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martedì, 3 Dicembre 2024

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Asilo nido, distacco o opportunità?

di Antonella Oddone – Tanti anni fa non si parlava di nidi. I bambini crescevano in famiglie con tanti adulti e tantissimi bambini di ogni età, fratellini e cuginetti. In campagna era la norma. Ma anche in città si giocava nei cortili o per le strade, che certo erano più sicure, e i ragazzi più grandi guardavano i più piccoli. Tutti si conoscevano e i piccini erano figli dell’intero villaggio o del quartiere di una città. Il nido è nato come servizio per i genitori che lavorano e non hanno l’appoggio dei nonni e, è vero, rappresenta il primo doloroso distacco dalla mamma e dal babbo. Ma per il bambino è una vera opportunità. Mandare al nido i bambini (fin da piccolissimi) comporta numerosi benefici, tutti dimostrati.

Dal punto di vista immunologico la convivenza tra tanti bambini della stessa età equivale ad incontrare tanti virus e se è vero che inizialmente ci si ammala più spesso è scientificamente provato che proprio in questo modo che le difese immunitarie diventeranno più abili e capaci di difenderci: dopo i primi due anni il nostro piccino si ammalerà molto meno, e (è provato!) si dimezza la probabilità di sviluppare allergie perché si rinforza il sistema TH1 e si riduce di un terzo il rischio di una leucemia.

Dal punto di vista psicologico sappiamo che il bambino nei primi tre anni è egocentrico, cioè mette sé stesso al centro del mondo; crescere con uno o più adulti che assecondano questa tendenza rischia di creare un piccolo dittatore o una splendida principessa che avranno difficoltà a sviluppare il più importante dei valori sociali: la capacità di mettersi nei panni dell’altro. Nell’interazione con le altre bambine e bambini il piccolo inizia invece la fuoriuscita dalla necessaria fase di narcisismo e onnipotenza e incomincia a imparare le forme di autoregolazione sociale. Non per niente è proprio al nido, fra i 18 e i 36 mesi, che il bambino ha maggiore capacità di gestire autonomamente i contrasti con i suoi coetanei. Uno dei vantaggi più espliciti che ne consegue è il rafforzamento delle competenze linguistiche, in quanto la necessità di comunicare con i propri coetanei consente ai bambini di uscire dalle forme di comunicazione adulto-bambino eccessivamente protettive.

Dal punto di vista cognitivo sappiamo che fino al terzo anno di vita il bambino apprende sostanzialmente attraverso lo sviluppo sensoriale. Sono esperienze molto semplici ma importantissime: toccare, udire i suoni, guardare, muoversi, scoprire, mettere in bocca, tutte esperienze che in un nido possono essere fatte con la massima libertà.

Ma come gestire il distacco? L’ansia da separazione, cioè la paura di essere separato dai genitori e l’ansia verso le figure estranee, sono le prima “paure” del bambino e sono reazioni emotive universali, fondamentali per la sopravvivenza: quando il bambino avverte il pericolo torna dalla madre, la sua base sicura. Questa paura-ansia inizia a 6-7 mesi, ha il suo culmine a 15-18 mesi e scompare intorno ai due anni. Non è quindi negativa, anzi, significa che il bambino ha acquisito nuove competenze, è capace di muoversi in maniera indipendente, riconosce le emozioni nel volto degli altri, sa che le persone e gli oggetti continuano ad esistere anche quando scompaiono dal suo campo visivo. Il nostro piccolo è combattuto tra il bisogno di indipendenza e quello di sicurezza Ma siamo noi genitori i primi ad essere sconvolti dalle manifestazioni di ansia, i pianti irrefrenabili e le manine tese.

Che fare? Alla base di tutto c’è la prevenzione: saper creare una buona relazione di attaccamento fin dai primi giorni, che permetta al bambino di esplorare il mondo sapendo che può contare sulla sua base sicura (la mamma, il babbo). I genitori devono essere amorevoli, accessibili, disponibili, responsivi, sensibili e soprattutto prevedibili: Il bambino ama la routine.

– Abituatelo alla socialità e non forzatelo ad affrontare situazioni nuove finché non sarà pronto.

– Ricordate che il modo in cui il bambino interpreta una situazione, e di conseguenza anche l’emozione che lui stesso proverà, è influenzato da come viene interpretata dalla persona per lui più significativa: il bambino sa leggere i vostri occhi e se vi legge paura e ansia li proverà anche lui. È evidente quindi che genitori aperti, espansivi e amichevoli con le altre persone influenzano positivamente il processo di superamento della paura verso gli estranei, e viceversa. Anche se vi si spezza il cuore sentendolo piangere salutatelo con calma spiegando che tornerete presto.

– È indispensabile, a casa, parlare delle emozioni che ha provato, insegnando ad accettarle e a gestirle.

– È infine indispensabile creare un clima di fiducia verso le persone che si prenderanno cura del nostro piccino. I bambini sono tutti orecchie, anche quando sembra che giochino per i fatti loro: non critichiamo mai in loro presenza le azioni delle educatrici.

DOTT.SSA ANTONELLA ODDONE Medico pediatra

(Rubrica ESSERE L’Equilibrio tra Benessere, Salute e Società)

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