordinaria sulla linea ferroviaria nel tratto Rassina/S.Mama, che comporteranno lo stop a tutti i treni da Pratovecchio a Subbiano e l’utilizzo dei pulmann in loro sostituzione. Il “taglio” delle 2 corse in oggetto sarebbe stato giustificato per compensare le maggiori spese che l’azienda dovrà sostenere per il trasporto su gomma».

Una cura per essere felici

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di Melissa Frulloni – A Certomondo un cane ispira un progetto che rivoluziona il concetto di casa di riposo. La pet therapy, un’attività terapeutica alternativa per curare anche gli anziani.

Se andate alla Rsa di Certomondo a Ponte a Poppi, oltre a vedere letti, pazienti, anziani, infermiere e quant’altro ci si può aspettare di trovare in una casa di riposo, scoprirete anche una strana ma piacevole novità, che rende questo posto unico e un po’ diverso dalle altre residenze per anziani.

Questa novità si chiama Argo ed è la mascotte della struttura. Argo è un cane, un po’ vecchiotto, ma ancora pieno di vita e bisognoso di affetto. È un randagio, un trovatello, che la struttura ha deciso di ospitare finché non troverà una famiglia che voglia adottarlo. Argo ha vissuto una vita triste, fatta di abbandoni e maltrattamenti, ma nella casa di riposo sta vivendo ora felice e amato. (Avrete già scoperto la storia di Argo nella rubrica “Casentino a 4 zampe”).

Oltre ad essere la mascotte della residenza, Argo ha stimolato un’idea che, alla casa di riposo, ha coinvolto tutti, specialmente gli anziani. È grazie a lui, infatti, che a settembre 2011 è partito un ciclo di 10 incontri del “progetto Pet Therapy”. La pet therapy è un insieme di attività terapeutiche condotte con animali domestici e d’affezione. L’effetto benefico prodotto dalla presenza di animali in contesti sanitari è stato riconosciuto persino dalla Presidenza del Consiglio che, nel 2003, ha individuato nella pet therapy una cura da affiancare ai programmi terapeutici tradizionali. Per saperne di più e per capire come realmente si svolge un programma di pet therapy abbiamo raggiunto a Certomondo, Stefania Mosconi, coordinatrice della struttura e Laura Cipriani, educatrice.

Come ha fatto un cane ad ispirare un progetto così importante?

«Quando abbiamo accolto Argo nella nostra struttura era malconcio e diffidente, timoroso nel lasciarsi avvicinare dalle persone. Il veterinario che l’ha seguito dal primo giorno, il Dottor Omizzolo, ci ha consigliato di sottoporlo ad una serie di lezioni di addestramento, per renderlo più docile e gestibile. L’idea del “progetto pet therapy” è nata quando abbiamo visto in Argo un possibile “cane-dottore” da impiegare nella struttura. In questo modo non solo avremmo dato ai nostri ospiti, la possibilità di giovare di una terapia alternativa ed efficace come la pet therapy, ma avremmo, anche, dato ad Argo una seconda possibilità, riscattandolo da una vita di sofferenze e mettendolo al servizio dei malati. L’operatore cinofilo che l’ha addestrato ha cercato di recuperarlo e socializzarlo, ma, nonostante i grandi progressi che ha fatto, non è stato possibile inserirlo nel programma di pet therapy. Infatti, i cani impiegati in questa terapia, sono generalmente di razza Labrador e vengono addestrati fin da cuccioli, vivono una vita incentrata su questa attività, lavorando sempre e sottoponendosi a continui addestramenti. Argo è risultato, quindi, incompatibile con questo progetto».

Chi sono i protagonisti del “progetto pet therapy”?

