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venerdì, 26 Aprile 2024

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E se la TARI pagata ai comuni fosse sbagliata?

Si parla di tasse, argomento complicato e indigesto, che richiede pazienza e una buona dose di incoscienza in chi prova a scoprirne segreti e complessità. Il tutto nasce dal lavoro di Commissione del Gruppo consiliare di minoranza PATTO COMUNE di Pratovecchio Stia in merito alla TARI, la tassa sui rifiuti destinata a finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento degli stessi. Questa tassa è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti.
Prima di provare a scendere più nei dettagli per evidenziare qualche aspetto su cui sembrano emergere perplessità ricordiamo a quale normativa si fa riferimento.
La TARI (Tassa sui rifiuti) è stata introdotta, a decorrere dal 2014, dalla legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) in sostituzione dei precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani TARSU, TIA e TARES. È un tributo che compone, insieme all’IMU e alla TASI, la IUC.
Le utenze soggette alla TARI vengono distinte in utenze domestiche ed utenze non domestiche e il totale dell’importo dovuto è composto: da una parte fissa determinata in funzione costo del servizio nelle sue componenti essenziali (investimenti per opere e relativi ammortamenti); da una quota variabile, rapportata alla quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all’entità dei costi di gestione.
È compito del Comune ripartire tra le due categorie di utenze domestiche e non domestiche i costi da coprire attraverso la tariffa, secondo criteri razionali.
Vogliamo qui focalizzare l’attenzione in particolare sulle utenze non domestiche, per le quali dopo alcune verifiche sembrano emergere le maggiori problematiche.
Intanto è utile ricordare che, per una corretta applicazione della TARI alle utenze non domestiche, è necessario suddividere le superfici fra imponibili e non, da tassare, e da escludere.
Le prime sono le superfici dove si formano rifiuti urbani e/o rifiuti speciali non pericolosi che in base alle loro caratteristiche qualitative e quantitative sono analoghi agli urbani (ad esempio uffici, servizi, magazzino prodotti finiti, logistica…).
Escluse dalla tassazione sono invece le superfici di produzione dove si formano in via continuativa e prevalente rifiuti speciali non assimilati agli urbani (ad esempio, aree di produzione, specifici reparti di strutture sanitarie, magazzino di merci e semilavorati…). In alcuni casi si è evidenziato che la tariffa Tari non viene applicata correttamente in quanto non sono escluse le aree dove si formano rifiuti speciali, questo può portare a gonfiare in modo rilevante l’importo da pagare.
La causa di questo?
L’errore risiede nel fatto che la tariffa si applica alle superfici dove si formano i rifiuti urbani e gli assimilati, ma questi ultimi non sono definiti correttamente dalla maggior parte dei Comuni.
I rifiuti assimilati sono rifiuti speciali non pericolosi e sono definiti dai Comuni analoghi a quelli urbani sulla base delle loro caratteristiche qualitative (esempio rifiuti di carta, cartone, plastica. vetro, rifiuti di legno, etc…) e quantitative (soglia quantitativa oltre la quale il rifiuto non è più considerato assimilabile alle quantità dei rifiuti urbani).
Il compito di individuare chi deve stabilire questi criteri qualitativi e quantitativi è attribuito dalla Legge allo Stato e ai Comuni.
L’art. 195 del D.Lgs. 152/2006, “Competenze dello Stato” al comma 2 lettera e prevede: “Sono inoltre di competenza dello Stato… la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione ai fini della raccolta e smaltimento, dei rifiuti speciali non pericolosi agli urbani. Con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, d’intesa con il Ministro dello Sviluppo Economico, sono definiti, entro 90 giorni, i criteri per l’ assimilabilità ai rifiuti urbani”.
Ad oggi ancora non è stato emanato il Decreto dello Stato previsto per stabilire i criteri di assimilazione.
Per quanto riguarda le competenze dei Comuni si deve fare riferimento al D. Lgs. 152/2006 art. 198, comma 2 lettera g: “Competenze dei comuni: l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani”.
Anche senza essere esperti di diritto si può intuire che questa non corretta determinazione dei rifiuti assimilati può portare ad errori nella determinazione della tassa disattendendo quanto previsto nella Legge di Stabilità 147/2013, art.1 comma 649: “Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l’avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente…”. Si tratta di rifiuti collegati all’esercizio dell’attività che producono rifiuti speciali non inclusi nel circuito dell’assimilazione (non conferibili al pubblico servizio) con il conseguente obbligo da parte del produttore di provvedere a smaltirli a proprie spese. Questa superficie deve essere individuata con precisione ed esclusa dalla tassa (diversamente si pagherebbe due volte).
Analizzando le differenti realtà comunali del Casentino, pur nelle difficoltà di reperimento della documentazione nei portali web, risulta una situazione in cui solo il 20% dei Comuni ha assimilato correttamene i rifiuti speciali agli urbani.
A titolo esemplificativo riportiamo di seguito un esempio di calcolo “senza esclusione aree produttive” e “con esclusione aree produttive”.
In taluni casi l’importo Tari può risultare così gonfiato fino a raddoppiare o triplicare.
I contribuenti che si trovano a produrre e smaltire in proprio i rifiuti speciali dovrebbero fare una verifica presso il proprio Comune rispetto alle modalità utilizzate per determinare la TARI da loro dovuta.
Questo per essere sicuri di non pagare, o aver pagato, più del dovuto. Nel caso fossero riscontrati errori nel calcolo della tassa sui rifiuti effettuato dal Comune o dal soggetto gestore del servizio è possibile chiedere il rimborso a partire dal 2014, anno in cui la TARI è entrata in vigore, ed entro 5 anni (Attenzione a fine anno 2019 si prescrive l’anno 2014). È da sottolineare che si tratta di una materia assai complessa e viste le innumerevoli fattispecie che la sostanziano spesso si ha il sorgere di controversie non sempre pacificatamene definite che pertanto devono essere risolte in sede giurisdizionale.

Microsoft Word - Esempio articolo (A4 verticale).docx(tratto da CASENTINO2000 | n. 312 | Novembre 2019)

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