«Innanzitutto, i nostri “vecchietti” che, anche se con un po’ di titubanza e timori iniziali, hanno partecipato con gioia a quest’attività. Il progetto ha coinvolto 10 ospiti della nostra struttura, tutti con gravi disabilità fisiche, soltanto due di loro soffrono di una disabilità medio grave, ma comunque tutti affetti da demenza senile e problemi psichici. I progetti di pet therapy, come il nostro, sono calibrati e pensati in base all’utenza e cercano di correggere o migliorare i comportamenti dei pazienti. Questi, infatti, sono chiamati ha ripetere degli esercizi che gli addestratori fanno fare ai cani in una riabilitazione simile al gioco e incentrata sulla motricità. Gli altri protagonisti del progetto sono coloro che rendono materialmente possibili queste attività terapeutiche, non solo nella nostra casa di riposo, ma anche in molte altre strutture sanitarie della provincia di Arezzo, i membri dell’associazione G.A.I.A. (Gruppo di Aiuto Interdisciplinare con ausilio di Animali). All’interno dell’associazione ruotano una serie di esperti e professionisti che organizzano e gestiscono gli incontri. Fanno parte di questo team il Medico Veterinario, Dott. Paolo Omizzolo; la psicologa Dott.ssa Bartolina; la psicoterapeuta Dott.ssa Caremani; l’educatrice Dott.ssa Faini e due operatori cinofili, Maria Elena Bisconti e Enrico Omizzolo. Tutte queste figure lavorano insieme per cercare la tipologia d’intervento più adatta al paziente. L’associazione lavora con molte tipologie di utenza, dagli adolescenti agli anziani, a persone con deficit mentali e fisici, fino a quelle affette da autismo. Infine ultimi, ma non ultimi protagonisti di questa avventura, i cani, che sono le vere star del progetto. Come già detto, non abbiamo potuto includere il nostro Argo nell’attività, quindi i cani-dottori che sono stati utilizzati sono quelli dell’associazione G.A.I.A. Speravamo che Argo potesse diventare un “dottore” perché il nostro sogno sarebbe quello di creare una struttura con pet therapy integrata, ma vuoi per le disabilità dei pazienti, molto anziani, vuoi per la mancanza di fondi che un progetto del genere richiede, non siamo, per adesso, riusciti nel nostro intento».

Chi ha finanziato il progetto?

«Oltre a ricevere finanziamenti da enti e aziende del Casentino, abbiamo organizzato una festa per raccogliere i soldi necessari per far partire questo progetto. Il 25 settembre scorso abbiamo organizzato un “pomeriggio a 4 zampe”. La giornata prevedeva una sfilata canina, alla quale hanno partecipato, oltre ai cani di razza e meticci, anche i cani dell’associazione G.A.I.A. e i cani del canile di San Piero. A fare da giuria, gli anziani della casa di riposo e i bambini delle scuole elementari del Casentino. Inoltre, con la vendita dei biglietti della lotteria, effettuata da alcuni commercianti di Poppi e Bibbiena, e con le offerte raccolte durante la giornata abbiamo accumulato quasi 1.400 euro, un grande risultato che ci ha permesso di partire con il progetto di pet therapy. Sicuramente anche quest’anno organizzeremo la festa perché, oltre ad essere un modo molto efficace per raccogliere dei fondi, ci permette di creare “un ponte con l’esterno” e far conoscere ai cittadini come lavoriamo e che cosa facciamo dentro la Rsa. I nostri pazienti vivono chiusi in questo spazio che è il loro mondo perdendo ogni contatto con la realtà esterna. Anche per la sua ubicazione e posizione geografica Certomondo si presta ad essere un isola lontana e, se vogliamo, felice. Soltanto grazie ai familiari e alla bella stagione, che permette agli anziani di uscire nel giardino della struttura, questi possono agganciarsi con l’esterno e conoscere che cosa c’è “al di là dei cancelli”. Queste giornate sono, quindi, utilissime per i nostri ospiti perché li riportano nel mondo che hanno abbandonato entrando nella casa di riposo».

Quello che succede a Certomondo è la dimostrazione di come stia cambiando ed evolvendo il concetto della “casa di riposo”. Siamo abituati a pensare a queste strutture come a luoghi tristi e grigi che tutti, sin da bambini, abbiamo imparato a detestare e ad associare alla vecchiaia e alla morte. Oggi scopriamo invece degli spazi colorati e felici, dove gli anziani possono trovare calore e amicizia e dove posso svolgere attività di svago e riabilitazione. Però è, comunque, vero e inevitabile che, nelle case di riposo, l’unica cosa che si può fare è dare un aiuto agli anziani, trasmettergli gioia ed entusiasmo, ma non si può arrestare un processo naturale che porta, purtroppo, alla morte. Per questo Laura Cipriani ci dice che Argo è la metafora vivente della casa di riposo e dei suoi ospiti.

È un cane molto anziano e malato che si può aiutare, al quale si possono alleviare delle sofferenze, ma non lo si può riportare alla giovinezza e non gli si può restituire quella voglia di vivere che aveva un tempo. Progetti come quello della pet therapy sono, quindi, utili per stare vicini ai “nostri nonni” e ai “nostri vecchietti”, per farli sentire meno soli e per aiutarli a scrivere, serenamente, l’ultima parte della loro storia.

Piantati 36 rari alberi da frutto

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Nell’ambito del service internazionale “Un milione di alberi”, la VII Circoscrizione del Distretto toscano del Lions Club International, con l’indispensabile aiuto del Corpo Forestale dello Stato di Pratovecchio, grazie all’intraprendenza di Mina Tamborrino e l’adesione del Lions Club Casentino, ha realizzato un giardino di circa 1.000 mq con un percorso didattico guidato in cui sono stati messi a dimora 36 alberi da frutto autoctoni casentinesi ormai quasi introvabili.

Il terreno è demaniale, la manutenzione sarà curata direttamente dal CFS, la fruibilità sarà pubblica, trattandosi di uno spazio verde al servizio della collettività.
La denominazione scelta è: “Giardino dei frutti perduti”
Il luogo è in via dei Legni a Pratovecchio, lungo il Fiumicello, tra la SP 310 ed il ponte della ferrovia, a fianco della sede del Corpo Forestale dello Stato.

L’inaugurazione del giardino avverrà venerdì 8 giugno alle ore 18,30 e tutti sono invitati all’evento trattandosi di un intervento importante e qualificante per il territorio casentinese e di cui ne vanno giustamente fieri la Circoscrizione aretina dei Lions ed il Lions Club Casentino, presieduto dal prof. Paolo Caleri, in particolare.

“Dragon Goal” arriva a Bibbiena

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L’Associazione “Noi che… Bibbiena”, con il patrocinio del Comune di Bibbiena e la collaborazione della UISP comitato di Arezzo, A. C. Bibbiena e Calcio a 5 Casentino, organizza la prima edizione di “Dragon Goal”, in programma tutte le sere da domenica 3 a sabato 9 giugno a partire dalle 20 in piazza Tarlati.

Il magnifico scenario della piazza sarà il palcoscenico del piccolo campo da calcetto in cui si disputeranno partite di Street Soccer, un tipo di gioco 3 contro 3 molto di moda nelle spiagge. Sarà allestita una struttura con fondo in erba sintetica e una gabbia che delimita il campetto in modo tale che il pallone sia sempre in giuoco. Le squadre si sfideranno in intense partite di 8 minuti e saranno suddivise in quattro tornei da scegliere al momento dell’iscrizione: friends, lady, over e open. La prima fase sarà a gironi, 4 squadre a girone con partite di andata e ritorno per un totale di sei partite, dal giovedì prenderanno il via i quarti di finale e a seguire semifinali e finali.

Ogni squadra potrà presentare una lista di giocatori al momento dell’iscrizione di minimo 3 e massimo 5 persone. Il costo di iscrizione, entro il 29 maggio, è di 100 euro a squadra comprensivo di iscrizione e costi per il campo per tutte le partite disputate. La copertura assicurativa, accessoria, è di 5 euro a giocatore. L’organizzazione ha previsto la possibilità di usufruire delle docce presso lo stadio comunale raggiungibile con un pulmino navetta gratuito direttamente da piazza Tarlati.
L’Associazione “Noi che… Bibbiena” ringrazia tutti i commercianti e le attività del centro storico che hanno accolto con entusiasmo questo progetto e metteranno a disposizione i premi del torneo: Bar Bibbiena, Chalet, Caffetteria il Podestà, Bar Le Logge, Ristorante il Tirabusciò, Ristorante la Tavernetta, Ristorante da Spartaco, Babilonia Pub, Birreria Porta dei Fabbri, Tuttosport, profumeria Irma, Centro estetico Carmen. Siamo molto orgogliosi di questa disponibilità di vari esercizi, siamo convinti che potrà dare soddisfazioni sia a noi organizzatori che alle attività stesse, in un clima di collaborazione ed aiuto reciproco positivo per il nostro centro storico.

Puoi avere informazioni e iscriverti presso le seguenti attività del centro storico di Bibbiena:
Tuttosport, Edicola Millennium, Bar Le Logge e Caffè il Podestà
Oppure direttamente chiamando Andrea 328 0383257 o Pierfrancesco 338 7814481
Altre informazioni e aggiornamenti sul profilo Facebook dell’Associazione Noi che… Bibbiena.

Nuovi giornalisti a CASENTINO2000

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L’Ordine dei Giornalisti della Toscana ha deliberato di recente, dopo i due anni di articoli e tutte le procedure necessarie, l’iscrizione nell’albo dei giornalisti pubblicisti di alcuni nostri collaboratori. Si tratta di Sara D’Alessandro, Andrea Biagini, Ilaria Borgnoli, Melissa Frulloni, Eugenio Milizia e Tommaso Corazzesi. E sono ormai quasi 50 i collaboratori che hanno preso la tessera dell’Ordine tramite il nostro giornale. Ai neo giornalisti vanno le congratulazioni della Direzione e di tutta la Fruska srl.

Terremoto in Emilia, una vittima casentinese

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In questi giorni anche la nostra vallata è stata interessata dalle scosse di terremoto, scosse per fortuna lievi che non hanno causato problemi, ma che sono state sufficienti per diffondere anche da noi un senso di preoccupazione.

Adesso, una nuova triste notizia, contribuisce a rendere ancora maggiore il coinvolgimento del Casentino in questa tragedia che sembra non avere fine.

Una delle ultime vittime del sisma, Don Ivan Martini, 65 anni, aveva infatti forti legami con il Casentino. La madre era di Salutio, e altri suoi parenti vivono nella vallata. Attualmente era parroco della chiesa di Santa Caterina di Rovereto sulla Secchia nel comune di Novi (MO).

È morto proprio nella sua chiesa, schiacciato da una grossa pietra che si è staccata dal soffitto. Stava cercando di verificare i danni subiti dall’edificio e cosa fosse possibile mettere in salvo. Purtroppo non è riuscito a salvare se stesso.

Esami di maturità: le commissioni

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Queste le commissioni per gli esami di stato 2011-2012 in Casentino.

Commissioni Esame di Stato 2011 2012

Se restano 11 giorni di vita…

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di Eugenio Milizia – La vita è lunga o corta? È una domanda che può avere più risposte. Che sia interminabile o troppo breve lo può dire chi, in generale, si trova male oppure bene a questo mondo!  Ma venire a sapere di vivere solo 11 giorni sarebbe proprio poco… troppo poco.

Incontro Giuliano Cecconi di Serravalle, casualmente. Come quasi sempre si fa con tutti, quando si ha un po’ di quella rara fretta di paese,  quasi quasi passo oltre dopo un rapido saluto di quotidiana routine. Così si fa quando in paese ci si incontra spesso e, spesso, per un “niente di nuovo”… Però…

Però… quella volta no! Quella volta mi fermo, anzi ci fermiamo. Si sa che le voci in paese corrono come fulmini e più! Si diceva che Giuliano aveva avuto una “brutta cosa” e cose del genere che non avevo ben capito. Mi parve allora carino fermarmi e chiedere che cosa aveva avuto, data l’amicizia fra noi.

Giuliano, 53 anni portati bene, mi dice che aveva avuto un lieve disturbo, visto che l’Ospedale di Bibbiena è a portata di mano, rispetto Serravalle, va e chiede un controllo che gli fanno subito. Spiega che lui deve lavorare alla pompa AGIP di Soci, e se non lavora non mangia, per cui non può andare molto a spasso. Un controllo all’Ospedale di Arezzo sarebbe stato problematico.

Non bene. Dal controllo, dopo il ricovero in ospedale di due giorni, si ha la diagnosi che Giuliano pretende di conoscere: “una brutta cosa” da operare prima possibile, solo durante l’operazione si sarebbe saputo se la “brutta cosa” fosse non troppo brutta o proprio brutta da morire!

Era il primo del mese e l’operazione poteva essere fatta l’11 del mese dopo ulteriori esami; Giuliano ebbe l’assicurazione di  poterla effettuare a Bibbiena. Non poteva permettersi di andare ad Arezzo, lontano: la moglie che lavora, la figlia che va a scuola, i genitori anziani  non autonomi… e sempre il lavoro.

11 giorni. Giuliano racconta… «Quando il medico mi diede la notizia della “brutta cosa”, mi parve che il mondo, come si dice, mi cadesse addosso… perché sentii le gambe come non reggermi più! Era ancora pomeriggio presto, andai alla “pompa” a lavorare. Non ricordo niente di quei momenti… La sera dissi della diagnosi, cosiddetta infausta, a mia moglie e a mia figlia. Furono molto comprensive ed incoraggianti al massimo. Per non far vedere che ero seriamente preoccupato, fingevo tranquillità, buttandola anche sullo scherzo. La cena andò come andò… Finalmente a letto, al buio… Fu una notte lunghissima, credo la più lunga della mia vita, senza dormire. Anzi, un solo pensiero: come organizzare il resto della mia vita, o meglio, quel po’ che poteva restare… 11 giorni… Iniziai a fare dei piani per organizzare il futuro di chi restava. Senza più il mio lavoro la mia famiglia avrebbe avuto meno possibilità. Primo, mia figlia non sarebbe potuta andare a Firenze o Bologna all’Università; secondo, mia moglie avrebbe dovuto lavorare sodo per sempre. Cosa avrei potuto farci? Niente, nessun piano è possibile; terzo, i miei genitori anziani e disabili con una misera pensione e con me figlio unico, che fare? Nessuna soluzione! Per un momento mi venne in mente anche una soluzione improbabile; quarto, il lavoro? Amen! Finché ne avrò le forze starò solo alla cassa e a fare i conti… Questa la prima notte. Il giorno al lavoro, facendo finta di niente. Le notti ed i giorni successivi non vi furono meno piani, sempre gli stessi, magari con maggior particolari».

La fine. Il giorno 11, l’operazione… «Venne l’operazione. O la va o la spacca!  Al risveglio, come immersi in una fitta nebbia e con suoni lontani ed incomprensibili, pur male, vidi che avevo tutti intorno a me: la mia famiglia e alcuni dottori. Avevo paura di sentire una condanna… ma vidi delle dita a V di non so quale mano che si muoveva verso l’alto, debolissimo, ma felice chiusi ancora gli occhi, mi dicono, per diverse ore… era finalmente il sonno sereno perso nei precedenti 11 giorni… Mi dissero, poi, che era stata un’operazione complessa, ma la “brutta cosa” era stata estirpata, per cui ero stato liberato… preso per i capelli… uno o due mesi di ritardo e ADDIO! Per alcuni giorni rimasi in ospedale, tutti i medici ed il personale sanitario si adoperarono con grande  impegno per rimettermi in sesto. Quando un medico entrando in stanza mi salutò con un V di dita, lo ringraziai per il messaggio: era il più giovane!… Dopo qualche giorno a casa in convalescenza, tornai finalmente al lavoro, come se niente fosse stato. Mi è rimasta la sensazione di esserci per miracolo: meno male che c’è l’Ospedale a Bibbiena, e quindi meno male che ho fatto una visita di controllo che altrimenti non avrei mai fatto ad Arezzo; meno male che ho trovato il personale ospedaliero speciale: professionale e familiare che, nella tragedia, mi ha fatto trovare lì come se fossi a casa mia. Meno male tutto…».

L’Ospedale di Bibbiena. Meno male che c’è! Si dice in giro che ora c’è ma che poi non ci sarà… c’è chi smentisce e chi conferma. Mah! Intanto chi va a dire a quelli di Ponte Nano, di Montemignaio, di Papiano Alto, di Serravalle, della Badia o di Corezzo che si dice che forse l’Ospedale di Bibbiena non ci sarà… e che, in quel caso, faranno prima ad andare a Firenze oppure in Romagna che ad Arezzo?

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